Oggi sono conosciute come un dessert tipico, ma in origine venivano preparate senza l'aggiunta del miele e costituivano un sostanzioso pasto per i pastori nelle zone rurali della Sardegna.
Le seadas rappresentano uno dei dolci simbolo della tradizione culinaria sarda, un piatto che racconta la storia e la cultura di un’isola profondamente legata alle sue radici agro-pastorali. Si tratta di un scrigno di sfoglia friabile, che racchiude un cuore di formaggio, spesso pecorino sardo fresco, e che vengono servite con calde con il miele. Sebbene oggi siano considerate una prelibatezza da fine pasto, in origine nascevano come sostanzioso piatto per i pastori durante le faticose giornate di lavoro. Oggi scopriamo la storia delle seadas, la loro evoluzione e alcune curiosità su questi dolci unici.
L’etimologia del termine seada è ancora oggi oggetto di dibattito. Una delle ipotesi più accreditate lo collega al verbo spagnolo cebar, che significa cibare o nutrire, risalente al periodo della dominazione spagnola della Sardegna, tra il Quattrocento e il Settecento. Secondo questa teoria, il nome rifletterebbe la funzione originaria del piatto come alimento nutriente e sostanzioso.
Un'altra interpretazione, sostenuta dal DES – Dizionario Etimologico Sardo – di Max Leopold Wagner, linguista ed etnografo tedesco che operò durante la prima metà del XX secolo, noto per i suoi studi sulle lingue romanze e la cultura sarda, suggerisce che il termine derivi dal latino sebum. In sardo, la parola seu si riferisce al grasso di origine animale, diverso dallo strutto di maiale, e potrebbe alludere all’uso del grasso nell'impasto originale della seada.
Esiste anche una terza ipotesi, meno accreditata, che collega il termine seada al cereale orzo (cebada in spagnolo), un riferimento che, sebbene interessante, non ha lo stesso peso storico delle altre interpretazioni.
Le seadas, conosciute anche come sebadas, seatta o sevada a seconda della zona, hanno origine nelle regioni interne della Sardegna. Le prime testimonianze scritte risalgono alla fine dell’Ottocento, ma si ritiene che questo piatto fosse conosciuto da secoli nelle comunità pastorali dell’isola. All'epoca, le seadas non venivano fritte nell'olio d'oliva, considerato troppo costoso, ma nel grasso animale, rendendole ancora più nutrienti e adatte al contesto agro-pastorale in cui nacquero. Come abbiamo accennato all'inizio, infatti, non erano considerate un dolce, ma un piatto principale, fatto con ingredienti semplici ma sostanziosi, come pecorino fresco, semola di grano duro e strutto.
La loro funzione era quella di fornire energia ai pastori durante le lunghe giornate di lavoro. Solo successivamente è stato introdotta la parte dolce, trasformando questo piatto rustico in un dessert apprezzato. Il miele, spesso di corbezzolo o castagno – due varietà tipiche della Sardegna – veniva utilizzato per bilanciare il sapore leggermente acidulato del pecorino fresco, creando un contrasto perfetto.
In Sardegna, le seadas variano leggermente da una zona all'altra e questo evidenzia la ricchezza delle tradizioni locali e la diversità degli ingredienti utilizzati. Tra le varianti più conosciute vi sono quelle della Barbagia, della Gallura e dell’Ogliastra, ognuna con caratteristiche distintive che le rendono uniche. Le differenze risiedono nella scelta del formaggio e del miele, nonché nella dimensione e nello spessore della pasta.
In Barbagia, ad esempio, la seada si presenta spesso in una versione più grande rispetto ad altre aree e viene preparata con pecorino fresco acidificato, il cui sapore deciso si sposa perfettamente con il miele di corbezzolo, tipico della zona. Questo contrasto rende questa variante particolarmente apprezzata per il suo gusto intenso e armonioso.
Diversa invece la preparazione in Gallura, invece, si predilige l'uso di formaggio vaccino fresco, che conferisce un sapore più delicato rispetto alla versione barbaricina. Qui il miele utilizzato è solitamente millefiori, che addolcisce ulteriormente il piatto. La sfoglia sottile e croccante dona alle seadas galluresi una leggerezza particolare, rendendole ideali anche per chi preferisce sapori più equilibrati.
Nell’Ogliastra, zona montuosa e ricca di tradizioni pastorali, le seadas si distinguono per un’acidificazione più marcata del formaggio, ottenuta lasciando riposare il pecorino per alcuni giorni. Il ripieno, dal sapore molto deciso, a volte è arricchito con uva sultanina ammollata, e si abbina perfettamente al miele di castagno, anch'esso intenso e leggermente amarognolo.
Le seadas, pur rimanendo fedeli alla tradizione, continuano a evolversi e a occupare un posto di rilievo nella cultura gastronomica sarda. Questo dolce è diventato un simbolo dell’isola, apprezzato sia in Sardegna che nel resto d’Italia, e rappresenta un patrimonio che va oltre la semplice ricetta. Nonostante la diffusione delle seadas anche nei ristoranti e pasticcerie, molti sardi preferiscono prepararle in casa:si tratta di un gesto di accoglienza e ospitalità. In alcune famiglie sarde, infatti, vengono ancora servite agli ospiti come segno di rispetto e benvenuto.
La ricetta, tramandata di generazione in generazione, è considerata un'arte che richiede tempo e dedizione. Il formaggio pecorino utilizzato per la preparazione delle seadas deve essere fresco e di ottima qualità, spesso prodotto con latte ovino sardo Dop. Anche il miele, per quanto non sia strettamente regolamentato, è preferibile che provenga da apicoltori locali, per rispettare la tradizione.