C'è chi dice che sia originaria di Ariccia; altri invece ne collocano la vera ricetta in Umbria o in Abruzzo: la storia della porchetta è antica e articolata, antecedente addirittura alla conquista romana della penisola italica. Ma su una cosa non si discute: è uno dei prodotti più buoni del nostro patrimonio gastronomico, con curiosità e varianti tutte da scoprire.
Tipica delizia protagonista di feste e sagre diventate ormai leggendarie, la storia della porchetta vanta una con tutta probabilità affonda le proprie radici ai tempi dei Latini, ben prima della conquista romana della penisola. Sebbene il suo gusto evochi una complessità di sapori inconfondibili, la porchetta non è altro che un maiale intero disossato e condito con spezie e aromi vari come pepe, rosmarino (sostituito, come vedremo, dal finocchietto selvatico in alcune zone di produzione) e salvia, poi cotto in forno dalle 5 alle 8 ore per apparire sotto forma di grosso cilindro avvolto da uno strato di cotenna croccantissima. Come si mangia? Dove si produce? Quante tipologie di porchetta esistono? Scopritelo nelle prossime righe.
Accade spesso che, nel ricercare la provenienza degli innumerevoli prodotti offerti dal nostro patrimonio gastronomico, entrino in conflitto una o più regioni (o città) che ne rivendicano la paternità. L'abbiamo visto per la storia del tiramisù, lo vediamo ora con le origini della porchetta. Il luogo di elaborazione della ricetta originaria è tutt'oggi incerto: per quanto gli abitanti di Ariccia si eleggano assoluti inventori della porchetta, c'è da dire che anche a Norcia – in Umbria – e nell'alto Lazio compaiono testimonianze antichissime sulla sua preparazione.
È per questo che fondamentalmente esistono due varietà distinte: quella della Toscana meridionale, dei Castelli Romani, dell'Abruzzo (come la particolare porchetta di Campli) e di altre aree del centro Italia si aromatizza con il rosmarino; quella diffusa in Umbria, nell'alto Lazio, nelle Marche e in Romagna prevede invece l'uso del finocchietto selvatico che le conferisce un aroma particolare e riconoscibile (come le porchette di Soriano nel Cimino, Bagnaia, Vignanello, Vallerano e Sutri – tutte località della Tuscia viterbese – e di Costano, in Umbria).
La porchetta di Ariccia, una delle località più conosciute dei Castelli Romani, alle porte della Capitale, è la vera regina di osterie e delle tipiche "fraschette", simbolo di veracità e spensieratezza evocate da questi luoghi così caratteristici. Oltre a essere di una bontà sopraffina, è l'unica tipologia di porchetta che può fregiarsi del marchio Igp (Indicazione Geografica Tipica) ottenuto nel 2011.
Le origini invece risultano essere non solo lontane ma addirittura ataviche: secondo la tradizione infatti, tutto ebbe inizio quando i sacerdoti latini cominciarono a trattare le carni suine da offrire in sacrificio nel tempio di Giove Laziale sul vicino Monte Cavo; successivamente, grazie alla presenza della nobiltà romana che era solita trasferirsi ad Ariccia per la stagione estiva, si sviluppò quella maestranza artigiana nel preparare la porchetta presente ancora oggi.
A un passato più prossimo si deve poi la crescita esponenziale della sua reputazione: nel 1950 i "porchettari" di Ariccia allestirono la prima Sagra della Porchetta di Ariccia, con lo scopo di onorarla in tutta la sua bontà; da allora non c'è anno che l'evento non richiami migliaia di curiosi celebratori, ansiosi di gustare questo prodotto conosciuto in tutta Italia e non solo.
La risposta appare automatica: in un panino fragrante, possibilmente una "ciriola". Eppure non è l'unico modo per abbandonarsi al piacere di qualche fetta di porchetta. Potete, ad esempio, portarla a tavola su un tagliere e presentarla a straccetti, da mangiare così, semplice, magari con le mani senza troppe formalità; oppure accompagnarla con patate al forno, una fetta di pane casereccio e un buon bicchiere di rosso sanguigno. L'importante, che sia porchetta di Ariccia, umbra o viterbese, è servirla ancora tiepida per non rischiare che diventi troppo secca.
Dubitiamo possa accadere, ma nel caso vi avanzasse un po' di porchetta dalla vostra ultima scampagnata ai Castelli Romani, ecco qualche piccola dritta per conservarla al meglio: