Il cibo è arte, cultura, identità di una o più nazioni vicine. Da circa un decennio l'Unesco ha notato il rapporto tra la gastronomia e le nazioni, inserendo delle tradizioni culinarie tra i beni immateriali dell'umanità. Ad oggi ce ne sono ben 19 sparse in tutto il mondo, 2 delle quali sono italiane: la Dieta mediterranea e l'arte del pizzaiuolo napoletano.
Il cibo è cultura, è socialità, è un patrimonio da proteggere e tramandare. Da alcuni anni l'Unesco se n'è fatta carico e ha deciso di inserire nei beni da difendere anche le tradizioni gastronomiche. Ci sono ben 19 patrimoni gastronomici sparsi in tutto il mondo che l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura ha deciso di preservare; di cui due direttamente riconducibili al territorio italiano.
Probabile che a breve saranno ben più di una decina perché le richieste per nuovi ingressi sono all'ordine del giorno: in Italia da alcuni anni le istituzioni stanno goffamente litigando sulla candidatura del caffè espresso e della liturgia ad esso legato; di tutta risposta la Francia sta spingendo da tempo l'inserimento delle boulangerie nell'elenco dei beni da preservare.
È bene sottolineare che l'Unesco non protegge in alcun modo il singolo alimento bensì la tradizione che lo coinvolge. È la ritualità di un processo che merita l'inserimento nei patrimoni immateriali dell'umanità, non la preparazione del cibo. Per questo motivo, per fare un esempio, è protetta "l'arte del pizzaiuolo napoletano" e non la pizza napoletana.
Dodici storie fatte di radici profonde nella cultura gastronomica di una nazione o di un'area geografica. Diciannove incredibili risorse che il mondo deve proteggere e valorizzare perché fanno parte del patrimonio culturale della nostra storia.
Il cous cous è stato inserito lo scorso dicembre dopo un iter durato 4 anni. La candidatura è stata presentata in maniera unitaria da Algeria, Mauritania, Marocco e Tunisia. Il piatto tipico del Nord Africa a base di semola o grano duro, accompagnato da verdure, carne o pesce sapientemente speziati, merita di essere protetto dall'Unesco per una serie di ragioni che vanno ben oltre il semplice piacere culinario. Secondo l'organizzazione "conoscenze, know-how e pratiche relative alla produzione e al consumo di cous cous" vanno preservati, anche perché "donne e uomini, giovani e anziani, sedentari e nomadi, del mondo rurale o urbano, nonché dell’emigrazione, si identificano con questo piatto simbolo del vivere insieme".
Una ricetta unitaria, diffusissima anche nel nostro Paese grazie alle dominazioni arabe dei secoli passati, che ha avuto un recente ruolo nella diplomazia continentale. Un documento unico firmato da Tunisia, Mauritania e soprattutto Algeria e Marocco, i Paesi del Maghreb, è un fatto molto raro. Marocco e Algeria sono grandi rivali sul piano diplomatico, politico e culturale; sovente ci sono delle tensioni al confine per una crisi che circonda la questione del Sahara occidentale, ex colonia spagnola rivendicata sia dal Regno marocchino sia dai separatisti del Fronte Polisario. L'inserimento del cous cous tra i beni immateriali dell'umanità protetti dall'Unesco ha una valenza doppia, se si pensa a quanto la gastronomia possa unire i popoli del mondo, piuttosto che dividerli.
La pietanza coreana è protetta dall'Unesco fin dal 2013, per una motivazione molto simile a quella del cous cous. Anche in questo caso la candidatura è stata unitaria, tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, tant'è che nel registro delle Nazioni Unite il Paese "genitore" del kimchi è la Repubblica di Corea, un solo nome per un solo popolo.
Ad essere inserito tra i beni immateriali dell'umanità, più del kimchi finito, è il kimijang, ovvero il processo di produzione della pietanza, perché "la pratica collettiva del kimjang riafferma l'identità coreana ed è un'ottima opportunità per rafforzare la cooperazione familiare. Kimjang è anche un importante promemoria per molti coreani che le comunità umane hanno bisogno di vivere in armonia con la natura".
