Schiscetta, una parola del dialetto milanese che indica il contenitore che serve per poter pranzare fuori casa, a scuola o al lavoro, ma anche il suo contenuto. Ma come si chiama nel resto del mondo?
Un oggetto di uso comune diventato sinonimo del suo contenitore: parliamo della schiscetta, il porta pranzo diventato negli anni simbolo di pasto fuori casa, al lavoro o a lezione. Un termine che deriva dal dialetto milanese, tuttora usato soprattutto nel Nord Italia ma non solo: portare la schiscetta vuol dire portarsi dietro il pasto della giornata. Molti non sanno che questo contenitore si usa in molte parti del mondo, con nomi ovviamente diversi.
Si tratta di una sineddoche, ovvero quella figura retorica in cui si usa la parte per definire il tutto o, in questo caso il contenitore che diventa sinonimo del contenuto: schiscetta, infatti, è un termine derivante dal dialetto milanese che indica il contenitore usato per trasporto e il consumo di pietanze già pronte o di alimenti da consumare crudi. Schiscetta deriva da schiscià, ovvero "schiacciare" in milanese, perché il cibo veniva appunto schiacciato nel contenitore.
Questo contenitore è stato prodotto in tante versioni diverse: forse la più celebre – e quella studiata appositamente per studenti e operai – è la schiscetta "2000", progettata da Renato Caimi e prodotta a partire dal 1952, diventando poi una vera e proprio icona del boom economico, tanto da essere anche esposta all'Ara Pacis. Negli anni la schiscetta ha assunto altri nomi anche sul nostro territorio – a dimostrazione del suo successo – come gavetta e marmitta, oppure barachin in dialetto piemontese, cavetta in quello siciliano, sparretta in marchigiano. Anche nel resto del mondo si usa il porta pranzo che noi chiamiamo schiscetta, soprattutto nei Paesi asiatici, dov'è molto comune portarsi il pranzo da casa a scuola o al lavoro.
Volendo appropriarci definitivamente dell'idea originale, cosa di cui non siamo assolutamente sicuri, possiamo dire che la schiscetta ha diversi corrispettivi stranieri, ovvero contenitori che sono stati appositamente pensati per portare il pranzo con sé. Dalla Corea all'Inghilterra, passando per Usa e Giappone sono tantissimi i portavivande che accompagnano le pause pranzo in tutto il mondo, raccontando – attraverso forme, sapori e profumi – le culture a cui appartengono.
Forse uno dei nomi più sentiti grazie al web, il lunch box è il contenitore per il pranzo dei Paesi anglosassoni. Solitamente in plastica, il lunch box ha una chiusura ermetica e spesso prevede vari scomparti per inserire diverse pietanze: fra le più quotate specialità da inserire nel lunch box non può certo mancare la Ceasar salad, ma anche sandwich e panini di vario tipo.
Altrettanto famoso, ma in questo caso per via dei cartoni animati, il bentō box giapponese. La parola bento, in giapponese, può indicare sia il contenitore sia un pasto preconfezionato e venduto pronto da mangiare. Nigiri, onigiri, tofu, tamagoyaki, il bento può contenere tante specialità e viene sempre confezionato in modo da creare un pacchetto gradevole, studiando le combinazioni di colore dei cibi e la maniera di affiancarli, quindi coordinando vassoio, bacchette, pietanze e tovaglietta.
La pausa pranzo dei lavoratori e degli studenti coreani è allietato dal dosirak: anche in questo casi si può preparare a casa o trovare già confezionato nei supermercati, nelle botteghe, presso le stazioni di treni o bus. Può essere di plastica, di metallo o di legno e può contenere varie pietanze tipiche della cucina coreanea, come il kimchi o il gyeran-ppang, il tutto accompagnato dal riso locale lessato.
Se ti trovi in India e vuoi gustare un buon dahal o un biryani a pranzo lo potrai trovare all'interno del tuo tiffin carrier. La schiscetta indiana viene preparata in casa oppure direttamente dai ristoranti e, in questo secondo caso, consegnato dai riders locali, chiamati dabbawalas. I contenitori sono metallici e cilidrici – spesso dipinti o decorati in modo molto elegante – così da poter impilare le varie pietanze, mantenendo il calore a tutti li livelli.
Usato soprattutto dagli studenti che trascorrono tutto il giorno a scuola, ma anche dai lavoratori, nelle Filippine il contenitore da portare con sé per il pranzo si chiama baon. Può essere di vari materiali, ma deve essere ermetico e robusto, per adattarsi alle temperature e all'umidità del clima filippino, che tende a far andare a male i cibi cotti abbastanza in fretta. Cosa ci mettono dentro al baon i filippini? Il tortang dulong, la tipica frittata filippina, il chao fan, il riso fritto riciclato dal giorno precedente, il pinoy shawarma rice, simile al kebab con l'aggiunta del riso, il pulutok, piatto agrodolce a base di interiora di maiale stufate.
Restiamo ancora in Asia per una schiscetta che si usa in Cina e a Taiwan, il bian dang. All'interno di questo box troverete sicuramente del pollo, uno dei piatti più amati da portare al lavoro, che si tratti di pollo alle mandorle, fritto o in agrodolce, ma anche involtini di verdure, noodles, riso, cavolo e piatti a base di bambù e funghi shitake.