Alla scoperta della Toscana e dei suoi piatti tipici: dal pâté di fegatini di pollo, da spalmare rigorosamente su fettine di pane sciapo (o sciocco), alla pappa al pomodoro, dal cacciucco livornese al peposo, fino ai cantucci di Prato. Ecco la top ten delle specialità da provare almeno una volta nella vita.
Ricca ed estremamente variegata, la cucina toscana spazia con grande naturalezza tra i sapori di terra e quelli di mare, annoverando una serie di piatti e prodotti tipici variegati ed eterogenei. Una gastronomia che affonda le sue radici nella tradizione più genuina e schietta e che mostra particolare attenzione alle materie prime utilizzate: olio extravergine di oliva per condire (ma anche friggere), tanti ortaggi, eccellenti formaggi pecorini e ottimi salumi regionali, capeggiati dalla celebre “finocchiona” (o “sbriciolona”) e dal prosciutto salato. Da accompagnare a un’eccellenza a marchio Dop: il pane toscano, detto anche sciapo o sciocco, perché privo di sale.
Diffusa e ricercata ovunque, questa autentica bontà, fragrante e profumata, un tempo sostituiva completamente la pasta. Fanno eccezione nel senese i pici o pinci, spaghettoni larghi lavorati a mano, le pappardelle alla lepre, di origine aretina, e i tordelli, tipico primo piatto lucchese, una sorta di ravioli riccamente farciti e conditi. Dalla pappa al pomodoro alla ribollita, dalla panzanella al pancotto, sono tante le ricette della tradizione contadina con protagonista proprio il pane. Raffermo, ovviamente, a testimonianza della sua sacralità.
E poi i secondi di carne alla griglia, gli arrosti, la selvaggina, i piatti a base di pesce della cucina livornese (cacciucco in primis), le verdure della campagna lucchese e di quella pisana; assai generosa la produzione di dolci: castagnaccio, brigidini, panforte, ricciarelli, cantucci di Prato… C’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma quali sono i piatti tipici toscani da assaggiare almeno una volta nella vita? Scopriteli con noi.
Detto anche crostino nero, è l’antipasto più famoso della regione. Protagonisti i fegatini di pollo che, insieme ad acciughe e capperi, danno vita a un pâté liscio, cremoso e avvolgente. Da spalmare rigorosamente su fettine di pane toscano. Ben abbrustolite oppure – come suggerisce Pellegrino Artusi nel suo celebre “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” – leggermene “intinte nel brodo”.
Celeberrima, grazie al romanzo “Il giornalino di Gian Burrasca”, scritto nel 1912 da Vamba, la pappa al pomodoro ha il sapore della Toscana più autentica e verace. Ingredienti semplici e genuini, per un piatto che mette d’accordo tutti, grandi e piccini: pane raffermo, pomodori succosi e maturi, olio extravergine di oliva toscano, basilico e aglio (quest’ultimo ingrediente sostituito dalla cipolla nella zona di Arezzo). Un’autentica delizia.
Piatto povero di origine contadina, la ribollita è una zuppa a base di fagioli (borlotti, toscanelli o cannellini) e cavolo nero. Ma perché ribollita? Il nome deriva dal fatto che questa preparazione fosse cucinata in grandi quantità e quindi cotta nuovamente nei giorni successivi. La zuppa avanzata, infatti, veniva trasferita in un tegame di terracotta, coperta con cipolle tagliate a fettine sottili, condita con un buon olio extravergine toscano e infine passata in forno a 170-180 °C, fino a formare una dorata e irresistibile crosticina.
Il primo piatto per antonomasia: una ricetta semplice ma molto gustosa. I pici, pasta tipica del Senese, in particolare della zona di Chiusi e Chianciano, sono degli spaghettoni a sezione quadrata realizzati con un semplicissimo impasto a base di farina di grano tenero (tipo 0 o 1), acqua e sale; una volta lessati in acqua salata per pochi minuti, vengono conditi con un delizioso sughetto a base di pomodoro e aglione, un’antica varietà di aglio gigante con caratteristiche di gusto e digeribilità molto diverse da quello classico perché molto delicato. Prodotto tipico ed eccellenza a marchio Slow Food, l’aglione viene coltivato ormai raramente nei territori della Val di Chiana e della Val d’Orcia.
Preparazione tipica delle regioni della Maremma e del Mugello, gli gnudi sono delle gustose palline a base di ricotta, farina e spinaci. Nudi, letteralmente, perché privi del classico involucro di pasta fresca. Quello che resta è semplicemente il ripieno (e da solo vale il bis!). Lessati in acqua salata e conditi con burro e salvia o ragù, questi tortelli unici nel loro genere sorprendono per bontà ed equilibrio.
Tipico della Versilia, in particolare dell’entroterra di Viareggio, il peposo è un grande classico della cucina toscana. Leggenda vuole che questo secondo piatto sia stato inventato dai fornacini dell’Impruneta, ovvero i lavoratori addetti alla cottura dei mattoni di una particolare terracotta. Questi mettevano tutti gli ingredienti per il peposo in un capiente tegame, appunto di terracotta, lo inserivano all’imbocco dei forni e lo lasciavano lì per moltissime ore. Il risultato? Un umido di carne morbidissimo, che quasi si scioglieva in bocca, piccante (peposo non a caso) ed estremamente sostanzioso.
La più celebre zuppa di pesce della tradizione italiana. Originaria di Livorno, oggi viene preparata, in versione leggermente diversa anche a Viareggio e in tutta la Versilia. Piatto originariamente povero, realizzato dai pescatori per utilizzare il pesce di minore valore commerciale, prevede l’utilizzo di circa 6-7 specie ittiche differenti (in genere scorfani, gallinelle, gattucci, seppie, polpi e cicale), cucinate a fuoco moderato in un succulento sugo a base di pomodoro, vino rosso e brodo di pesce. Una volta pronto, il cacciucco viene servito in scodelle individuali e accompagnato a fettine di pane abbrustolite in forno (a piacere, anche strofinate con un po’ di aglio).
È lo street food toscano per antonomasia. Lessata a lungo in acqua con pomodoro, cipolla, prezzemolo e sedano, la trippa, da ingrediente di scarto, si trasforma nel gustoso ripieno di un panino toscano salato, il semelle, generalmente imbevuto nel brodo di cottura del lampredotto. Nata come piatto povero, questa leccornia locale è diventata una vera istituzione a cui né i turisti né i fiorentini possono rinunciare.
Dolce tipico della tradizione popolare, il castagnaccio conquista tutti per facilità di esecuzione e bontà. Realizzato con farina di castagne – che gli dona quel gusto caratteristico e inconfondibile – olio di oliva, zucchero, uvetta, pinoli e rosmarino, viene cotto in forno e lasciato riposare per alcune ore (va mangiato freddo, al massimo tiepido). Delicato e umido all’interno, ha accompagnato il momento dell’uscita da scuola di generazioni di studenti.
Last but not least, è proprio il caso di dire. Tipici soprattutto della città di Prato, i cantucci o cantuccini sono i biscottini simbolo della pasticceria toscana. Confezionati con farina, uova fresche, zucchero, miele, burro e mandorle intere sgusciate (la disciplinare ne richiede un contenuto minimo del 20%), hanno una forma tradizionale obliqua, ottenuta dal taglio in diagonale del filone di impasto dopo la cottura. Croccanti e dorati in superficie, sono lunghi circa 10 centimetri. La morte loro? Inzuppati a fine pasto nel vinsanto, un vino liquoroso locale prodotto in prevalenza con uva Trebbiano e Malvasia. Nel 2016 i cantucci toscani hanno ricevuto il riconoscimento comunitario di indicazione geografica protetta (Igp).