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15 Gennaio 2024 17:00

Perché Sant’Antonio Abate è il protettore dei pizzaioli: c’entrano il fuoco e un maialino

Il 17 gennaio di ogni anno si celebra il Pizza Day: stesso giorno in cui si ricorda l'eremita del III secolo d.C. che secondo la leggenda ha donato il fuoco all'umanità grazie all'aiuto di un porcellino.

A cura di Federica Palladini
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Barba lunga, veste monacale, un bastone con il simbolo del Tau, un porcellino e un fuoco acceso: sono questi gli elementi che non mancano mai nella rappresentazione iconografica di Sant’Antonio Abate, eremita vissuto nel III secolo dopo Cristo diventato nel tempo protettore dei pizzaioli, ma anche dei fornai e dei pompieri, nonché degli animali e dei campi. Il giorno del calendario in cui si festeggia questo santo della cristianità? Il 17 gennaio, lo stesso in cui è stato istituito il Pizza Day: e non è assolutamente un caso.

Sant’Antonio e la pizza: un legame tra religione e riti popolari

A Napoli, il 17 gennaio, i pizzaioli erano soliti prendersi un giorno o una mezza giornata di pausa, da passare con la famiglia e accendere in casa o all’aperto un fuoco propiziatorio. E dei falò si appiccavano anche nei cortili e nei vicoli di tutta la città, per ringraziare Sant’Antonio Abate del raccolto, solitamente banchettando con carne di maiale: si tratta dei tradizionali “fucarazzi”, una delle prime feste popolari dell’anno che coincide con l’inizio del Carnevale, in realtà non solo nel capoluogo partenopeo, ma anche in molte altre regioni italiane, dalla Sardegna alla Puglia, passando per le Marche, la Lombardia e la Toscana. Sant’Antonio Abate, infatti, è riconosciuto come il “Santo del fuoco”, e quindi patrono di tutte quelle professioni che ne sono associate, pizzaioli compresi. Diverse leggende vogliono questo eremita come colui che ha donato il fuoco agli uomini andandolo a rubare direttamente all’Inferno: ci riuscì grazie all’azione del suo fidato maialino che, distraendo Lucifero e gli altri diavoli, permise al religioso di portare sulla Terra una fiammella e donarla all’umanità.

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Chi era Sant’Antonio Abate, l’eremita che ricorda San Francesco

Il legame tra Sant’Antonio Abate e il fuoco è indissolubile: non è una coincidenza che per la vulgata comune, l’Herpez Zoster, virus che provoca una dolorosa e pruriginosa eruzione cutanea, sia conosciuto con il nome di “fuoco di Sant’Antonio”, in quanto nell’antichità moltissimi pellegrini si recavano al cospetto del monaco per farsi curare, merito delle sue virtù taumaturgiche. Così com’è forte la connessione con gli animali, che riporta a una somiglianza con San Francesco: nella giornata del 17 gennaio in diverse parrocchie si possono far benedire i propri animali domestici durante la messa. Il paragone con il Santo di Assisi non si limita solo a questo aspetto: anche Sant’Antonio Abate, nato in Egitto nel 250 d.C., proveniva da una famiglia facoltosa, che lasciò per dedicarsi a Dio in veste di anacoreta, ovvero eremita, vivendo gran parte della sua vita nel deserto in compagnia del maialino che aveva salvato. Secondo il contemporaneo Atanasio di Alessandria, vescovo di Alessandria d’Egitto e padre della Chiesa, che ne scrisse – celebrandola – la vita in un libro, morì a 106 anni il 17 gennaio del 356, divenendo uno dei santi più noti e vicini alla gente.

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