Il kimchi è un piatto a base di verdure salate e fermentate, le più comuni sono cavoli e ravanelli. Il condimento varia in base al luogo di produzione e alla ricetta di famiglia ma, generalmente, include il gochugaru, ovvero dei fiocchi di peperoncino, l'aglio, lo zenzero e i jeotgal, dei frutti di mare fermentati che possono essere di vario genere (gamberi, ostriche, vongole, pesce o uova di pesce). Per l'Unesco questa preparazione va preservata anche perché trascende "le differenze di classe e regionali".
La varietà delle birre belghe è davvero impressionante. La cultura della birra in Belgio deriva dai monasteri trappisti, monasteri che oggi vivono una crisi epocale. È proprio questo valore, quello della tradizione tramandata di generazione in generazione, ad essere riconosciuto come patrimonio intangibile dell'umanità. Una storia che sta sulle spalle dei birrai belgi, inserita tra le più alte espressioni del genere umano.
L'arte brassicola belga ha una "diversità impareggiabile. L'intensità di questa cultura ha permesso il riconoscimento. Come stabilisce l’Unesco la tradizione della birra in questo Paese merita di figurare nella lista rappresentativa di quanto di meglio la cultura immateriale dei popoli esprime".
Tra lambic, gueuze e blanche c'è davvero l'imbarazzo della scelta, con il "movimento birra in Belgio" tra le arti dell'uomo da preservare per i posteri.
Aperitivo, antipasto, pesce o carne, contorno, formaggio, dessert e liquori: questa è la base gastronomica di un pasto alla francese. L'influenza della cultura d'Oltralpe sulla cucina mondiale è evidente, la maggior parte dei pasti occidentali si basa infatti sulla sequenza ideata in Francia. Perfino in Italia, eterni rivali, seguiamo questa sequela di piatti, a cui aggiungiamo l'immancabile pasta.
Per questo motivo "L'arte del mangiare e del bere bene, il gusto dello stare bene e la convivialità" del pasto alla francese hanno reso questa liturgia un bene immateriale dell'umanità per l'Unesco nel 2010. Non solo l'atto del mangiare, bensì tutta la cura che viene messa nella realizzazione dei piatti, nell'esaltazione dei prodotti locali, il pairing con i vini, il susseguirsi armonico delle portate.
Il rituale che si ripete da secoli è un fulcro nei rapporti tra la famiglia e la società. La gastronomia in Francia è diventata una vera e propria forma d'arte, un punto attrattivo per i turisti di tutto il mondo, un'ambasciatrice della propria nazione verso l'estero.
Si legge dal sito Unesco che "la preparazione, il significato e l'aspetto del pane tradizionale come espressione della cultura in Armenia" vanno preservati per le generazioni che verranno. Il lavash è la focaccia tipica del Caucaso meridionale e dell'Asia occidentale. Tecnicamente questa pietanza vanta due inserimenti tra i patrimoni immateriali: uno per il suo ruolo nella cucina armena per l'appunto, l'altro come parte della cultura della focaccia in Azerbaigian, Iran, Kazakistan, Kirghizistan e Turchia. Sostanzialmente si tratta di pane azzimo, quindi un impasto con farina di grano tenero e acqua, a cui non viene dato il tempo di maturare.
La sua preparazione, soprattutto in Armenia, è affidata alle donne e richiede un gran lavoro fatto di fatica, esperienza e coordinazione. L'impasto di frumento e acqua viene impastato come una polpetta che viene poi arrotolata in strati sottili e stesa su uno speciale cuscino ovale. Questo viene sbattuto con forza contro una parete del forno conico d'argilla tipico del Caucaso. Si passa poi alla cottura, che dura circa un minuto. Il lavash viene comunemente servito arrotolato intorno a formaggi, verdure e carni locali: il "superpotere" di questo piatto è che, una volta cotto, può essere conservato anche sei mesi.
La cultura di questa "piadina" trova la massima espressione nei matrimoni: qui viene posta sulle spalle degli sposini a simboleggiare fertilità e prosperità.
