Il colore del pollo di frequente si associa a una migliore e peggiore qualità della carne: in realtà non è così, perché ci sono molteplici fattori alla base della diversa pigmentazione. Andiamo alla loro scoperta.
Capita spesso al supermercato o dal macellaio di trovarsi davanti a un “dilemma cromatico”: perché la carne del pollo può essere gialla o bianca-rosata? I fattori da cui dipende il cambio di colorazione sono molteplici e riguardano soprattutto il cibo con cui vengono nutriti gli animali. La diversa pigmentazione porta a pensare che ci siano differenze di qualità che coinvolgono le tipologie in rapporto al sapore e la consistenza, ma anche in termini di salute, cercando di capire quindi se sia meglio comprare il prodotto più chiaro o quello giallognolo. Possiamo dirlo subito: la tonalità non è da sola un indicatore di valore e l’etichetta rimane la bussola più affidabile per verificare cosa stiamo mangiando.
Per la sua versatilità la carne di pollo è una delle più popolari in cucina. Rispetto ai tagli da utilizzare per le tante ricette, il petto è senza dubbio tra i più amati, ed è proprio qui che ci si accorge in modo evidente della differenza di colore. Vediamo a cosa è dovuta e cosa significa.
La prima variabile che incide particolarmente sulla colorazione della carne del pollo è legata al suo nutrimento. Se l’alimentazione è ricca di cibi che contengono carotenoidi (uno su tutti il mais, ma anche l’erba fresca o i fiori di calendula), questi pigmenti si accumulano nei tessuti lipidici e nella pelle, conferendo la tipica sfumatura giallognola. D’altra parte, se al volatile vengono dati altri cereali tipo grano, soia (molto usato per il pollame) o sorgo, ecco che sarà più bianca e rosata. Carotenoidi come le xantofille, presenti naturalmente nel granoturco o in altri vegetali, possono essere aggiunte al mangime in veste di colorante alimentare.
Si crede in generale che i polli che provengono dagli allevamenti intensivi siano di colore più chiaro: in realtà, come visto, è soprattutto l’alimentazione a fare la differenza, e il mais è uno dei cereali più diffusi in tutte le mangiatoie. Una discriminante in questo senso si lega all’età: tendenzialmente i polli broiler hanno una carne pallida in quanto macellati molto giovani (tra i 40 e i 60 giorni) perché fatti ingrassare velocemente per essere immessi sul mercato in tempi rapidi. Una carne gialla potrebbe essere associata maggiormente a un allevamento biologico di razze a lenta crescita (dagli 81 giorni in poi), con gli animali che hanno libero accesso al pascolo e un’alimentazione varia: hanno modo di assorbire i caroteni presenti nel cibo, così da sviluppare una maggiore colorazione.
Tra i fattori che influiscono sulla caratteristica pigmentazione c’è anche la linea genetica, tenendo presente il colore originale del pollo, più chiaro o più scuro: un dettaglio a cui il consumatore comunemente non può risalire.
Il colore della carne non influisce sulle sue qualità organolettiche: possono esserci delle minime variazioni di sapore, che vedono il pollo giallo con un gusto più deciso e quello bianco più delicato. In quanto a lipidi, invece, c'è un mito da sfatare: il pollo giallo non è più grasso rispetto a quello bianco, nonostante all’occhio possa dare questa sensazione.
Il termine “pollo ruspante” evoca subito l’immagine del pollaio della nonna, con gli animali che razzolano liberi in cortile. Ad accomunarli con questa definizione c’è l’allevamento all’aria aperta e l’essere alimentati solo con granaglie di qualità, che possono essere di mais, di grano o un misto, e che spesso sono integrati da ciò che il pollo trova nelle sue esplorazioni in cerca di cibo (compresi vermi e insetti): la continua attività fisica insieme a un nutrimento più sano ne fanno un esemplare apprezzato in cucina, tra i migliori, perché le carni sono più o meno colorate, ma sicuramente sode, saporite e aromatiche.