Si tratta di un processo naturale che avviene perché gli zuccheri presenti nel miele non sono più solubili nell'acqua, e così si solidificano: cambia la consistenza, ma non la qualità.
Sapore dolce, proprietà benefiche comprovate, versatile in cucina: il miele è un alimento che difficilmente manca in casa, in quanto si rivela un ottimo sostituto dello zucchero in molte preparazioni e ha il vantaggio di conservarsi a lungo sia nella dispensa che nel frigo. Sappiamo che non esiste una sola varietà, che le due tipologie principali sono millefiori e monoflora, che si suddividono ulteriormente per provenienza, colore e consistenza. Tra le caratteristiche che si notano a occhio nudo, c’è la fluidità: certi mieli sono più liquidi, altri invece sono più densi già appena acquistati. Con il tempo, entrambi, tendono a cristallizzarsi, facendo pensare a un deperimento o un abbassamento della qualità. In realtà non si tratta di un peggioramento del prodotto, ma di un processo naturale che avviene quando gli zuccheri iniziano a solidificarsi: i fattori per cui ci si trova di fronte a questo fenomeno sono molteplici, come la temperatura, la composizione chimica e la presenza di acqua. Vediamo quindi quali sono le cause più comuni, i mieli che sono più esposti e come "rimediare".
Per comprendere cosa sia la cristallizzazione del miele, bisogna sapere com’è fatto: i principali componenti del miele sono il glucosio e il fruttosio che insieme ne costituiscono oltre il 95% della parte zuccherina. Poi ci sono l’acqua, le proteine, gli enzimi, le vitamine e i minerali. Questa composizione chimica ovviamente non è uguale per tutti i mieli, in quanto dipende dalle api: sono loro, infatti, che “scelgono” da quale fiore estrarre il nettare, che determinerà gli aromi, i colori e la texture. La cristallizzazione avviene nel momento in cui gli zuccheri sono talmente abbondanti che l’acqua contenuta all’interno del miele non riesce più a scioglierli: in ogni miele la proporzione tra zuccheri e acqua è notevolmente a favore dei primi, quindi perché accada è praticamente solo questione di tempo. A contribuire alla velocizzazione del processo ci sono le temperature basse, che lo favoriscono, così come la presenza di polline all’interno del miele.
La cristallizzazione non è standard per tutte le tipologie. Un'alta concentrazione di zuccheri e un basso contenuto di acqua la facilitano, così come un contenuto maggiore di glucosio rispetto al fruttosio. Ci sono solo tre varietà che si mantengono liquide a lungo, fino a due anni dalla raccolta, e sono quelle di acacia, castagno e melata, mentre le altre tendono a cristallizzare in poco tempo: secondo Slow Food, bastano due settimane a tarassaco, colza e girasole, raggiunte nel giro di qualche mese da tutte le altre.
La risposta a questa domanda è semplice: perché il consumatore ha una predilezione per la consistenza fluida, una preferenza che nasce dal fatto che viene considerata sinonimo di un prodotto di maggior pregio ed effettivamente più pratico da usare. Come abbiamo visto, il miele di acacia è già di natura così, ma gli altri non lo sono. Trovarli al supermercato allo stato liquido, secondo Unaapi, l’Unione Nazionale Associazione Apicoltori Italiani significa che questi mieli “hanno subito un trattamento termico che annulla completamente la cristallizzazione, ma deprezza la qualità impoverendone le caratteristiche organolettiche e nutrizionali“. Il miele soffre a contatto con il calore: niente paura se se ne versa un cucchiaino nel tè o nella tisana a 35 °C – 40 °C, i valori nutritivi non cambiano, diversamente se si mette in bevande a più di 50 °C o se si sottopone alla pastorizzazione che arriva fino a 78 °C.
Come abbiamo visto, la cristallizzazione è un fenomeno naturale e, quindi, non ha niente di pericoloso per la salute e non corrisponde a un difetto del prodotto. Se per necessità di impiego occorre averlo liquido, per invertire il processo basta farlo ammorbidire mettendo il vasetto a bagnomaria a una temperatura che non vada oltre i 40 °C. L’uso del microonde è, invece, sconsigliato, in quanto il calore aggressivo potrebbe influire sulle proprietà organolettiche, modificando sapore e profumo.