Ci spostiamo di nuovo in Africa, precisamente in Malawi, dove lo nsima è sia un rituale sacro dei cittadini locali, sia un piatto singolo. Per nsima si intende infatti un porridge fatto con farina di mais, raffreddato fino a quando non può essere assemblato in spicchi solidi da mangiare con le mani. Lo nsima è come il pane per il Malawi e viene servito con tutto: zuppe, stufati, pesce, carne, verdure cotte. Per "nsima" si intende anche tutta la tradizione culinaria del Malawi, tanto è importante nella dieta del sudest dell’Africa.
L'Unesco ha inserito questa cultura grazie al processo di preparazione del piatto, che richiede abilità molto specifiche. Secondo l'organizzazione "le comunità salvaguardano l'elemento attraverso la pratica continua, le pubblicazioni, i festival e le attività di rivitalizzazione del piatto. La conoscenza viene trasmessa sia in modo informale sia attraverso la formazione e l'istruzione sul posto di lavoro".
L'ultimo arrivato nei registri Unesco: lo street food dei mercati di Singapore e la Cultura Hawker sono stati inseriti nella lista dei Patrimoni Immateriali dell’Umanità da preservare. Ma cos’è esattamente questo tradizione? Un miscuglio di culture dovuto ai flussi migratori del Sud Est Asiatico e dell’Estremo Oriente, che ha dato vita a una cucina ricchissima, tra le più gustose al mondo. L'organizzazione ha definito gli hawker center delle "sale da pranzo cumunitarie" perché poste in una sorta di centri commerciali in cui si possono incontrare persone di ogni sesso, religione, estrazione sociale. La cultura hawker permette di fare un tour gastronomico sotto lo stesso tetto, passando dalla cucina indiana a quella cinese in pochi secondi, tutte influenzate le une dalle altre: quelle che oggi costituiscono la vera base della cucina singaporiana.
Come abbiamo già detto, non è tanto la pizza in sé ad essere protetta, bensì "l’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano". Un balletto culinario fatto di gesti e simbolismi, trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità, di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana. Queste sono le motivazioni che hanno spinto l'Unesco ad inserire questa arte tra i beni immateriali da proteggere: la manualità del pizzaiolo non ha eguali e fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come marchio di italianità nel mondo. Inserita nel 2017, si tratta della seconda tradizione gastronomica italiana ad essere protetta dalle Nazioni Unite.
La prima tradizione tipicamente italiana ad essere protetta dall'Unesco è stata invece la Dieta mediterranea, nel 2010. La candidatura è stata congiunta, insieme a Spagna, Grecia e Marocco ma la storia della dieta mediterranea la colloca inevitabilmente nel nostro Paese. Secondo l'Unesco si tratta di un bene da proteggere perché "è molto più di un elenco di alimenti e di una tabella nutrizionale". Si tratta di uno "stile di vita che comprende una serie di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni concernenti la coltivazione, la raccolta, la pesca, l’allevamento, la conservazione, la cucina e soprattutto la condivisione e il consumo di cibo. Mangiare insieme è la base dell’identità culturale e della continuità delle comunità nel bacino Mediterraneo, dove i valori dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività, si coniugano con il rispetto del territorio e della biodiversità. In questo senso il patrimonio culturale della dieta mediterranea svolge un ruolo vitale nei riti, nei festival, nelle celebrazioni, negli eventi culturali, riunendo persone di tutte le età e classi sociali. Si tratta di una vita comunitaria che valorizza anche l’artigianato e le vocazioni locali, come la produzione di contenitori per la conservazione e il consumo di cibo, le manifatture artistiche di piatti e bicchieri di ceramica e vetro, l’arte del ricamo e della tessitura". La Dieta Mediterranea è quindi una filosofia di vita che nasce dal passato e può traghettarci verso un futuro sano, sostenibile e inclusivo.
