Cosa significa quando leggiamo che l'olio extravergine di oliva è estratto a freddo e perché non è sinonimo, in termini assoluti, di un prodotto di qualità? Come viene ottenuto e qual è la temperatura indicata per legge? Ne abbiamo parlato con un produttore laziale.
Negli ultimi tempi abbiamo dedicato ampio spazio al mondo dell'olio extravergine di oliva. Come poterne riconoscere uno di qualità al supermercato (per quanto sarebbe sempre preferibile recarsi dal produttore), come capire se è buono assaggiandolo e a cosa stare attenti già in fase di acquisto. Abbiamo parlato della differenza tra olio non filtrato e olio per così dire convenzionale, e oggi affronteremo un altro tema. Il significato, cioè, della dicitura ‘estratto a freddo' posta spesso a caratteri cubitali sull'etichetta frontale della bottiglia. Da non prendere però, in termini assoluti, come sinonimo di qualità.
Tante persone probabilmente ci avranno fatto caso, molte altre lo considerano una discriminante essenziale tra un prodotto buono e invece uno da non valutare. A ben vedere, però, non è proprio così: anche un olio qualitativamente non buono, lavorato male, può vedersi apporre in etichetta questa dicitura. Basta soddisfare un preciso requisito.
Assieme a un produttore laziale (che recupera anche oliveti abbandonati) con il quale abbiamo parlato, Pierluigi Presciuttini dell'omonimo frantoio, proviamo a spiegare perché la dicitura ‘estratto a freddo' non sarebbe da considerare a livello assoluto un discrimen, un sinonimo incondizionato di olio di qualità. Specialmente in un periodo, come quello attuale, in cui i processi di estrazione dell’olio sono piuttosto mutati rispetto a qualche decennio fa.
La dicitura ‘estratto a freddo' può essere applicata solo se all’interno dell’intero processo di trasformazione non è mai stata superata la temperatura di 27 gradi.
Tutto è figlio di una legislazione riferita a quando i metodi di ottenimento dell'olio erano sostanzialmente due e ben differenti. Uno di questi era il metodo tradizionale, la spremitura a pressione cioè, l’altro quello per centrifugazione.
Nel primo caso non avvenivano grosse modificazioni di temperatura durante l’intero processo, proprio perché i frutti venivano semplicemente pressati (anche due volte, per ottenere più olio) e non c'era bisogno di surriscaldare la pasta di olive per far uscire il succo. Era un metodo tradizionale, per certi versi semplice, ma con la tecnologia che abbiamo oggi è diventato obsoleto, anche perché particolarmente sporco e poco igienico, potenzialmente veicolo anche di contaminazioni per il prodotto.
Nell’altro sistema, chiamato centrifugazione a tre fasi (tuttora in uso da alcuni produttori), invece, per estrarre l’olio viene aggiunta acqua. E proprio in questo caso interviene il discrimen tra un prodotto per così dire (semplifichiamo) estratto a caldo e uno estratto a freddo. Nel primo caso, nel corso del processo di estrazione, viene aggiunta acqua calda (orientativamente sui 50 gradi). Per quale motivo? Così facendo si ottiene una maggiore resa: più olio, a scapito però della qualità.
Con le alte temperature, infatti, si vanno a rovinare le proprietà del prodotto finito, alterandone il sapore e andando a eliminare la carica fenolica (i polifenoli, sostanze presenti nelle olive, sono potenti antiossidanti, benefici per la salute). Gli aspetti qualitativi e quantitativi dell'olio, infatti, sono influenzati dalla temperatura alla quale la pasta oleosa viene sottoposta a lavorazione. Di base è lo stesso motivo per cui un olio andrebbe conservato lontano da fonti di calore.
Più la temperatura è alta, quindi, più la pasta viene lavorata per più tempo e più si riesce a estrarre olio, a danno, tuttavia, del livello qualitativo finale. Nel caso in cui, invece, venga utilizzata acqua fredda (o comunque non calda, considerata tale per legge al di sotto dei 27 gradi), allora non ci sarebbe aumento di resa finale.
