Rossi, tondi, succosi, dolci e versatili: sono tra i pomodorini più diffusi e apprezzati, vengono coltivati in Sicilia e dal 2003 hanno il marchio Igp, ma la loro origine non è italiana.
Arancia rossa, cappero di Pantelleria, cioccolato di Modica: sono solo alcuni dei prodotti tipici della Sicilia a marchio di Indicazione di Origine Protetta che nell’immaginario collettivo (ma anche per legge) si legano indissolubilmente a questa regione e al suo territorio. Stessa cosa succede quando si cita il Pomodoro di Pachino Igp, confidenzialmente pomodoro pachino, una coltivazione certificata che avviene nei comuni in provincia di Siracusa di Pachino, Portopalo di Capo Passero, Noto e Ispica, e tutelata dal consorzio di riferimento dal 2003. Quando si pensa a questa varietà, la si associa al popolare pomodorino a ciliegia rosso, piccolo e tondo, con la classica struttura a grappolo, di cui ciclicamente le origini, non appena si (ri)scoprono, destano sempre un certo stupore. Vediamo perché.
L’ultimo in ordine cronologico a raccontare nuovamente la storia (vera) del pomodoro pachino ciliegino è stato il professore Alberto Grandi nel suo libro Denominazione di origine inventata. Le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani, dove punta i riflettori (ma anche il dito) sulla cosiddetta “invenzione della tradizione” specialmente nel campo della cucina italiana: l’affaire della carbonara americana eletta a simbolo del made in Italy ha tenuto banco per mesi, con polemiche che ancora si rinfocolano. Il pachino non è un prodotto tricolore – come d’altronde il pomodoro in generale, che è arrivato solo dopo la scoperta dell’America – ma israeliano, per di più messo a punto in laboratorio nel 1989, quindi esattamente 35 anni fa.
Il primo a dirlo pubblicamente, in un tono che voleva esaltare l’importanza della ricerca scientifica nel campo delle sementi, fu nel 2010 l’allora ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan, scatenando un acceso dibattito, nonché diverse fake news (come le chiameremo adesso) che volevano il pachino frutto di Ogm. La sua nascita non ha nulla a che fare con gli organismi geneticamente modificati, ma con una serie di incroci e ibridazioni sperimentate dall’azienda specializzata in biotecnologie Hazera Genetics, che hanno portato alla creazione del ciliegino Naomi e della varietà Rita a grappolo.
Entrambe sono arrivate nel territorio di Pachino, dove già erano diffuse colture di pomodori, soprattutto quelli da insalata, grazie al clima particolarmente favorevole. Come spiega in un articolo dello stesso anno Dario Bressanini sul Corriere della Sera: “Determinante per il successo di questi pomodori è stata l’introduzione, da parte dell’azienda biotech israeliana, di due geni (chiamati rin e nor) che permettono di mantenere inalterate le caratteristiche del prodotto per un periodo di 2-3 settimane dopo la raccolta”.
Quali sono le peculiarità del pomodoro pachino, oltre alla resistenza, che dopo una prima perplessità hanno conquistato tutti? Si tratta di un pomodorino di piccole dimensioni, si presenta in un grappolo a spina di pesce, ha un aspetto tondeggiante, un colore rosso vivace e la polpa è succosa e dolce, dal sapore intenso. Ha una stagionalità che dura tutto l’anno e che gli permette di essere particolarmente versatile: non è un caso, infatti, che sia tra i pomodori più utilizzati in ricette che spaziano dai primi ai secondi piatti, passando per insalate e contorni.
Lo si può cuocere con aromi mediterranei per creare condimenti, come negli gnocchi di patate con gamberi; oppure è perfetto per insaporire il pollo e il pesce spada realizzando un sughetto “alla siciliana” con olive e capperi. Da crudo via libera alla fantasia: tagliato a metà è un elemento colorato in spiedini facili e stuzzicanti, così come in allegri cestini e gustose bruschette.
Quando si parla di Pomodoro di Pachino Igp il riferimento che viene spontaneo è quello al suo prodotto di punta, che abbiamo appena visto. In realtà, è corretto specificare che con questa denominazione non si intende una sola tipologia, ma un intero territorio che al suo interno ne comprende altre due, con caratteristiche completamente diverse: il tondo liscio, di forma sferica, ma di tonalità verde chiaro e scuro, senza grappolo, con note acidule e il costoluto, di grande pezzatura, leggermente schiacciato in alto e in basso, con coste ben visibili e nuance che vanno dal verde al rosso.