Poco dopo il bacino del Mediterraneo è stata la volta del Giappone con la sua dieta washoku, la tradizionale cucina giapponese raccontata in Italia da chef Hiro, inserita nella lista dell'Unesco nel 2013. Ingredienti locali e naturali, come riso, pesce, verdure, piante selvatiche. Rispetto assoluto per gli ingredienti e la stagionalità. Uno stile di vita in grado di preservare gli esseri umani per tantissimo tempo, consentendo ai giapponesi di avere un'aspettativa di vita lunghissima, molto superiore alla media mondiale. Una cultura e uno stile di vita, così come la Dieta mediterranea, che è un esempio di come potrebbe essere un mondo sano e sostenibile se solo si rispettasse la natura.
La zuppa di barbabietola, cavolo, brodo, carne di manzo e maiale, con l'aggiunta di panna acida, tipica dell'Ucraina ha raggiunto il riconoscimento quest'anno, dopo un iter di tre anni. In realtà la zuppa ha subito un'accelerata dopo l'invasione russa di quest'anno. Situazione delicata perché anche la Russia rivendica la paternità del piatto. Dobbiamo però fare una doverosa precisazione: come detto per la pizza, non è tanto il piatto in sé a essere entrato nella lista dei Patrimoni dell'Unesco, quanto la pratica e la tradizione delle conoscenze legate alla realizzazione del piatto, la cui identità è a rischio da mesi a causa del perdurare del conflitto. Esprime soddisfazione il ministro della cultura Oleksandr Tkatchenko: "La vittoria nella guerra del Borscht è nostra" ha scritto.
La baguette francese diventa patrimonio immateriale dell'umanità il 30 novembre 2022. La crosta croccante, la mollica morbida, è stata inserita in quanto "simbolo della vita quotidiana in Francia". Il merito di questo speciale pane va alle competenze artigianali e alla cultura della baguette: tradizioni da salvaguardare e valorizzare secondo l'istituto gestito dall'ONU.
Molto discussa è l'introduzione del rum chiaro cubano tra i patrimoni immateriali dell'umanità. La proclamazione a Rabat, Capitale del Marocco, nazione con una forte tendenza fondamentalista, ha creato diversi disguidi sull'ingresso di un alcolico tanto diffuso, tra i beni da proteggere. L'Unesco non vi ha badato perché questa tipologia di rum compare nel 1862 a Santiago de Cuba e "da allora c'è stata una trasmissione ininterrotta della conoscenza dei maestri del rum light cubano, che viene messa in pratica nelle cantine di invecchiamento, nelle aree di miscelazione e nei laboratori. La conoscenza dei maestri è un insieme di conoscenze e tecniche tradizionali, scientifiche, sensoriali che garantiscono la salvaguardia del processo di produzione del rum light cubano". Per i funzionari questa trasmissione della conoscenza "è un processo di apprendimento permanente che viene tramandato di generazione in generazione e comprende la protezione delle cantine di invecchiamento, conoscerne il contenuto e le caratteristiche e la storia di ogni botte, e sapere quali miscele danno luogo a un determinato aspetto, aroma, gusto e consistenza".
A fare scalpore in patria è stato proprio l'accostamento tra il condimento tipico del Marocco e l'alcolico principe del Sud America. L'Unesco introduce infatti anche le "conoscenze, abilità e pratiche culinarie e sociali" che portano alla creazione dell'harissa, la tipica salsa marocchina a base di peperoncino. Solitamente preparato dalle donne della famiglia, si cucina facendo essiccare i peperoncini e tagliandoli, dividendo il picciolo dai semi; si passa poi al lavaggio, alla macinazione e al condimento con sale, aglio e coriandolo. L'harissa va poi conservata in un vaso di vetro o ceramica: importante per l'organizzazione no profit il modo in cui viene coltivato il peperoncino per la preparazione della pietanza: il calendario agrario vieta espressamente la semina in determinati periodi, considerati sfortunati. Questa conoscenza empirica in realtà si ritrova nella realtà: la sfortuna del raccolto coincide infatti con periodi di stasi del terreno.
