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6 Luglio 2021 15:00

Le radici e la storia del pollo fritto americano, il piatto simbolo degli Stati Uniti

Famoso in tutto il mondo grazie alla KFC del "colonnello" Harland Sanders, il pollo fritto è il piatto più venduto d'America. Affonda le sue radici nelle emigrazioni e nella schiavitù, due fenomeni fondanti nella storia degli Stati Uniti. Il pollo fritto americano, proprio come la nazione in cui si è sviluppato, vive di tante fasi: una serie di incredibili coincidenze lo ha fatto arrivare fino a noi così croccante, gustoso, irresistibile.

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Oggi è il pollo fritto day, una giornata internazionale dedicata al piatto più amato dagli americani. Pezzi di pollo infarinati, panati o imburrati e successivamente fritti; croccanti all'esterno e succosi all'interno, una goduria per tutti i golosi. Un piatto identitario che ha fatto la storia della gastronomia mondiale: nato nel Medioevo in Europa e contemporaneamente in Africa, seguendo regole diverse ma simili. Come successo con la tradizione del barbecue, sono stati proprio gli emigranti e gli schiavi a insegnare agli americani come fare il pollo fritto.

La storia del pollo fritto americano

Quando pensiamo alla cucina americana subito ci viene in mente il classico hamburger del fast food, a qualcuno giunge il pulled pork ma in realtà la carne più consumata d'America è proprio il pollo. Facile da allevare, ad altissimo rendimento: l'allevamento intensivo di pollame è tutt'oggi un problema gigantesco per la salute pubblica di cittadini e animali negli Stati Uniti, nonché oggetto di numerose inchieste.

Purtroppo la richiesta di pollo è ancora altissima e la questione ambientale non sembra scalfire la voglia di pollo degli americani. Tantissime ricette tradizionali statunitensi sono fatte con il pollame, pensate solo all'onnipresente caesar salad nelle serie tv, ma nulla ha a che vedere col pollo fritto e con il suo giro d'affari miliardario. Questa passione nasce grazie alle fondamenta stesse della nazione: immigrazione e schiavismo.

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Nel Medioevo gli scozzesi cominciano a friggere il pollo nel grasso di maiale scoprendo la bontà del piatto; allo stesso tempo in Africa Occidentale si cucina un pollo fritto nell'olio di palma e condito con delle spezie locali. Le tecniche di frittura scozzesi e il condimento dell'Africa occidentale sono stati poi combinati dagli africani ridotti in schiavitù negli Stati Uniti meridionali. Non è un caso che la ricetta più famosa del Paese venga dal Kentucky, ricetta diventata planetaria grazie a una nota catena di fast food.

Ben prima del "colonnello" Harland Sanders c'è stata però Hannah Glasse, una sorta di Giulia Child del 1700 che ha insegnato a inglesi e americani "l'arte della cucina fatta in maniera chiara e semplice" (questo il titolo tradotto del suo libro più famoso). La figura della Glasse meriterebbe una storia a parte: non è per niente facile per una donna del 1700 pubblicare un libro, come potete immaginare, infatti per molto tempo viene accreditata solo come "una signora", senza nome e cognome. Eppure si è trattato di un successo senza precedenti, con ristampe (ufficiali) continue per oltre un secolo. La parentesi è necessaria perché gli emigranti portano delle edizioni plagiate del "The Art of Cookery Made Plain and Easy" oltreoceano: una diffusione planetaria che manda in rovina la Glasse, facendola morire in povertà e derisa dalla comunità letteraria anglosassone. In questo libro è però contenuta la prima ricetta scritta del pollo fritto con tutte le indicazioni sulla marinatura della carne, un passaggio fondamentale e discusso del piatto. Ancora oggi la marinatura del pollo fritto di KFC è avvolta in un'aurea leggendaria e si dice che la ricetta sia protetta da una cassaforte di 350 chili tenuta sotto controllo continuo da sensori e telecamere.

