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22 Maggio 2022 15:00

Perché il pane a Firenze si mangia senza sale?

Tra storie e motivazioni gastronomiche: uno dei più grandi quesiti della tradizione culinaria italiana riguarda l'assenza del sale nella panificazione toscana.

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Tra le più curiose e discusse tradizioni gastronomiche dell'Italia Centrale, e in particolare della Toscana, c'è quella del pane senza sale, ovvero il "pane sciocco" o "pane sciapo". Un prodotto semplice e mangiato in tutto il mondo che a Firenze cucinano senza aggiunta del sale. In realtà questa caratteristica abbraccia tutto l'Appennino tosco-emiliano: nella maggior parte dei casi le persone sono sorprese in negativo ma ci sono dei motivi alla base della scelta dei toscani che hanno portato alla produzione di un pane senza sale. Tra le ragioni più affascinanti ce n'è una in particolare che inorgoglisce i fiorentini perché fa parte della secolare rivalità con i pisani: vediamo nei dettagli perché in Toscana il pane si fa senza sale.

"Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui"

Il pane senza sale è il perfetto matrimonio con la cucina toscana, tradizionalmente saporita. L'assenza del sale nel pane si sposa alla perfezione con salumi e preparazioni della gastronomia toscana creando un perfetto equilibrio di sapori. Vogliamo comunque essere chiari: c'è stato un momento in cui anche a Firenze il pane lo si è cucinato col sale. Tutto cambia nel Medioevo per tutta una serie di ragioni, probabilmente concatenate tra loro. Tre sono le ipotesi plausibili:

  • L'ipotesi più in voga a Firenze, l'ipotesi che fa battere il cuore nel petto dei fiorentini, è strettamente legata alla storia: pare infatti che l'uso del pane senza sale risalga al XII secolo con Pisa come Repubblica Marinara di prim'ordine. Nella guerra con Firenze decide di "coinvolgere" il sale. I pisani pensano a delle imposte sul sale davvero alte per i soli fiorentini che rispondono cominciando a produrre pane senza sale. Un vero e proprio atto di ribellione come il Boston Tea Party della Rivoluzione Americana. Lo stesso Dante Alighieri, nel XVIII canto del Paradiso, scrive della vita in esilio fuori dalle mura di Firenze annoverando il pane salato tra la durezza dell'esperienza: "Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui";
  • la seconda ipotesi scagiona i pisani e anzi, accusa i governanti fiorentini di cupidigia: tasse su qualunque cosa, per qualsiasi occasione cercando di arricchirsi il più possibile. Tasse ancor più "salate", per l'appunto, sul sale. Questa bramosia l'abbiamo "assaggiata" negli anni '90 con il capolavoro firmato da Massimo Troisi e Roberto Benigni, "Non ci resta che piangere": "Chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Dove andate? Un fiorino!", con la scena ripetuta più e più volte. Non sappiamo quanto la citazione storica sia voluta o sia stata solo una piacevole coincidenza ma i due geni del cinema hanno perfettamente inquadrato la situazione delle imposte nella Toscana di quel periodo. Secondo questa teoria il sale sarebbe sparito dalle ricette dei panifici perché, in tal caso, sarebbe salito troppo il prezzo del pane;
  • l'ultima tesi è squisitamente gastronomica: carni, zuppe, piatti tipici come i salumi, il lampredotto, la ribollita, il prosciutto toscano, sono tutti prodotti estremamente sapidi che hanno bisogno di un contrasto neutrale per godere a pieno del gusto toscano.

Le vere motivazioni che hanno spinto i toscani a questa "innovazione" sono tutt'oggi sconosciute comunque. Non sappiamo se le scelte davvero siano imputabili a queste storie che abbiamo raccontato perché non c'è alcuna prova scritta.

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È possibile che le tre ipotesi siano tutte giuste, siano un po' intercambiabili e che, tutte insieme, diano il quadro più certo della situazione. D'altra parte a Lucca, Massa, Carrara e Pisa il pane si fa col sale e, guarda caso, queste città non facevano parte del Granducato di Toscana. Anche la tassazione oltremodo gravosa è un punto innegabile della Firenze del ‘500, stesso discorso per il contrasto tra lo sciapo e il salato sulla tavola. A differenza di tante altre storie che puoi aver letto, in questo caso abbiamo tre versioni diverse che potrebbero però essere tutte giuste.

Il pane senza sale nel resto d'Italia

I toscani portano la "cattiva nomea" ma non sono mica gli unici a fare il pane sciapo. Al confine c'è l'Umbria che da secoli punta su lievitati privi di sale. In questo caso però abbiamo una data certa, con motivazioni finite sui libri di storia. Tutto si deve al pontefice è Papa Paolo III, uno dei più influenti della storia: sua è la fondazione della Compagnia di Gesù su proposta di Ignazio di Loyola e la convocazione del cruciale Concilio di Trento. Per trovare nuovi fondi in un momento delicato nelle vicende ecclesiastiche aumenta le tasse in tutto lo Stato Pontificio, calcando la mano con una tassa sul sale che proprio non va giù agli umbri. Nel 1540 Perugia insorge e fa scoppiare la "guerra del sale": il capoluogo umbro avrebbe malamente perso la guerra ma i perugini non si sarebbero comunque piegati alle imposizioni papali e avrebbero cominciato a fare lievitati senza pane, tradizione tutt'oggi mantenuta in vita.

Anche in questo caso alle ragioni puramente economiche vanno aggiunte quelle gastronomiche: l'Umbria condivide una parte di tradizioni a tavola con la Toscana, su tutte quelle dei salumi molto carichi di sapore. Probabilmente una commistione di eventi ha portato a questa singolare scelta da parte dei panettieri dell'Appennino.

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