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26 Marzo 2024 15:00

Pastiera: con la crema pasticciera o senza?

La prima è più vellutata e delicata, mentre l'altra rustica e schietta: indaghiamo cosa cambia tra le due versioni in termini di preparazione, gusto e consistenza in vista della Pasqua.

A cura di Federica Palladini
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La pastiera è uno dei dolci più classici che viene associato alla Pasqua e che ormai ha varcato i confini partenopei, grazie ad amici, parenti, cooking show e Raffaele Giordano, che i fan della soap Un posto al sole sanno benissimo essere già pronto a prepararne in grande quantità per tutti i condomini di Palazzo Palladini. Realizzare un numero indefinito di pastiere e regalarle, infatti, non è un certo un rito inventato da una fiction, ma il modo più genuino per gustare ricette diverse da quella di famiglia, che di solito si tramanda e non si cambia. E così la domenica di Resurrezione, diventa il modo per scoprire che – forse – una vera e propria tavola della legge della pastiera non esiste (anche se quella della nonna resta la migliore), visto che pure celebri pasticceri come Pasquale Marigliano e Ciro Poppella hanno le “loro” alternative preferite.

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Una delle varianti che va per la maggiore rispetto all’originale è la pastiera con la crema pasticciera, dove l’unica differenza sostanziale nella preparazione è quella di unire al ripieno la celebre crema d’uova. Non è certo la prima volta che questo dolce vede una modifica negli ingredienti: ci sono la pastiera di riso tipica del Sannio, la pastiera con farina di mandorle, la pastiera al cioccolato, con cacao nell’impasto e gocce fondenti nel ripieno, così come ormai è stata collaudata la pastiera senza glutine, per chi soffre di intolleranza. Senza dimenticare anche un’altra variazione sul tema, la pastiera di pasta dolce, tipica di Torre del Greco e del Casertano. Restiamo quindi aperti alla novità con la crema pasticciera che, poi, tanto novità non è.

Quali sono le differenze tra pastiera con e senza crema?

Si potrebbe dire che la pastiera con la crema pasticciera vive all’ombra di qualche pregiudizio, soprattutto tra coloro che sono cresciuti con una torta considerata tradizionale, come a Napoli e dintorni. Dalle parti di Salerno e del Cilento, invece, non è raro imbattersi in pastiere che ne prevedono nel ripieno qualche cucchiaiata. Come si fa? Anche in questo caso non c’è un procedimento univoco, ma in generale si tratta di unire al grano cotto la ricotta lavorata con gli ingredienti tradizionali, uova, aromi, frutta candita, zucchero semolato ed estratto di vaniglia, mescolare bene e aggiungere la crema. C’è chi prima mette insieme il grano con la pasticciera e poi il resto, oppure chi tiene il cereale come ultimo passaggio da incorporare. Nota a margine: il grano si può pure in parte frullare, un’altra variabile non molto accettata dai puristi. Insomma, la “scienza” non sembra essere esatta.

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Com’è, quindi, questo dolce all’assaggio? La risposta, indubbiamente, è buono, ma diverso: la consistenza si rivela inevitabilmente più vellutata, meno rustica e più liscia, mentre il gusto è più delicato, in quanto si va a ingentilire e smorzare il sapore della ricotta di pecora. Non ci chiedere quale sia meglio: ognuno ha le sue radici, e qualche familiare potrebbe restarci male.

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Quello che i piatti non dicono
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