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5 Giugno 2024
10:30

Omega -3: quali sono i benefici e quali alimenti ne sono più ricchi

Amici del cuore e del cervello, gli omega-3 sono acidi grassi essenziali da introdurre necessariamente con la dieta. Scopriamo quali sono le loro funzioni, quali alimenti ne sono più ricchi e quali comportamenti possono davvero fare la differenza in termini di benefici. Con il contributo del dottor Simone Gabrielli.

A cura di Emanuela Bianconi
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Intervista a Dott. Simone Gabrielli
Biologo nutrizionista e divulgatore scientifico
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Gli omega-3 sono acidi grassi polinsaturi definiti "essenziali": dal momento che non riusciamo a produrli da soli, dobbiamo necessariamente introdurli con la dieta. Ma quali sono i loro benefici, è necessaria un'integrazione suppletiva o è sufficiente consumare quegli alimenti che ne sono più ricchi? Lo abbiamo chiesto al dottor Simone Gabrielli, biologo nutrizionista e divulgatore scientifico.

Prima di affrontare l'argomento in questione, è bene fare un piccolo passo indietro e chiarire cosa sono i lipidi: preziosi macronutrienti formati da una molecola di glicerolo, a cui sono unite tre molecole di acidi grassi, svolgono diverse funzioni fondamentali, come quella energetica, strutturale – è il caso del colesterolo, per esempio – ormonale e protettiva. Si distinguono in saturi e insaturi e quest'ultimi, a loro volta, in monoinsaturi e polinsaturi.

I grassi polinsaturi più conosciuti sono, appunto, gli omega-3 e gli omega-6: i primi, contenuti principalmente nel grasso del pesce, ma anche nelle noci e nei semi di lino, sono indispensabili per il mantenimento dell'integrità delle membrane cellulari; i secondi, invece, si trovano nella frutta secca, nei semi oleosi, in piccole quantità nei cereali e negli oli vegetali, come quello di girasole, colza e soia. A essere fondamentale per la salute non è il loro quantitativo in assoluto, ma il rapporto tra i due, che deve essere compreso tra 1:1 e 1:3.

Cosa significa? Che per ogni grammo di omega-3 si dovrebbero introdurre uno, due o tre grammi di omega-6. Studi recenti hanno, invece, evidenziato come l'alimentazione moderna sia fortemente squilibrata e che il rapporto sia mediamente di 1:10; colpa di una dieta povera di alimenti freschi e naturali, e di proteine ad alto valore biologico, provenienti da allevamenti intensivi (e non estensivi, come dovrebbe essere), ricca di cibi ultra-processati, realizzati con grassi idrogenati e zuccheri raffinati.

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I benefici degli omega-3

Sono tre i principali acidi grassi omega 3: l'acido alfa-linolenico (ALA), che contribuisce al mantenimento dei livelli normali di colesterolo nel sangue; l'acido eicosapentaneoico (EPA) e l'acido docosaesaenoico (DHA): quest'ultimi contribuiscono al normale funzionamento del cuore.

"Tutti e tre aiutano ad abbassare il colesterolo LDL, il cosiddetto ‘colesterolo cattivo', che, se in eccesso, tende ad aumentare il rischio cardiovascolare, mentre alzano il colesterolo HDL, quello ‘buono', che invece lo riduce", ci spiega il dottor Gabrielli.

Nello specifico gli ultimi due aiutano a mantenere sano il cuore e in particolare l'omega-3 DHA contribuisce al mantenimento della normale funzione cerebrale; se assunto durante la fase di gestazione, inoltre, concorre al normale sviluppo degli occhi e del cervello del feto e dei bambini, quando allattati al seno.

Gli omega-3 sono indispensabili per il mantenimento dell'integrità delle membrane cellulari, agiscono positivamente sul sistema cardiovascolare, migliorano alcune condizioni patologiche di origine infiammatoria, come l'artrite reumatoide, l'asma o la psoriasi, e agiscono nella prevenzione di malattie neuro-degenerative come il morbo di Alzheimer.

L'interesse per questa tipologia di grassi, ai fini salutistici, è iniziato intorno agli anni Settanta, quando furono condotte delle indagini alimentari sugli Inuit, popolazioni artiche di cui fanno parte gli eschimesi; queste stabilirono una correlazione tra elevato consumo di pesce grasso e protezione da malattie cardiovascolari.

Si scoprì, insomma, che gli acidi grassi polinsaturi contenuti in queste specie ittiche contribuivano a ridurre alcuni fattori di rischio strettamente riconducibili a eventi coronarici. Tale scoperta fece la fortuna dell'industria farmaceutica e di quella alimentare che iniziarono a produrre integratori e ad addizionare diversi prodotti alimentari, dalla margarina al latte, di grassi polinsaturi. Successivamente la questione fu ampiamente ridimensionata: a essere davvero decisivo non è il quantitativo assoluto di omega-3 e omega-6, bensì il rapporto esistente tra le due parti.

Per beneficiare appieno del potenziale antinfiammatorio degli alimenti, questo dovrebbe essere compreso tra 1:1 e 1:3, mentre, come già detto, è fortemente sbilanciato a causa di scelte alimentari poco consapevoli e stili di vita sbagliati.

