Si tratta di un pezzetto di impasto avanzato da una precedente preparazione che si utilizza come agente lievitante in una nuova ricetta: i vantaggi sul prodotto finito sono simili a quelli del lievito madre, come un gusto piacevolmente acidulo e una maggiore digeribilità.
Sappiamo che il mondo della panificazione artigianale è fatto di pochi ingredienti e gesti antichi: andare alla loro scoperta è sempre piacevole e interessante, soprattutto per chi ama mettere le mani in pasta home made, sfornando pani, pizze e focacce mentre sperimenta con farine e lieviti. Un metodo tradizionale molto diffuso quando in passato si faceva il pane in casa era conservare un po’ di impasto per usarlo in quello successivo: ecco cos’è la pasta di riporto, utilizzata dalle massaie di una volta (alcune nonne probabilmente possono testimoniare) come starter per nuove preparazioni. La pasta di riporto veniva scambiata tra vicine, una la teneva da parte e un’altra la prendeva, prelevando a sua volta un pezzetto di impasto per darlo a una terza persona: in questo modo si formava una catena di condivisione che creava comunità, oltre a prodotti da forno genuini e fragranti.
In napoletano la pasta di riporto è meglio nota come criscito, un termine che ne svela la funzione primaria, ovvero quella di agente lievitante, dato che si tratta a tutti gli effetti di un impasto pre-fermentato che dona un sapore lievemente acidulo, una bella alveolatura e maggiore digeribilità. Ma, attenzione, non stiamo parlando della pasta madre. Conosciamola meglio.
La pasta di riporto (abbreviata in PDR) è un impasto solitamente ottenuto miscelando farina di grano tenero o duro, acqua, lievito di birra o lievito madre e sale: può essere preparato appositamente per lo scopo di implementare un seguente impasto oppure, come succedeva tradizionalmente o capita in alcuni panifici e pizzerie, è una rimanenza che viene reimpiegata, in funzione anti spreco. Si tratta, in sostanza, di una pasta acidificata dove all’interno i lieviti e i batteri lattici presenti si sono già sviluppati e hanno proliferato. Come detto in precedenza, il suo principale compito è agire come starter naturale, introducendo nel nuovo impasto una serie di microrganismi che facilitano la lievitazione e migliorano il sapore e la consistenza.
Si usa soprattutto per la realizzazione di pane, pizza e focaccia di cui la ricetta prevede una bassa e media lievitazione (4-8 ore), in quanto il criscito ne accelera la maturazione, con il rischio di avere una materia difficile o impossibile da maneggiare (troppo elastica, ardua da stendere) e con un’elevata acidità se adoperata in quelle lunghe. Per questo è anche importante dosarne la quantità: di solito è meglio non superare il 20% del peso della farina totale prevista dalla ricetta. Il noto panificatore Fulvio Marino, per esempio, consiglia un massimo del 40%. Inoltre, la scelta del criscito, richiede alcune ulteriori cure, sempre per evitare conseguenze che rendono impossibile la lavorazione dell’impasto: è necessario ridurre la quantità di lievito in aggiunta, in quanto già presente nella pasta da riporto, così come quella del sale, che anch’esso figura il più delle volte tra gli ingredienti. I vantaggi su un prodotto finito realizzato in modo classico con il lievito di birra, invece, sono:
La domanda potrebbe sorgere spontanea. Che cosa cambia rispetto alla pasta madre? Quello che viene definito anche lievito madre è composto solo da un mix di farina e acqua che viene lasciata fermentare spontaneamente grazie ai microrganismi presenti nell'aria e nella farina stessa. Il risultato è un lievito naturale molto potente e aromatico, che può durare per anni se mantenuto correttamente con rinfreschi regolari. La pasta di riporto, invece, deriva da un impasto completo, che contiene già lievito di birra secco o fresco (quindi Saccharomyces cerevisiae) o pasta madre, acqua, sale e anche grassi, come per esempio l’olio extravergine d’oliva. Si apprezza per la sua capacità di accelerare la lievitazione, mentre la pasta madre regge bene le lievitazioni lunghe.
Scegliere la pasta di riporto consente di donare caratteristiche organolettiche vicine a quelle che si ottengono con il lievito madre, specialmente in ricette che non hanno bisogno di lunghi riposi e lavorazioni. Per questo, logica vorrebbe che non ci si “complicasse la vita” come succede con la pasta madre, che per sua natura deve vivere nel tempo, così da esprimersi al meglio. Il criscito, invece, per beneficiare di tutta la sua efficacia, è indicato usarlo entro le 12- 24 ore dopo la sua preparazione: fino a mezza giornata si può conservare in un contenitore di plastica con chiusura ermetica a temperatura ambiente in luogo fresco e asciutto. Se si prevede di utilizzarlo in seguito o quando si è in estate, con le alte temperature, è meglio riporlo in frigorifero, dove dura 3-4 giorni. Se si vuole prolungare il suo mantenimento, invece, proprio come per la pasta madre è necessario garantire l’attività della fermentazione con un rinfresco, aggiungendo farina e acqua: il rapporto più comune è quello di 1:1:0.5, dove per ogni parte di pasta di riporto si aggiunge una parte di farina e mezza parte di acqua.