Sono tanti i modi proverbi che prendono in prestito suggestioni dal mondo del cibo, universo enologico compreso. Vediamo da dove arriva questo famoso proverbio e quale verità nasconde.
Quando parliamo o scriviamo, spesso utilizziamo espressioni che sono entrate nel linguaggio corrente capendone il senso finale, ma senza sapere quale sia la loro origine. Tra i diversi modi di dire, frequentemente abbiamo a che fare con proverbi che riguardano il mondo del cibo, da “gallina vecchia fa buon brodo” a “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”: detti popolari gastronomici che spaziano anche all’universo enologico. Uno dei più gettonati è senza dubbio quello che molte persone di bassa statura prendono – con un certo orgoglio – come riferimento, ovvero “nella botte piccola c’è il vino buono”, che in generale significa che la qualità vince sulla quantità, da declinare nelle più disparate conversazioni. Viene così da domandarsi quali sono le basi di verità su cui si fonda questa affermazione e se, quindi, quello conservato nella botte piccola sia davvero il vino migliore.
Il proverbio ha effettivamente un forte legame con la produzione del vino e con le scelte che si fanno in cantina. Le dimensioni della botte in cui il vino viene invecchiato, infatti, possono influenzare la sua qualità durante il processo di maturazione. Come mai? Facendo un discorso generale, le botti piccole risultano vantaggiose poiché la superficie in contatto con il vino è maggiore rispetto alle botti più grandi: questo significa che più legno entra in relazione con il vino, trasmettendo le proprie peculiarità, conferendo morbidezza, colore e un bouquet aromatico differente a seconda della tipologia e della tostatura, rilasciando note più delicate o più intense e garantendo una miglior ossigenazione. L’affinamento in botti di dimensioni contenute, inoltre, consente più precisione nel controllo del processo e può essere gestita con maggiore attenzione. Nonostante ciò, non si può dire che la buona fattura del vino dipenda esclusivamente da questa pratica, in quanto esistono vini eccellenti che sono stati affinati in botti grandi: è soprattutto la maestria del viticoltore, del bottaio, dell’enologo e la lavorazione virtuosa lungo tutta la filiera, a partire dalla materia prima, a stabilire quale vino sia meglio di un altro.
Tra i vini più pregiati troviamo quelli “barricati”, ovvero che sono stati fatti maturare all’interno delle barrique. Si tratta di botti di legno di piccole dimensioni, solitamente di rovere, con una capienza compresa tra i 225 e i 228 litri che sono state messe a punto in terra francese. Al loro interno si possono far maturare vini bianchi e rossi, ma anche liquori e grappe: esiste anche un tipo di barrique ancora più ridotta, detta demi-barrique, dalla capacità di 110-115 litri. Inizialmente le botti in legno nascono come imballaggio per trasportare il vino in modo più pratico che non con le anfore, soggette a rotture (ma che da un po' di anni sono tornate di tendenza nell'affinamento di vini naturali), fino a quando non ci si è accorti che tra il contenitore e il contenuto non avveniva un vero e proprio scambio, che portava quest'ultimo a modificare le proprie qualità organolettiche.