La risposta più immediata è "perché ci sono i conservanti": se una volta poteva essere corretta, adesso il prolungamento della shelf life di crostatine, girelle, plumcake è dato da progressi tecnologici nella combinazione degli ingredienti e nel confezionamento.
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Per la colazione e per il pomeriggio, tipo frolla, pasta sfoglia o pan di Spagna, con o senza farcitura: le merendine destinate ai bambini (ma che in realtà mangiano anche gli adulti, spesso provando una certa nostalgia per il passato), hanno caratteristiche diverse tra loro, ma sono tutte accomunate dall’essere dei cibi ultra processati che hanno poco in comune con i dolci preparati in casa, comprese le loro varianti home made. Contengono – seppur in quantità differente a seconda della tipologia – molti zuccheri e grassi e sono realizzate tramite processi industriali complessi, che consentono di avere dei prodotti ricchi di gusto e molto duraturi. Perché le merendine si conservano così a lungo? Perché sono fatte appositamente per resistere nel tempo, così da averle sempre a disposizione, diventando pratiche e comode. Vietato, però, approfittarne: non sono un alimento salutare e la raccomandazione è quella di consumarle con moderazione. Vediamo quali sono gli ingredienti e le tecnologie impiegate per farle restare anche mesi in dispensa. Spoiler: i conservanti ormai c’entrano davvero poco.
Se anni fa era comune trovare conservanti nelle merendine (e in genere nei cibi confezionati) per prolungare la durata sullo scaffale, oggi l’industria alimentare ha adottato nuovi approcci per aumentare la shelf life di un prodotto, mettendoli in secondo piano, se non eliminandoli completamente. Si possono ancora trovare quando sono presenti creme con un'alta deperibilità, ma in genere ormai sono stati sostituiti da formule che prevedono ingredienti messi a punto ad hoc per resistere maggiormente nel tempo, dalle farine, passando per grassi e zuccheri, dove nella maggior parte dei casi a svolgere un ruolo importante sono gli additivi, sostanze chimiche o naturali legalmente riconosciute – e che per legge bisogna esplicitare in etichetta – che svolgono le funzioni più diverse.
In particolare si trovano gli emulsionanti, che aiutano a mantenere la texture morbida e omogenea, evitando che gli elementi si separino (per esempio l’E322 – lecitina di soia o l’E471 – mono e digliceridi degli acidi grassi); gli antiossidanti, come l’acido ascorbico o il tocoferolo, meglio conosciute come vitamina C e vitamina E, che rallentano l’irrancidimento dei grassi; e ancora i correttori di acidità, tipo l’acido citrico (E330). Altri additivi comuni sono i lievitanti, per esempio il noto bicarbonato di sodio, gli stabilizzanti, gli aromi, che garantiscono sofficità e freschezza prolungate, mentre si sta facendo sempre più a meno dei coloranti sintetici, ma anche di quelli naturali. Una combinazione studiata a tavolino e sempre più perfezionata che non è possibile riprodurre tra le mura domestiche.
Un altro aspetto cruciale che garantisce la longevità delle merendine è l’uso di tecnologie avanzate nel confezionamento: si tratta di creare un ambiente sterile che protegge e preserva l’alimento nel modo più efficace possibile a livello organolettico e sicuro al 100% per il consumatore. Una delle tecniche di imballaggio più diffuse è quella del MAP – Modified Atmosphere Packaging, ovvero il “confezionamento in atmosfera modificata”, che consiste nel sostituire l’ossigeno all’interno del pacchetto o del contenitore scelto con una miscela di gas adatta al prodotto specifico: si parla di gas naturali come azoto o anidride carbonica, che riducono drasticamente l’attività microbica e rallentano il classico processo di ossidazione. Anche i materiali con cui sono realizzate le confezioni e gli incarti, dal polipropilene al cartone, svolgono un ruolo attivo dal punto di vista della durabilità, in quanto sono progettati appositamente per resistere agli agenti esterni – luce, aria, calore, umidità – che potrebbero causare alterazioni dell'alimento.