La carne rossa spesso vira verso tonalità grigio-marroncine-violacee: la prima considerazione è che sia andata a male. Eppure non è sempre così: dipende tutto dal "lavoro" di una proteina.
La vista è uno dei sensi che contribuiscono a formare un giudizio su una pietanza. Non si tratta solo di apprezzare o meno l'estetica di un piatto, ma anche di capire, o perlomeno intuire, se un alimento sia commestibile o meno. Il colore è uno dei fattori che più influenzano le conclusioni a riguardo ed è per questo che tendiamo a diffidare di tonalità che si ritengono artificiali (per esempio il blu) o che, a seconda del cibo, virano verso il pallido o il marroncino. Ne è un esempio il colore della carne, in particolar modo quella rossa, che viene considerata fresca quando ha nuance vive, purpuree. Capita spesso, però, che la carne cambi colore dal momento dell’acquisto al suo consumo, diventando più scura o che al supermercato si trovino prodotti dai toni più spenti. Non bisogna pensare subito che sia in atto un deterioramento o che sia indice di minore qualità. Ci sono in ballo altri fattori: ecco quali.
Quando ci si riferisce alla carne, solitamente la si divide in due grandi categorie: la carne bianca e la carne rossa. E quando pensiamo a quest’ultima, colleghiamo il colore alla presenza di sangue. In realtà non è il sangue a fare la differenza, ma la mioglobina. La mioglobina è una proteina presente principalmente nelle fibre muscolari e ha la capacità di legare e immagazzinare l'ossigeno attraverso un atomo di ferro, fornendo energia ai muscoli durante l'attività fisica. Nelle carni di pollo e tacchino vi è una minore quantità di questa proteina, maggiore invece in maiale, bovino e cavallo: più l’animale usa i suoi muscoli, più c’è mioglobina. Il suo colore naturale è rosso porpora: quando inizia a ossigenarsi reagisce diventando ossimioglobina, prendendo così una tonalità rosso vivo. Quando il ferro al suo interno si ossida, abbiamo la conversione in metamioglobina, che fa diventare la carne grigia o marroncina, in quanto non più in grado di legare l’ossigeno. I fattori che influenzano questo cambiamento di colore sono l’esposizione all'aria e all'umidità, ma non sono gli unici. Per esempio, tra questi si annovera la temperatura, che gioca un ruolo fondamentale: temperature più alte accelerano il processo di formazione della metamiloglobina, come possiamo vedere quando scaldiamo una bistecca sul fuoco, che scurisce.
In una stessa confezione di fette di carne, quando sovrapposte tra loro, è facile notare che la parte coperta risulti più violacea rispetto al resto. Questo non significa che è andata a male per causa batterica: il cambiamento cromatico è dovuto a una carenza di ossigeno a livello muscolare, che comporta una ossidazione dell’atomo di ferro. Se quindi la carne si presenta grigiastra, ma soda e senza odori sgradevoli non è avariata, come succede pure nel caso della conservazione sottovuoto. Anche quando la carne cuoce il suo colore si modifica in quanto vi è un deterioramento della mioglobina a causa del calore: più la temperatura si alza più la carne diventa grigio-marroncina, da qui la differenza di tonalità tra una bistecca detta al sangue e una ben cotta. Inoltre, la carne fresca cambia colore virando allo scuro durante la tecnica della frollatura, ovvero quando viene fatta maturare in celle frigorifere per darle tenerezza, digeribilità e intensità di sapore.