Comunemente conosciuti come paccheri, a Napoli vengono pure chiamati schiaffoni. Per quale motivo e che cosa c'entrano i Greci? Alla scoperta dell'origine del nome di una pasta buonissima.
Paccheri, ma all'occorrenza pure schiaffoni. Se in gran parte dell'Italia questo particolare formato di pasta è conosciuto con il primo nome, all'ombra del Vesuvio chi volesse ordinare un piatto di paccheri può chiedere anche degli schiaffoni, senza timore di ricevere dal cameriere di turno una manata ‘Cannavacciuolo style‘ sulla schiena o peggio ancora in faccia. A Napoli e dintorni infatti si usa anche questo originale appellativo per indicare una delle paste più note e forse apprezzate a livello nazional popolare.
Alla carbonara probabilmente i paccheri danno il meglio di loro stessi, così come con frutti di mare oppure anche semplicemente con pomodoro, basilico e parmigiano. Ma per quale motivo hanno un nome così peculiare e perché vengono chiamati pure schiaffoni? All'origine di tutto, o quasi, ci sono gli antichi Greci, prima popolazione a insediarsi sulle coste dalle quali si può ammirare il Vesuvio e il golfo sottostante.
Non a caso a Napoli non è raro sentirsi dire "mo ti dò un pacchero", quando scherzosamente si minaccia una manata al malcapitato di turno. Questi due termini infatti sono spesso usati come sinonimo, interscambiabili tanto nel linguaggio popolare e di strada quanto in quello prettamente gastronomico e culinario. Va detto come il termine ‘pacchero' pare derivi dalla fusione di due termini greci “πας” (tutto) e “χειρ” (mano), traducibile come ‘a mano piena‘, una pacca per l'appunto.
Ma per quale motivo proprio tale nome? Questo ha origine dal caratteristico suono che emette la pasta quando viene versata nel piatto oppure mescolata nella pentola assieme a un sugo particolarmente liquido, in grado di esaltarne non solo il gusto ma pure il suono onomatopeico. Un rumore secco e deciso, per l'appunto, simile a quello di uno schiaffo. La fantasia dei napoletani ha fatto il resto: in passato tra l'altro non erano pochi i consumatori di questa pasta, anzi anticamente era il formato più consumato dai meno abbienti proprio per la sua capacità di saziare seppur con un numero ridotto di paccheri. Ne bastavano cinque o sei per sentirsi lo stomaco pieno.