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Grazie ad Hannah Glasse le gentildonne del Sud hanno un primo approccio con il pollo fritto, ma bisogna ringraziare gli schiavi per la sua diffusione. I polli sono gli unici animali da cortile consentiti agli oppressi perché piccoli e perché non vanno a invadere le proprietà dei padroni. Il fatto che fossero "consentiti" non ci deve trarre in inganno: sì, possono tenerli e allevarli, ma la carne va comunque ai proprietari terrieri che lasciano ai servi solo le parti più dure e insapore. Visto che, come diceva la Sora Lella, "fritta è bona pure na sola da scarpa", i poveri schiavi devono ingegnarsi e, anche per tenere viva la fiamma della tradizione africana, cominciano a condire il pollo con la paprika e altre spezie prima di friggerlo nell'olio di palma.

I padroni, vedendo quanto gli schiavi fossero così contenti di mangiare gli scarti del pollo, cominciano a farsi delle domande e scoprono le prelibatezze della pietanza. Soprattutto quelli di origini scozzesi, che il pollo fritto lo mangiano anche a casa, notano quanto sia più saporita la ricetta dei servi e allora, anziché tenerli nei campi, se li portano in cucina e li fanno diventare i cuochi personali delle dimore. Portata principale? Ovviamente il pollo fritto alla scozzese, ma con marinatura africans. Questo crea uno squarcio nella storia del pollo fritto: da una parte la ricetta, così come la conosciamo oggi, va delineandosi; dall'altra gli schiavi cominciano a perdere quel poco di carne concessa loro, perché i padroni fanno friggere qualsiasi cosa. Con il passare degli anni, la fama in cucina degli africani aumenta sempre più e le afroamericane, schiavizzate e segregate, diventano delle note venditrici di pollame. Il pollo fritto, a dispetto delle credenze popolari, è stato un piatto consumato pochissimo all'interno della comunità afroamericana, almeno fino al termine della Guerra di Secessione.

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Con l0 scoppio del conflitto c'è lo sviluppo degli allevamenti di maiali tra gli Stati Confederati grazie anche a una serie di incroci tra razze europee e asiatiche, che permettono ai suini di crescere più rapidamente. A questo punto c'è stata una concatenazione di eventi davvero sbalorditiva:

  • I maiali proliferano nella Confederazione che decide di non vendere i suini all'Unione; un mare di maiali da consumare solo sul mercato interno;
  • la guerra impoverisce sia le persone comuni sia i ricchi proprietari terrieri, che hanno necessità di ingurgitare calorie a basso costo;
  • viene scoperto l'uso della ghisa in cucina, cosa che aiuta notevolmente la diffusione della frittura.

Questa combinazione di farina, strutto, pollo e una padella pesante posta su una fiamma controllabile è stata l'inizio del vero successo del pollo fritto, così come lo conosciamo oggi. La necessità economica ed energetica di consumare strutto e altri grassi, porta la maggior parte della popolazione a friggere il cibo, non solo negli USA, ma in tutto il mondo. Lo stesso pollo fritto all'americana passa gradualmente dall'uso comune degli ormai ex Stati Confederati a tutto il continente; ancora oggi è la scelta più gettonata per le cene domenicali, il Superbowl e per l'Indipendence Day.

Con la crescita dell'industria vengono ridotti i costi di produzione del pollo fritto e, durante il ventesimo secolo, molte catene di ristoranti cominciano a concentrarsi solo su questo prodotto, dando inizio al boom dell'industria dei fast food. Marchi come Kentucky Fried Chicken (KFC), Popeyes, e Bojangles si sono estesi dagli Stati Uniti e nel mondo a partire dagli anni ’60. Per capire la capillare diffusione del pollo fritto nel Nord America basta un solo dato: nell'anno in cui McDonald's apre il suo primo locale in territorio straniero, nel 1964 in Canada, la KFC ha già 600 ristoranti tra gli Stati Uniti e proprio il Canada. Un'espansione di marchi, fast food e della super segreta ricetta davvero incredibile che non accenna a fermarsi.

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Quello che i piatti non dicono
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