La Russia non c'entra quasi niente con questo nome così particolare, o almeno pare. La storia sulla nascita di questo piatto è molto ingarbugliata e strana. È probabile che il nome derivi però dal modo di servire l'insalata "alla russa" e non dalla paternità della ricetta.
L'insalata russa non è russa e non si chiama a Mosca e dintorni. Lo sappiamo, è una dura verità ed è il più grande colpo di scena da quando il tuo cuginetto grande ti ha detto che Babbo Natale in realtà è lo zio. Però qui siamo tutti abbastanza adulti da potercelo dire in faccia: Paese che vai, insalata "russa" che trovi. Ad esempio in Russia quest'insalata esiste ma si chiama insalata alla Olivier, dal nome del suo inventore. A voler essere pignoli è un po' diversa dalla nostra ma anche sulla ricetta ci sarebbe tanto da dire: in tutta Europa esistono decine di versioni differenti, simili per certi versi ma mai uguali. Ma da dove arriva questo nome? Perché l'insalata russa si chiama così?
In Italia l'insalata russa si chiama così a giusta ragione se proprio dobbiamo dirla tutta: a inventarla è stato (pare) chef Lucien Olivier, cuoco nato effettivamente in Russia da famiglia franco-belga, mentre lavorava all'Ermitage di Mosca. Olivier è stato uno dei primi chef della storia ad essere uscito dal mondo della servitù: era infatti imprenditore e titolare del proprio ristorante insieme al socio Yakov Pegov, un ricco uomo d'affari. Il ristorante sito al centro di Mosca, omaggio al famoso museo capitolino, è stato uno dei locali più famosi del mondo dell'epoca. Lo frequentavano intellettuali, nobili (per cui Olivier in precedenza aveva lavorato come chef privato) e appassionati che giungevano qui da tutta Europa. Il piatto di punta, a partire dal 1864, era appunto questa insalata fatta con circa 100 ingredienti.
Proprio così: mentre qui siamo a scervellarci sulle ricette "originali", carbonara su tutte, l'insalata russa "vera" è fatta con 100 ingredienti tra cui carne di gallo cedrone, patate, cetrioli freschi, carne di fagiano, lingua di vitello, caviale, lattuga, anatra affumicata, uova sode, capperi e code di gambero. Essendo un piatto previsto per tutto l'anno ma non avendo a disposizione tutti gli ingredienti né i congelatori, è impossibile risalire a una ricetta "originale" anche perché gli ingredienti cambiavano di volta in volta. La ricetta non la conosciamo e non la conosceremo mai perché Olivier se l'è portata nella tomba. Questo significa che tutte le insalate russe fatte dal 1883, anno della sua dipartita, a oggi, sono solo bieche imitazioni basate sul ricordo di quell'insalata.
A voler essere precisi, più che ricordo, ci basiamo su un'intuizione. Lucien Olivier preparava l'insalata russa in una cucina privata e solo al termine del servizio, lontano da occhi indiscreti. Una sera Ivan Ivanov, sous chef del locale, si intrufolò nella stanza e provò a intuire la lista ingredienti basandosi su ciò che c'era sul tavolo. Questa storia parla di un tradimento: pare infatti che Ivanov si licenziò all'indomani per andare a lavorare in un ristorante vicino e proporre la sua "insalata metropolitana", una bieca copia di quella di Olivier. Non la facciamo noi questa critica, non l'abbiamo assaggiata. La fecero i critici dell'epoca che parlavano di un'insalata "insuperabile" riferendosi a quella dell'Ermitage. Purtroppo però pare che proprio questa copia sbiadita sia quella che mangiamo oggi.
Lo chef morì nel 1883 e venne celebrato come personaggio di spicco dagli Zar. Ancora oggi in Russia e nella maggior parte dei Paesi del blocco sovietico l'insalata Olivier si chiama così in suo onore e viene preparata per le grandi occasioni, sia pubbliche sia private. In Russia, Ucraina, Kazakistan, Estonia, Lituania e Georgia il suo nome è un omaggio allo chef. In Bulgaria, Albania, Serbia, Macedonia settentrionale è chiamata insalata russa ed è preparata con patate, carote, piselli, sottaceti e dadini di salame o di prosciutto. In Ungheria, Moldavia e Romania è l’insalata di carne alla russa ma i rumeni spesso semplificano il tutto chiamandola "insalata di manzo". La cosa divertente è che non contiene solo manzo: ci puoi trovare anche pollo, patate, carote, maionese e i murturi, dei tipici sottaceti rumeni. Non è raro trovare anche una versione vegetariana, simile a quella che facciamo in Italia.
In Turchia e Polonia si chiamava insalata russa fino alla Guerra Fredda quando divenne "insalata americana", un oblio linguistico che abbiamo rimesso in piedi per il Moscow Mule negli ultimi anni. In Repubblica Ceca e Slovacchia la preparazione è chiamata semplicemente insalata di patate. Così come in Italia, un po' tutto il Sud Europa la chiama insalata russa: Grecia, parte della Francia, soprattutto la Spagna. Qui l’ensaladilla rusa è una delle tapas più popolari nei bar. Ovviamente il nome “ensalada rusa” è stato esportato in tutto il Sud America.
La sorpresa la troviamo in Nord Europa: in Islanda, Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania e perfino in Finlandia, nazione che fino al 1917 è stata sotto il dominio russo, questo piatto si chiama "insalata italiana". Viene fatta con carote, piselli, patate e maionese tranne, per l'appunto, in Finlandia dove ci aggiungono gli spaghetti o altri formati di pasta. Supponiamo per renderla "più italiana". Ma perché se per noi è russa, per altri è italiana?
Ci sono ben tre ipotesi che collegano il nostro Paese alla nascita di questo piatto. Secondo alcuni studiosi questa insalata era diffusa in Francia ancor prima di arrivare in Russia. Merito sarebbe di Caterina de' Medici che introdussero questa ricetta in Francia.
Altra ipotesi (più accreditata della precedente) ci porta nel Piemonte del 1800 con l'insalata rusa: una esse, perché non indica la nazionalità bensì il colore. Rusa in piemontese significa "rossa", una tinta data dall'uso delle barbabietole. Il piatto sarebbe nato in casa Savoia in occasione della visita dello zar Nicola II in Italia, nell'ottobre del 1909. Un omaggio dei cuochi del Regno d'Italia con gli ingredienti tipici della cucina degli ospiti come le patate e le carote. Lo zar avrebbe poi portato con sé la ricetta e il piatto sarebbe divenuto rapidamente molto noto. A conferma di questa ipotesi c'è una ricetta francese, chiamata "insalata piemontese" che prevede uova sode, sottaceti e prosciutto cotto conditi con maionese e senape. Il colore rosso è dato dai pomodori e non dalla barbabietola.
Il colpo di scena ce lo siamo riservati per la fine però: è molto probabile che l'insalata russa fatta in Italia e quella nata nell'Est Europa condividano solo il nome. Effettivamente le due ricette hanno poco a che vedere tra loro. Secondo la più probabile origine del nome, il termine "russa" relativo all'insalata non si riferirebbe alla provenienza dalla Russia, ma deriverebbe da "servizio alla russa", ossia un tipo di pasto in cui le portate venivano servite tutte insieme sulla tavola.