Da sempre legato all'immaginario collettivo cinese, anche l'Unesco ha dato adito a questa associazione di idee vuole tutelare la lavorazione delle piante e le pratiche sociali che riguardano il mondo del tè in Cina. Tutte le abilità e le tradizioni relative alla gestione delle piantagioni di tè, alla raccolta delle foglie, alla lavorazione manuale, al consumo e alla condivisione della bevanda. In Cina ci sono ben 2.000 diversi tipi di tè con una varietà di colori, aromi, sapori e forme date dalla selezione delle piante (con i relativi tè verde, giallo, scuro, bianco, oolong e nero) e le rielaborazioni successive alla raccolta come i tè aromatizzati ai fiori. Per l'Unesco tutto questo patrimonio si trasforma poi nella socializzazione e nelle cerimonie, con la "pratica di salutare gli ospiti e costruire relazioni all'interno delle famiglie e tra vicini attraverso attività legate al tè è comune a più gruppi etnici, fornendo un senso di identità condivisa e continuità per le comunità. Le conoscenze, le abilità e le tradizioni si trasmettono attraverso le famiglie e i portatori includono produttori di tè, agricoltori e artisti, oltre a coloro che realizzano i dolci che vengono tipicamente serviti con il tè".
L'acquavite di prugne, la šljivovica, è uno dei prodotti più iconici di tutta la Serbia. L'Unesco ha deciso di tutelare "le pratiche sociali e conoscenze relative alla preparazione e all'uso della tradizionale acquavite di prugne" perché la preparazione ha diverse fasi che coinvolgono le famiglie serbe se non intere comunità. I frutti vengono coltivati in fattorie familiari e poi raccolti in autunno, prima di un periodo di fermentazione di circa un mese. Ci sono poi due fasi di distillazione e l'affinamento in botti di rovere per almeno un anno. I brindisi in Serbia si fanno con la šljivovica ma è una parte fondamentale della medicina alternativa e tradizionali, con il distillato arricchito da erbe medicinali o altri frutti per ottenere rimedi contro il raffreddore e il dolore o antisettici.
L'Al-Mansaf è per definizione un piatto festivo perché è una portata da piazzare al centro del tavolo da condividere con i commensali. L'Unesco ha quindi deciso di iscriverlo ai patrimoni immateriali dell'umanità per "i suoi significati sociali e culturali". Si tratta di un importante simbolo che evoca un profondo senso di identità e coesione sociale, "associato allo stile di vita agro-pastorale in cui carne e latticini sono facilmente reperibili". Il mansaf è composto da carne d'agnello cotta in una salsa a base di formaggio e servita con riso o bulgur.
"In Slovenia, l'apicoltura è uno stile di vita per molti individui, famiglie e comunità, che ottengono prodotti delle api per l'alimentazione e la medicina tradizionale e usano le loro conoscenze e abilità per prendersi cura delle api da miele e dell'ambiente", queste le motivazioni che hanno portato l'Unesco a proteggere questa pratica. In Slovenia l'apicoltura è un affar serio e il miele prodotto nella piccola nazione ai nostri confini è di qualità assoluta. Gli apicoltori in Slovenia "considerano le api proprie maestre e amiche nonché simboli di virtù, intelligenza e frugalità, ampliano le proprie conoscenze e competenze attraverso una costante ricerca. L'importanza dell'apicoltura in Slovenia si riflette nella sua ricca terminologia e nei testi accademici, letterari e folcloristici, arte (con i caratteristici pannelli dipinti e motivi religiosi e profani sulle arnie) e architettura".
Andiamo in Azerbaigian e Turchia con la tradizione del Çay, il tè nero locale. Come con la Cina, l'Unesco ne riconosce l'importanza sociale "che mostra ospitalità, costruisce e mantiene legami sociali e viene utilizzata per celebrare momenti importanti nella vita delle comunità". La bevanda è servita appena preparata, molto calda, in tazze a forma di pera di vetro, porcellana o argento. Viene tipicamente accompagnato da dolci, zucchero, fettine di limone, marmellate e frutta secca. In alcune regioni dell'Azerbaigian le comunità aggiungono al tè anche spezie ed erbe locali, come cannella, zenzero e timo. La cultura del tè è una parte essenziale della vita quotidiana per tutti gli strati della società, fornendo un forte senso di identità culturale. I portatori includono coltivatori e raccoglitori di tè, proprietari di sale da tè, produttori di tè e artigiani che realizzano gli strumenti, gli utensili e i dolci associati.