Tra le diverse varietà di farine disponibili sul mercato ci sono anche quelle artigianali con materie prime selezionate, lavorate con metodi tradizionali e commercializzate in packaging sotto il segno del green, con spese di produzione maggiori.
Al supermercato, nei negozi specializzati e anche online gli “scaffali” dedicati alla farina non passano certo inosservati: ormai le opzioni sono davvero tantissime, da quelle bianche alle integrali, passando per la semola e le senza glutine, ognuno può trovare il prodotto più consono a ogni preparazione. Le farine, infatti, non sono tutte uguali: hanno origini e caratteristiche diverse, dalla forza al sapore, passando per le proprietà nutritive, le destinazioni d’uso e il prezzo. Quest’ultimo può variare notevolmente, specialmente quando si parla di artigianalità, con lavorazioni che puntano alla valorizzazione del territorio a partire da una materia prima selezionata e trattata con cura, che porta a un costo maggiore anche per il consumatore finale. Vediamo più nel dettaglio quali sono i motivi principali che fanno variare il prezzo delle farine.
Le farine industriali per loro natura sono prodotte su larga scala per essere presenti nella maggior parte dei supermercati e, in generale, nella grande distribuzione in volumi considerevoli. Alla base, vi è quindi una ricerca di materie prime, lavorazione e distribuzione che possano soddisfare questo tipo di esigenza. Le farine artigianali, al contrario, avendo come finalità quella di realizzare un prodotto che rispecchi determinati valori (per esempio la riscoperta di grani antichi, la scelta di metodi di trasformazione tradizionali, tipo la macinazione a pietra, il ricorso al biologico) hanno come obiettivo la qualità rispetto alla quantità, con un aumento dei costi in partenza che si riflette anche sul consumatore.
Il costo finale è conseguenza della materia prima che si utilizza in termini di tipologia e impatta non solo sulle farine artigianali, ma anche su quelle industriali. Le farine integrali o semi-integrali (come la 1 e la 2) di grano tenero si attestano su fasce di prezzo più alte rispetto alla 00 o 0, le raffinate, in quanto hanno una resa minore di produzione. Allo stesso tempo, anche optare per cereali più pregiati o più rari (tipo il Senatore Cappelli), varietà di nicchia (il grano arso), così come a sostituti alternativi come il grano saraceno, significa trovare in vendita farine a un prezzo maggiore, in quanto sono più elevate le spese a monte.
Probabilmente mai come in questi ultimi anni, complice il conflitto in Ucraina, ci si è resi conto delle fluttuazioni del prezzo del grano sul mercato, che hanno avuto anche degli effetti sul costo della farina e su tutti i suoi derivati. L’Italia, infatti, non utilizza solo grano 100% made in Italy, in quanto il frumento tricolore è sempre stato insufficiente per coprire tutto il fabbisogno dell’industria, specialmente quella pastaia. Gli arrivi maggiori sono dall’Est Europa, dalla Russia e dal Canada e, come ormai più volte ribadito, non sono sinonimo di peggiore qualità.
Anche l’imballaggio può influire sul costo della farina. Per esempio, i prodotti che fanno parte della filiera del biologico, tengono in grande attenzione anche il packaging, uniformandolo a questa filosofia: contenitori green e riciclabili sono più costosi sia per le aziende, sia per chi ne usufruisce. Alcuni brand di farine artigianali, inoltre, per valorizzare il concetto di unicità, danno al packaging un carattere di esclusività attraverso la cura dell'estetica, coinvolgendo artisti o designer del territorio, creando edizioni limitate e sempre diverse che implicano un maggiore impegno anche dal punto di vista finanziario, soprattutto quando di parla di piccole realtà.