Un 2020 da lasciarci al più presto alle spalle chiede dei brindisi italiani. Ecco una selezione di 15 nomi del Belpaese che fanno grande il panorama delle bollicine nostrane. Dai grandi marchi alle piccole realtà viticole, passando per le produzioni da uve autoctone, ce n'è davvero per tutti i gusti.
Bianche o rosé, a patto che frizzino: stiamo parlando delle bollicine nel vino. Quel tocco di luccichio che danno al bicchiere mette sempre di buon umore e le festività alle porte sono una buona occasione per provarne un po'. Sarà un Natale inusuale, lo sappiamo, con riduzione dei consumi e poche persone con cui festeggiare. Qualche coccola però ce la meritiamo, fosse anche solo un calice in più per brindare alla fine di quest'anno bisestile e farsi gli auguri per un 2021 più ricco di cose belle. Nel mare magnum delle proposte frizzanti italiane il rischio è quello di non sapere cosa acquistare. Per questo abbiamo pensato a una selezione che possa accontentare un po' tutti: chi bada al marchio, chi vuole stupire con qualcosa di inaspettato, chi cerca la piccola storia aziendale.
Per chi preferisce le scelte di sicuro impatto i grandi nomi italiani non deludono di certo: etichette di casa nostra di alto livello, celebri e solide, con lunghe storie imprenditoriali alle spalle. Per brindare in serenità, con la certezza di avere acquistato un ottimo prodotto.
La stessa etichetta di inizio ’900, quella che segnò l'inizio del successo della cantina di Trento, è stata riproposta dalla famiglia Lunelli non molto tempo fa. Chardonnay in purezza che sosta 36 mesi sui lieviti indigeni. Una bollicina fine e un sapore fragrante che richiama l'agrume e la mela golden.
“Amanti dell’Opera e del vino unitevi!": sembra dire proprio questo l'edizione speciale di cuvée Bellavista. Dall’etichetta alla custodia infatti tutto è stato studiato per un rimando veritiero all’identità del teatro milanese, dai decori tessili ai fregi, dallo stemma ai particolari architettonici della facciata scaligera. Non c’è che dire, una confezione preziosa. E il vino? Chardonnay soprattutto con una parte di Pinot Nero per un vino che sa di agrume candito e di fiori di sambuco.
Brindare facendo del bene all’ambiente. È la scelta dell’azienda Berlucchi che da due anni ha stretto una collaborazione con Treedom, una piattaforma web che permette di piantare alberi a distanza e di seguirli online. Comprando il cofanetto che contiene due classici della cantina franciacortina – un Saten e un Brut ‘61 – si riceverà una card dedicata al progetto che dà diritto a uno dei 1000 alberi piantati dai Berlucchi.
L’azienda Arnaldo Caprai è un nome noto nel mondo per il Sagrantino e per il forte attaccamento alla terra dove nasce, ovvero l’Umbria, che è anche il centro di una “green revolution” che la cantina sta portando avanti. Questo nuovo prodotto, la bollicina, si inserisce in questo progetto: 20 mesi sui lieviti, metà Chardonnay metà Pinot Nero, un bel bilanciamento tra la frutta bianca dell’uva a bacca bianca e il nerbo dato dal Pinot.
È ormai sdoganata da tempo la credenza che la Sicilia non sia terra di bollicine: anzi, sono sempre più numerose le aziende che hanno in gamma uno spumante. Planeta ha deciso di usare per la sua prima – e unica – bolla, l’uva dell’Etna, il Carricante ,e di realizzarla a 800 metri di altezza. Un Metodo Classico dunque di “montagna” anche se vulcanica. Una profumazione tenue che preferisce lasciar spazio a note più minerali che floreali o fruttate. Un sorso davvero lungo.
Non solo Chardonay e Pinot noir, ma tanti vini frizzanti da uve autoctone: Prié Blanc, Erbaluce, Gaglioppo e molte altre ancora. Negli ultimi anni l'Italia sta sviluppando una grande varietà di produzioni che si concentrano sulle cultivar locali: se volete proporre delle bollicine legate al territorio di produzione ecco i nostri suggerimenti.
Brindisi ad alta quota con questa bottiglia valdostana. Pensate che il Prié Blanc, l’uva con cui si fa questa etichetta, viene coltivata a 1200 metri di altezza, spingendo la viticoltura alle sue possibilità estreme. Il risultato è un calice dal succo dritto e tagliente, che ricorda la salvia ma anche il balsamico dei boschi.
Ebbene sì, anche la Calabria ha le sue bollicine. La storica cantina Librandi ha messo in gioco l’uva Gaglioppo, il vitigno che più autoctono non si può. Il nome richiama il fiume Neto che attraversa la zona d’elezione del brand calabrese. È di un rosa abbastanza intenso e ha la succosità dell’uva rossa di partenza.
Poteva mancare un Prosecco? Assolutamente no. Però attenzione, quella di Asolo è una denominazione davvero piccola rispetto a quella gigante della Doc e Case Paolin lavora su rese basse. Una bollicina davvero aggraziata, delicata nei profumi come nella persistenza in bocca, con un finale balsamico molto piacevole.
Orsolani nel Canavese vuol dire Erbaluce. In più di un secolo di storia la famiglia ha raccontato questo vitigno autoctono in tutti i modi possibili, metodo classico compreso. Nella bottiglia troviamo erbe aromatiche, menta, anice e leggera crosta di pane data dalla permanenza sui lieviti per 36 mesi.
Ancora in Franciacorta ma questa volta per assaggiare un Pinot Bianco, cosa ormai alquanto rara nel territorio bresciano, ma che per quest’azienda è sempre stato un biglietto da visita importante. Infatti per i suoi primi 40 anni si è dedicata questo metodo classico che sa di biancospino e di Pan di Spagna, con un finale sapido che sferza il sorso.
Le grandi etichette dei piccoli produttori italiani: l'ideale per sorprendere i vostri commensali con bottiglie poco conosciute e dal profilo particolare.
Gli spumanti Nicola Gatta nascono dalle classiche uve della Franciacorta, Chardonnay e Pinot Nero, coltivate a circa 400 metri di altitudine su colline di matrice calcarea nel comune di Gussago. I tempi di affinamento vengono tradotti in lune, seguendo i tempi della natura e della terra. Il 40 mesi o lune dona sentori di cedro, limoni, fiori d'acacia e sfumature di mandorla.
Siamo a Marsala dove l’uva del territorio è il Grillo, base anche dei famosi Marsala della cantina De Bartoli. Fermentazione e affinamento avvengono sia in acciaio sia in legno. Un vino che si rifà alla migliore tradizione champenoise francese ma che ha tutte le caratteristiche della solarità mediterranea con profumi di ginestra, agrumi canditi e frutta gialla matura.
Un’uva che più di tanti altri autoctoni si presta bene alla spumantizzazione è il Pignoletto romagnolo. L’interpretazione che ne dà la Tenuta Biodinamica Mara è un vino da bere subito con un metodo di spumantizzazione veloce, che mantiene integre le caratteristiche organolettiche dell’uva. Infatti il frutto e succoso e vivace, sa di pesca e pera e ha un finale davvero importante grazie all'acidità.
Siamo nel Parmense, nella zona di produzione del Parmigiano Reggiano. Qui a Traversetolo questa azienda porta avanti un attento approccio biologico. L’uva scelta è la Malvasia di Candia aromatica che, spumantizzata con metodo charmat, mantiene integri i profumi di fiori bianchi, mela verde, camomilla e timo. Una scelta adatta a chi ama le bollicine leggermente abboccate.
Nel cuore del Cilento, a Torchiara, la cantina Casebianche lavora all’interno di un parco nazionale unico per biodiversità. Anche i vigneti dell’azienda sono circondati da ulivi, fichi e agrumi. Tra le uve autoctone c’è il Fiano che qui troviamo lavorato secondo il metodo ancestrale – una rifermentazione in bottiglia sui lieviti, senza sboccatura (senza l’eliminazione finale dei lieviti stessi). Una bollicina vivace e vibrante che sa di agrumi e mela verde, mandarino e lavanda. Non lasciatevi spaventare dalle velature torbide: il metodo ancestrale è così.