Il dualismo tra i sistemi di lavorazione era sostanzialmente questo: da una parte il metodo tradizionale (o spremitura a freddo, sì romantico ma non così igienico) oppure sistema centrifugo con l'eventualità (a totale discrezione del produttore) di estrazione a caldo. Per questo motivo, in estrema sintesi, è nata la dicitura ‘estratto a freddo', proprio per distinguere tra le varie modalità esistenti di ottenimento dell’olio.
In tutto ciò, però, a cosa serve l'acqua? Per quale motivo viene aggiunta durante il processo di estrazione (a tre fasi) dell'olio? Come ci spiega Pierluigi, l'acqua serve per separare meglio la parte oleosa da quella solida, perché nel processo di estrazione a tre fasi lavora una sorta di centrifuga capace di sfruttare il differente peso specifico dei diversi componenti del mosto oleoso. Così facendo l’acqua e la polpa si sistemano sul fondo mentre l’olio viene a galla. Perché con acqua calda c’è più resa? Perché l'alta temperatura garantisce una maggiore separazione delle varie componenti e l'ottenimento di più olio. Nel caso in cui venga utilizzata acqua fredda, allora, non ci sarebbe aumento di resa finale.
Al giorno d’oggi, però, esiste un'altra modalità di lavorazione delle olive ed estrazione dell'olio (e utilizzata anche da Pierluigi), vale a dire quella a due fasi. Per la quale non è nemmeno necessaria l'aggiunta di acqua durante il processo, e la qualità dell’olio (sempre qualora i frutti siano stati trattati dovutamente) viene preservata perché non c’è alcun surriscaldamento. Chi opera con il due fasi può affermare di lavorare a temperatura ambiente, quindi indicare in etichetta come un olio sia stato estratto a freddo, in questo caso, non ha nemmeno così tanto senso. Anche perché spesso la temperatura di estrazione (considerando il periodo dell’anno in cui viene lavorato l’olio, cioè quello autunnale) è anche nettamente al di sotto dei 27 gradi previsti per legge.
Il punto centrale di tutta la questione è però forse un altro. L’indicazione ‘estratto a freddo' presa da sola, come anticipato, non è da intendere come sinonimo assoluto di qualità. Se infatti le olive prima di essere lavorate vengono rovinate da un processo di raccolta poco attento o, peggio, da uno di lavorazione non consono, tutto andrà a discapito della bontà finale del prodotto. E l'olio finirà col rivelare evidenti difetti sia sensoriali sia gustativi. Nonostante ciò, però, qualora durante il processo di estrazione non siano stati superati i 27 gradi di temperatura, la dicitura ‘estratto a freddo’ comparirà allo stesso modo di un olio lavorato e ottenuto attraverso un procedimento ben eseguito.
In fase di acquisto al supermercato, in sostanza, troveremo oli extravergini di oliva segnalati come estratti a freddo, a 5 o 6 euro al litro, ottenuti da olive straniere, probabilmente difettati e non buoni. Allo stesso modo potremmo trovarne alcuni anche superiori ai 10 euro al litro, da frutti italiani, anche loro extravergini di oliva ed estratti a freddo. Questi però con spiccate qualità organolettiche e nutrizionali, proprio perché ottenuti attraverso un'attenta lavorazione. Entrambi, comunque, classificati in etichetta praticamente allo stesso modo, anche se all'interno della bottiglia ci sono due prodotti sostanzialmente differenti.
Per scegliere un olio di qualità, insomma, meglio non fare affidamento assoluto a questa informazione, ma considerare anche altri parametri illustrati in questo approfondimento. Il consiglio finale di Pierluigi poi è preciso: “Assaggiate sempre, siate voi i giudici finali di un prodotto. Non vi affidate ciecamente all’etichetta ma provate, sperimentate vari oli e siate voi a giudicare”. I consigli su come riconoscere un olio di qualità, dopotutto, li abbiamo già ampiamente illustrati.