Il panettone simboleggia la ricchezza e l'abbondanza, per questo è associato al Natale fin dal Medioevo. La ricetta attuale è però nata solo a inizio Novecento.
Pandoro e panettone sono i dolci tipici del Natale italiano e sono anche quelli più famosi al mondo. In molti Paesi in cui l'emigrazione nostrana è stata imponente è possibile addirittura trovare il panettone tutto l'anno, operazione su cui stanno investendo tantissimo anche i nostri pasticcieri con risultati alterni. Ma perché in Italia il panettone è così legato al periodo natalizio? La risposta sta in due leggende e in un fondo di verità.
Ci sono diverse teorie sulla nascita del panettone, una delle più popolari è legata a Ludovico il Moro, signore di Milano nel XV secolo, l'altra più romantica all’amore tra il Messer Ughetto degli Atellani e Adalgisa. Il panettone dal Medioevo è diventato un elemento imprescindibile delle festività natalizie e ha successivamente diffuso la sua popolarità in tutto il mondo. La sua forma alta e tondeggiante, la consistenza soffice e il sapore ricco lo rendono un dolce ideale per essere condiviso durante le celebrazioni del Natale. Molte persone lo associano alla generosità e alla condivisione, motivo per cui è spesso regalato come dono durante le festività. Il legame tra questo dolce e dicembre è sancito fin dal Medioevo e le leggende confermano questa cosa.
Lo leghiamo alla città di Milano e alla Lombardia ma in realtà devi sapere che il panettone è un dolce nazionale anche in Brasile, Argentina, Perù, Uruguay e Venezuela. Sono tutte nazioni a forte impronta italiana, data dalla diaspora di cui siamo stati protagonisti tra l'800 e il ‘900. Per come lo conosciamo oggi dobbiamo ammettere che il "vero" panettone è nato nella prima metà del Novecento: prima era molto diverso sia nella forma sia nel sapore. Le sue origini sono antiche e umili, purtroppo però non abbiamo modo di sapere la sua vera storia perché tutti i racconti sfumano nelle leggende. Le più famose e forse quelle più simili alla verità sono però due: una legata al nome stesso del prodotto, una più tenera e romantica.
La più famosa è sicuramente quella della vigilia di Natale alla corte di Ludovico il Moro, a Milano. Si parla di un errore: il cuoco del signore di Milano incaricato di preparare un sontuoso banchetto brucia il pane, quasi lo carbonizza. Arriva in suo soccorso un giovane sguattero, aiutante dello chef: Toni. Quella mattina stessa il ragazzo si sarebbe preparato la schiscetta utilizzando gli ingredienti avanzati del cenone della vigilia (o del pranzo di Natale, la storia cambia a seconda delle fonti). Si tratta di una pagnotta fatta con un po' di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta. Lo chef, preso dalla disperazione, accetta l'azzardo e si mette dietro la tenda a spiare la reazione degli ospiti. Con grande sorpresa sono tutti entusiasti e Ludovico il Moro chiama lo chef per congratularsi ma il capo, molto umilmente, dà il merito al suo aiutante: "L'è ‘l pan dal Tögn" dice con orgoglio. Da allora è il "pane di Tögn", ossia il "panettone".
Oggi alcuni dei migliori panettoni al mondo si fanno nel Mezzogiorno ed è bello vedere che una leggenda così importante ha le proprie radici proprio nel Sud Italia. Il protagonista è un falconiere, Ulivo degli Atellani, originario di Atella, in Basilicata, anche se tutti lo chiamano Ugo o Ughetto. Si trasferisce nella Contrada delle Grazie a Milano e si innamora di Adalgisa (o Algisa, anche qui la storia cambia a seconda delle fonti). Per conquistare la donzella si fa assumere da suo padre, un panettiere molto famoso, e per impressionare il nuovo capo (e sua figlia) prova a inventare un nuovo dolce che avrebbe conquistato tutti i milanesi: impasta farina uova, burro, miele e uva sultanina e crea il panettone. Tutti vogliono assaggiare questo dolce, il ragazzo entra nelle grazie del panettiere che dà il consenso al garzone di uscire con la figlia. I due si innamorano e, come si suol dire, "vissero felici e contenti". A sostegno proprio di questa leggenda arriva il dialetto milanese: l’uva sultanina o passerina usata tradizionalmente per il panettone viene anche chiamata proprio "ughett".
Come detto è impossibile risalire a un autore, al vero inventore di questo dolce ma ci sono vari indizi che ci fanno arrivare fino al IX secolo. Pietro Verri, tra i massimi esponenti dell'illuminismo italiano, narra di un'antica consuetudine che nel IX secolo animava le feste cristiane legate al territorio milanese: "Il giorno del Santo Natale i padri di famiglia distribuivano, sin d'allora, i denari; acciò tutti potessero divertirsi giuocando. Si usavano in quei giorni dei pani grandi; e si ponevano sulla mensa anitre e carni di maiale; come anche oggidì il popolo costuma di fare".
C'è una testimonianza ancora più antica di questi "pani grossi" prodotti con burro, uvetta, spezie ed è del 1599 ed è attualmente conservata nel registro delle spese del Collegio Borromeo di Pavia: cinque libbre di burro, due libbre di uvetta e tre once di spezie per confezionare tredici "pani grossi" da donare ai collegiali il giorno di Natale. Per la prima ricetta ufficiale dobbiamo aspettare il 1853 ed è contenuta nel "Nuovo cuoco milanese economico" di Giovanni Felice Luraschi ma non è ancora simile al panettone contemporaneo. L'autore "ufficiale" del primo panettone per come lo conosciamo oggi nasce nel 1919 dalla mente di Angelo Motta, detentore dell'omonima azienda.
Una delle più belle tradizioni gastronomiche di Milano: il 3 febbraio, giorno di San Biagio, si mangia l'ultimo pezzo di panettone rimasto dalle feste di Natale. In questo giorno va mangiato "il panettone di San Biagio", ovvero il "superstite" del Natale, quell'ultimo pezzo di panettone che le nonne milanesi conservano appositamente per questo giorno speciale. Ma perché il panettone va mangiato proprio in questa giornata particolare? Il motivo è legato a due leggende.
La più famosa tra le leggende è quella che ha portato proprio alla santificazione del vescovo armeno. Protagonista è un bambino che rischia di soffocare a causa di una lisca di pesce e che sopravvive grazie a un pezzo di pane donato da Biagio, ancora semplice parroco. Il panettone simboleggia proprio quel pezzo di pane che libera la gola e ci aiuta a vivere meglio.
La seconda leggenda è legata a Milano e alla rabbia di una massaia. La donna porta un panettone a frate Desiderio per farlo benedire, l'uomo se lo dimentica. Dopo diversi giorni lo ritrova e anziché benedire il panettone lo mangia direttamente. Il 3 febbraio la signora torna, inviperita per l'attesa, e Desiderio anziché scusarsi pensa bene di dire che è scomparso. Con grande sorpresa però il panettone ricompare grosso il doppio nell'involucro. Un'apparizione sovrannaturale che il frate attribuì a San Biagio.