"L'infiammazione – puntualizza il nostro esperto – è utile perché consente di eliminare patogeni e riparare i tessuti, ma, se costantemente attiva, non è un bene per il nostro corpo e a lungo andare potrebbero insorgere problemi. Assumendo il giusto quantitativo di omega-3, all'interno comunque di una dieta equilibrata, riusciamo a controllare meglio lo stato infiammatorio".

Gli alimenti più ricchi di omega-3

Protettivi soprattutto nei confronti del sistema cardiovascolare, gli acidi grassi omega-3 sono contenuti soprattutto nel pesce pescato e selvaggio, in particolare in quello che nuota nei mari freddi e nel Mediterraneo: quindi salmone, tonno, alici, acciughe, sarde, sardine, suri, pesce lama e sgombro; il pesce azzurro, inoltre, rispetto alle altre tipologie, è anche più economico.

Il pesce pescato si nutre di plancton, alghe e altri pesciolini, alimenti a loro volta ricchi di questi omega; al contrario, quello d'allevamento viene nutrito con sfarinati contenenti omega-6, altamente proinfiammatori.

Gli omega-3 sono contenuti in discrete quantità anche nelle noci, nei semi di chia e nei semi di lino; quest'ultimi devono essere utilizzati rigorosamente a crudo e mai in cottura; lo stesso dicasi per l'olio ricavato dal lino, da scegliere rigorosamente biologico e conservare in frigorifero e non a temperatura ambiente (in bottiglie di vetro scuro). Ne sono ottime fonti anche le alghe, il krill, da cui si ricavano supplementazioni vegane, e il latte grass-fed, prodotto da mucche che hanno pascolato liberamente alimentandosi di erba.

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I limiti degli omega-3

Nonostante le eccezionali proprietà benefiche, gli omega-3 presentano comunque dei limiti. Sono termolabili, per cui la cottura impoverisce l'alimento di cui ne è ricco, e fotosensibili: se prendiamo, per esempio, un integratore e lo lasciamo esposto alla luce, ne deterioriamo la qualità degli acidi grassi contenuti.

Gli omega-3 più efficaci a livello antinfiammatorio sono EPA e DHA, contenuti esclusivamente in pesci grossi e oceanici, ma lì sorge un'altra questione: questa tipologia di pesce proviene da acque più inquinate e, essendo predatrice, è anche più ricca di metalli pesanti. Senza contare anche i costi e i limiti organizzativi di una famiglia che dovrebbe portare in tavola il pesce almeno due, tre volte a settimana.

Le fonti vegetali di omega 3, dunque semi di chia, lino e noci, contengono una tipologia di omega-3 (ALA) che il corpo converte difficilmente nelle forme utili a livello antinfiammatorio (EPA e DHA); in questo caso si può optare per l'olio extravergine di lino, da consumare piuttosto velocemente.

Che fare dunque? Il consiglio è quello di concentrarsi sul rapporto tra gli omega-3 e gli omega-6, cercando di diminuire il consumo di quest'ultimi. Gli acidi grassi omega-6 sono contenuti nella componente lipidica di semi oleosi, frutta secca e cereali in chicchi: semi di girasole e di sesamo, soia, mandorle, nocciole, mais, arachidi, germe di grano…

La loro concentrazione è molto più elevata nell'olio di questi alimenti, quindi l'olio di semi di girasole, per esempio, ne avrà una quantità maggiore rispetto ai semi da sgranocchiare (questi contengono, infatti, anche altri micro e macronutrienti). Per tale ragione non dobbiamo temere la frutta secca, da consumare con moderazione e inserendola in maniera funzionale nei nostri pasti, ma dovremmo evitare il più possibile tutti quei cibi ultra processati, ricchi di oli e grassi vegetali.

Questi, sottoposti a cotture ad alte temperature o idrogenazione (come la margarina), rappresentano un rischio importante per la salute, aumentando l'infiammazione organica e i fattori di rischio di patologie cardiovascolari.

Cosa possiamo fare nel concreto per andare a correggere il più possibile questo rapporto? Leggere attentamente le etichette ed evitare i prodotti contenenti oli vegetali diversi dall'olio extravergine di oliva e quello di girasole alto oleico; usare in cucina solo l'olio extravergine di oliva, il burro da latte crudo (o il ghee) e l'olio extravergine di cocco; scegliere fonti proteiche di ottima qualità, provenienti da allevamenti estensivi, in particolare latte e derivati.

Dal momento che omega-3 e omega-6 sono dei grassi facilmente termolabili e fotosensibili, è preferibile consumare nel quotidiano frutta secca naturale e non tostata; se utilizzata per realizzare prodotti da forno e panificati, quindi, dobbiamo calcolare che una parte di questi si ossida e diventa pro-infiammatoria. Stessa cosa per il pesce: prediligiamo cotture gentili e dolci, come al vapore o al cartoccio, evitando la brace diretta o temperature troppo spinte e aggressive.

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A cura di
Emanuela Bianconi
Giornalista professionista dal 2013, sono una grande appassionata di tematiche legate al benessere e promotrice di un'alimentazione sana, naturale e "consapevole". Al punto che ne ho fatto un mestiere. Datemi una vellutata di zucca - ma anche un'ottima pizza napoletana - e mi renderete una donna felice.
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