Tra gli anni '70 e '80 si verificò un vero e proprio boom di merendine confezionate e bibite. Molte di loro non così salutari, ma una vera gioia per i ragazzini dell'epoca. Alla riscoperta di alcuni snack iconici del passato.
Bombe caloriche in grado di stendere un ippopotamo, merendine dalla quantità spropositata di zuccheri industriali e dagli ingredienti dalla discutibile qualità e provenienza. Gli snack del passato, usiamo un eufemismo, non erano di certo qualcosa di salutare, ma nonostante tutto oggi in tante persone suscitano ancora un senso di nostalgia. Di tempi che furono, a loro modo, unici.
In un periodo in cui i concetti di “bio” e “sostenibile” più che tabù erano termini praticamente sconosciuti, e quando l’etichetta era un’entità ancora ignota, di schifezze ne sono state ingerite, eccome. D’accordo, forse abbiamo un po’ esagerato nei termini in senso assoluto, ma ciò non toglie come gli anni '70 e '80 siano stati quelli del boom delle merendine confezionate (nel 1970 se ne producevano 40 mila tonnellate, 10 anni dopo 70 mila) e in un’epoca in cui non si badava alla dieta come oggi, il principio di corretta alimentazione si perdeva tra una partita con l’Atari 2600, una con il Forza 4, una radiocronaca di Tutto il Calcio Minuto per Minuto e una sfida a Indovina Chi.
Merendine ipercaloriche, zuccheri come se non ci fosse un domani, fiumi di olio di palma, snack e gelati dai colori psichedelici, quasi fosforescenti. Il migliore amico dei ragazzi sembrava essere il burro e il concetto di trash food era piuttosto lontano ancora dal venire affrontato. In quel periodo fu un vero delirio di merendine e cibi che sembrava facessero a gara a chi avesse più zuccheri, con i ragazzini (ahiloro) principali fruitori di snack che definire solo ipercalorici è forse riduttivo.
Molti alimenti che oggi non verrebbero nemmeno lontanamente presi in considerazione sono stati capaci, a loro modo, di lasciare una piccola traccia non solo nel cuore dei consumatori più assidui, ma con tutta probabilità anche nei loro denti. Per la felicità dei dentisti e nutrizionisti dell’epoca, chiamati a mettere una toppa ai danni causati dall'industria e dai suoi prodotti.
Iniziamo quindi questo viaggio calorico quanto ricco di zuccheri indietro nel tempo, alla (ri)scoperta di alcune delle merendine e bbite più in voga tra 40 e 50 anni fa. Chi se le ricorda tutte?
Nasce nel 1987 la cugina italiana della Coca Cola. A marchio San Pellegrino, la One o One fu la bevanda frizzante zuccherata che nelle intenzioni del produttore avrebbe dovuto essere l'alternativa "autarchica" (e senza caffeina) alle ben più famose Coca Cola e Pepsi. Non fu esattamente un successo: nonostante le prime analisi di mercato affermassero come il 52% degli interpellati preferisse la One o One agli altri due drink, i grossi investimenti pubblicitari non furono seguiti dal boom di vendite auspicato. Nonostante tutto, la produzione è cessata solo nel 2020.
Prodotte dalla Mulino Bianco, sono state tra le merendine più amate dai bambini degli anni '80. Biscotti al burro con una dolce glassa bianca a forma di volatili, vengono considerati i precursori dei Pan di Stelle. Le stelline degli attuali biscotti al cacao, infatti, sono composte della stessa glassa dei loro antenati.
Ancora a marchio Mulino Bianco, è stata una delle merendine più amate degli anni '80. Un quadrotto di pan di Spagna e crema al cacao, ricoperto da una glassa di cioccolato con l'iconico fiorellino cioccolatoso sopra. Nel 2010 all'Eurochocolate di Perugia ne fu realizzata una copia di 3 metri di grandezza, qualche mese fa la Mulino Bianco ne ha immesso sul mercato un'edizione limitata per la gioia di nostalgici quanto golosi quarantenni.
1987 l'anno di nascita degli Urrà Saiwa. Wafer ricoperto da cioccolato con all'interno 5 strati di cialda e crema. Ogni confezione comprendeva quattro di questi blocchi ipercalorici in grado probabilmente di poter soddisfare il fabbisogno giornaliero di un elefante.
Una bibita alla frutta (la prima in brick con la cannuccia) edulcorata e, già che c'eravamo, pure frizzante. La sua produzione venne avviata nei primi anni '80 nei gusti mela, arancia e pompelmo, anche se pare come di frutta ne avesse vista veramente poca. Coloranti e dolcificanti al tempo non erano in cima ai pensieri della gente, ecco spiegati quindi i fiumi di Billy ingurgitati dai ragazzini a quei tempi. Il prodotto fu ritirato a inizio anni '90, con alcune voci che definivano i coloranti al suo interno perfino cancerogeni.
Perché acquistare la marmellata nel barattolo di vetro quando la si poteva comprare direttamente confezionata in comodi mattoncini? Per i ragazzini degli anni '70 la merenda aveva forma e dimensioni dei fruttini prodotti dalla Zuegg: una sorta di piccola saponetta di marmellata all'interno di carta trasparente, da scartare e mordere direttamente senza nemmeno passare dal pane. Molto simili ai fruttini erano i cremifrutti di Althea, quadratini di marmellata alle mele cotogne vendute assieme a francobolli e figurine dei calciatori.