Gli agenti lievitanti che si impiegano in cucina non sono tutti uguali: la pasta madre e quello di birra sono due lieviti naturali tra i più popolari, ma esistono anche quelli chimici, impiegati soprattutto nei dolci. Andiamo alla loro scoperta.
Da secoli, i lieviti sono un “ingrediente” fondamentale in cucina. Il loro compito principale? Far letteralmente lievitare preparati dolci e salati, ottenendo sofficità e leggerezza in molte ricette da forno, a partire da quelle del pane. Esistono due macro categorie di lieviti: quelli naturali e quelli chimici. I primi sono organismi viventi – funghi, lieviti e batteri – che si nutrono degli zuccheri presenti negli impasti, producendo anidride carbonica. I secondi, invece, sono composti che reagiscono chimicamente con gli altri ingredienti, rilasciando gas che gonfiano la massa. Entrambi sono largamente utilizzati, ma differiscono significativamente per origine, funzionamento e utilizzo. Conosciamoli meglio.
I lieviti naturali, particolarmente amati nella panificazione per realizzare pane, pizze e focacce, comprendono il lievito di birra e il lievito madre. Il lievito di birra agisce velocemente, ed è quello più comune, disponibile sia fresco che secco, facilmente reperibile al supermercato. Il lievito madre, invece, è un composto di farina e acqua fermentato naturalmente da lieviti e batteri presenti nell'ambiente, che conferisce al prodotto finale un sapore più complesso e una prolungata fragranza. Questi lieviti richiedono generalmente tempi di lievitazione più lunghi e condizioni precise per lavorare efficacemente (basta pensare all’idratazione e il riposo), ma offrono un controllo maggiore sul processo e un risultato di qualità. I lieviti chimici, come il bicarbonato di sodio e il cremor tartaro, agiscono invece attraverso reazioni chimiche che producono gas, generalmente anidride carbonica. A differenza dei lieviti naturali non necessitano di tempi di fermentazione prolungati, e la loro azione è quasi immediata una volta attivati. Questo li rende ideali per preparazioni che richiedono una lievitazione rapida, ed è per questo che si usano soprattutto nei dolci, come le classiche torte da credenza e i biscotti.
Tra i lieviti naturali si distinguono in particolare il lievito di birra e il lievito madre, entrambi molto popolari. Più di nicchia, invece, sono il kefir e l’acqua fermentata. Tutti sono accomunati dall’essere degli organismi viventi che fermentando fanno crescere il volume degli impasti.
Conosciuto anche come pasta madre, si tratta di una coltura di farina e acqua fermentata attraverso l’azione di microrganismi, che si distinguono in lieviti e batteri lattici. Richiede una cura e un’alimentazione regolari (i cosiddetti rinfreschi), e offre un sapore unico e una migliore digeribilità. Il lievito madre è spesso usato nella panificazione artigianale e può essere compatto o in versione liquida, conosciuto come li.co.li (lievito in coltura liquida).
Il lievito di birra è un fungo unicellulare (il Saccharomyces cerevisiae) che si riproduce rapidamente, originando anidride carbonica. Si trova in due versioni: fresco è venduto in panetti e deve essere conservato in frigorifero, mentre secco si presenta in una polvere granulare disidratata, acquistabile in bustine. Quest’ultimo deve essere riattivato in acqua prima dell'uso, mentre quello fresco si può sbriciolare direttamente nell’impasto.
Il kefir è una bevanda fermentata a base di latte o acqua. I suoi granuli contengono una combinazione di batteri lattici e lieviti che possono essere utilizzati per fermentare impasti, offrendo un sapore leggermente acidulo e una consistenza soffice. