Tra le molte eccellenze casearie italiane il pecorino è una delle più amate. Prodotto principalmente con il metodo della pastorizzazione (ma si prepara anche con il latte crudo), è un formaggio iconico che assume sfumature diverse in base alla regione di appartenenza.
Esistono circa 487 varietà di formaggi in Italia tra freschi spalmabili e stagionati, ma sono pochi quelli diventati iconici come il pecorino, uno dei prodotti caseari più amati e apprezzati della gastronomia italiana. Si tratta di un formaggio a pasta dura o semidura, cotta, che viene realizzato usando il latte di pecora, già prodotto ai tempi dei Romani: lo si considera, infatti, uno dei primi formaggi inventati dall’uomo ed è persino citato nell’Odissea.
Il pecorino è amatissimo per il suo sapore intenso e inconfondibile che lo rende perfetto per essere gustato in purezza, ma deve molta della sua fama anche alle ricette iconiche di cui è protagonista: ti basta pensare alla triade romana carbonara, amatriciana, cacio e pepe, ma anche le golose seadas sarde. In Italia si produce pecorino soprattutto nelle regioni centro-meridionali e ogni territorio ha la sua personalissima versione di questo antico formaggio: esistono oltre 30 tipologie di pecorino differenti, di cui 9 vantano il marchio Dop (Denominazione di Origine Protetta), tutte varietà diverse tra loro che vantano caratteristiche uniche.
Esistono due metodi di lavorazione per produrre il pecorino, a prescindere dalla sua provenienza: la pastorizzazione e la tecnica a latte crudo. La pastorizzazione è la metodologia di produzione più diffusa e utilizzata perché consente di uccidere i batteri, motivo per cui non viene usata solo per il pecorino ma per la produzione casearia in generale.
Il latte di pecora viene portato alla temperatura di 72 °C per circa 15 secondi dopo aver aggiunto il caglio al latte, che serve a regolare la coagulazione per l’azione degli enzimi della chimosina, tutte molecole che servono a fare un formaggio. Una volta cagliata la forma si passa all’estrazione del formaggio e alla formatura negli appositi recipienti, oltre alla raccolta del siero che servirà poi a ottenere la ricotta.
A questo punto avviene la salatura, che a seconda del tipo di pecorino può avvenire in salamoia dentro una vasca con acqua e sale oppure a secco, cospargendo la forma dall’esterno con del sale. In tutti e due casi le forme riposano per 24 ore per poi essere sciacquate, ripulite e spostate nell’ambiente di stagionatura.
Quest’ultima fase è quella che varia di più a secondo della zona di produzione del pecorino: un tempo avveniva in cantine o grotte naturali (e in alcuni casi ancora si usa questa tecnica), oggi si svolge in ambienti refrigerati in cui le fasi di stagionatura possono essere seguite molto più precisamente e dura per un periodo variabile che cambia in base alla tipologia di pecorino.
La lavorazione a latte crudo è un metodo molto più complesso, che infatti non si usa per le produzioni industriali ma solo per piccole produzioni artigianali, e prevede che il latte non venga pastorizzato: viene solo scaldato per raggiungere la temperatura di cagliata (mai oltre i 36 °C) per poi essere lavorato con caglio e sale.
Questa particolare tecnica, che si può usare solo con latte munto da pochissimo, ha come vantaggio lo scioglimento dei volatili che invece si perdono con la pastorizzazione, motivo per cui questo tipo di pecorino ha gusto e sapore molto più intensi. Ha anche però degli svantaggi, perché mancando la pastorizzazione si rischia che i batteri "cattivi" prendano il sopravvento sui batteri "buoni" gonfiando la forma e avviando processi di fermentazione indesiderati. Questo vuol dire che produrre il pecorino a latte crudo è una scommessa e il risultato finale è sempre una grande incognita.
Come abbiamo accennato in Italia si contano un numero impressionante di tipologie di pecorino diverse, tutte a carattere strettamente locale. Alcune però spiccano particolarmente per tipo di materia prima usata, metodo di produzione e caratteristiche organolettiche: analizziamo le 9 varietà italiane di pecorino Dop.
La variante più conosciuta e apprezzata a livello globale è il Pecorino romano Dop, il pecorino più famoso d’Italia diventato iconico anche (ma non solo) per le ricette di cui è protagonista. È una variante che già esisteva in epoca Romana, così apprezzata da essere diffusa in tutto l’Impero anche grazie alla facilità di conservazione a lungo termine, motivo per cui i legionari portavano con loro questo formaggio nei lunghi spostamenti (lo racconta Virgilio).
A rendere “romano” questo tipo di pecorino sono le regole imposte dalla disciplinare, non la provenienza geografica, o almeno non più: pur essendo strettamente legato alla storia della Roma antica, infatti, il Pecorino romano Dop non si produce più nel Lazio. Solo l’1% del formaggio è lavorato nella sua regione d’origine, mentre al 2% è prodotto in Toscana e per ben il 97% viene prodotto in Sardegna. Si tratta di un cambiamento in atto già alla fine dell’Ottocento, quando i casari decisero di insediarsi sia in Sardegna che in Toscana grazie alle condizioni ideali che offrivano queste terre.
Per quanto riguarda le caratteristiche, per essere dichiarato Pecorino Romano il formaggio deve avere un peso variabile della forma tra i 20 e i 35 chili per un’altezza che va dai 25 ai 40 cm e una stagionatura di 5 mesi che gli conferisce il tradizionale gusto leggermente piccante.
Nonostante sia la principale produttrice di Pecorino Romano, lSardegna ha una sua versione del pecorino altrettanto celebre: è il Pecorino sardo Dop, un prodotto antico tramandato fino ai giorni nostri dai pastori sardi; proprio per questo, secondo disciplinare, può essere prodotto solo all'interno della regione. Attenzione a non confonderlo con il Pecorino romano perché sono due prodotti ben diversi sia a livello di lunghezza di stagionatura sia a livello di sapore. Il Pecorino Sardo, generalmente più delicato a livello di sapore, viene inoltre prodotto in due varianti: il pecorino dolce è stagionato appena 20 giorni, è granuloso e ha un sapore dolciastro, il pecorino maturo stagiona per 60 giorno e ha note più piccati, anche se comunque meno intense rispetto al Pecorino Romano. Il Pecorino Sardo si ritrova in tantissime ricette sarde tradizionali, dal ripieno delle iconiche seadas fino ai malloreddus al pecorino e ai culurgiones.
Citato da Plinio il Vecchio, secondo cui questo formaggio arriva direttamente dalla civiltà degli Etruschi, il Pecorino toscano Dop oggi è un vero vanto regionale. Proprio come il sardo, anche il Pecorino Toscano viene prodotto in due tipologie: il fresco ha una stagionatura dai 20 ai 60 giorni, ha un sapore dolce e pulito e un odore molto delicato per essere un pecorino, lo stagionato riposa per almeno 4 mesi, ha una pasta semidura e un odore più intenso, anche se rimane più delicato rispetto ad altre tipologie di pecorino. Proprio per la particolare dolcezza il Pecorino Toscano non manca mai nei taglieri misti per essere degustato in purezza.
Rimaniamo in Toscana per scoprire tutta la bontà del Pecorino delle Balze Volterrane, un formaggio Dop ricco di storia: le prime testimonianze risalgono al 1200, quando si chiamava “Ccacio Volterrano”. L’unicità di questo pecorino è legata al cardo selvatico, diventato il segreto della bontà di questa specialità toscana. Il Pecorino delle Balze Volterrane, infatti, è prodotto con caglio vegetale di cardo selvatico, estratto manualmente con una lunga e antica procedura. Dalla posta morbida e compatta ma dalla crosta dura, il formaggio assume proprio per via della sua lavorazione unica un forte retrogusto vegetale e un profumo molto persistente con sentori di piante aromatiche e fiori.
Non solo Pecorino Romano: il Lazio vanta un altro pecorino eccellente, il Pecorino di Picinisco Dop, formaggio tipico della Valle di Comino (provincia di Frosinone) e prodotto localmente, strettamente con latte di pecora Comisana e Massese che possono essere alimentate solo con le erbe del Parco Nazionale dell’Abruzzo. Crosta dura, forma cilindrica e pasta piccante sono solo alcune caratteristiche che rendono speciale il Pecorino di Picinisco, diventato un vero must del Frusinate soprattutto mangiato in purezza insieme a una fetta di pane casereccio.
La Calabria vanta un pecorino dalla storia nobile, un tempo appannaggio solo delle tavole dei più ricchi: è il Pecorino Crotonese Dop, citato per la prima volta nel 1586 in documento di acquisto di 278 pezzi di "Caso di Crotone" acquistati da un nobile napoletano. In questo testo il pecorino viene descritto come un prodotto molto raffinato, destinato solo ai palati più ricchi; nel corso del tempo poi il formaggio assume un pregio sempre maggiore, diventando uno dei prodotti più esportati del Meridione. Oggi il Pecorino Crotonese ha un costo decisamente più accessibile, ma la sua bontà e la sua fama sono rimaste intatte. Si produce in tre varianti: fresco, dalla crosta sottile, la pasta quasi cremosa e il sapore acidulo, semiduro, dalla consistenza più solida e dal sapore più spinto, e stagionato, che si distingue per il suo leggero retrogusto piccante. Gli ultimi due, avendo una pasta particolarmente compatta, si usano spesso a scaglie come il Parmigiano.
Il Pecorino Siciliano Dop ha una storia affascinante: sembra proprio che sia questa la variante citata nell’Odissea, quando Ulisse trova le forme di formaggio di pecora nella grotta di Polifemo. Secondo gli studi, infatti, la casa del gigante sarebbe stata collocata da Omero proprio in Sicilia, fattore che renderebbe questo pecorino il più antico d’Italia. In ogni caso è sicuro che esistesse già in epoca romana, perché Plinio il Vecchio lo inserisce come tra i migliori nella sua Naturalis Historia. A rendere davvero speciale il Pecorino Siciliano Dop è la lavorazione – il pecorino viene “cappato” con l’olio d’oliva – e il riposo della forma all’interno di canestri di giunco, motivo per cui la crosta è estremamente rugosa. Particolarissimo anche a livello di sapore e odore, che hanno una sfumatura speziata e quasi floreale.
Eccellenza calabrese, nello specifico della provincia di Vibo Valentia, il Pecorino del Monto Poro Dop è strettamente legato al territorio di produzione e infatti viene realizzato solo con il latte delle pecore locali allevato allo stato semi-brado. Tutto nella sua realizzazione è particolare: il formaggio stagiona da un minimo di 20 giorni fino a un massimo di 24 mesi, viene ottenuto da due mungiture, quella della mattina e quella della sera precedente, e ha un sapore particolarissimo, intenso e sapido, influenzato dall'alimentazione degli animali a base di pascoli di macchia mediterranea, fiori selvatici e fieno.
L’ultimo Dop italiano nel settore del pecorino è il prezioso Pecorino di Filiano, un formaggio strettamente legato alla sua regione di appartenenza, la Basilicata: può essere ottenuto solo da pecore di razza Gentile di Lucania e di Puglia, Leccese, Comisana, Sarda che vivono allo stato brado tra le colline lucane. La qualità del latte, la lavorazione manuale, il trattamento delle forme con olio extravergine d’oliva della Basilicata e aceto di vino, e la stagionatura di almeno 180 giorni in grotte di tufo o locali sotterranei rendono alla pasta del formaggio un sapore molto intenso e piccante.
Abbiamo compiuto un viaggio tra i tipi di pecorino più famosi e pregiati, ma come abbiamo spiegato in Italia ne esistono tantissimi altrettanto noti, amati e di valore. Di esempi ce ne sono tantissimi, tra i tanti ne citiamo quattro: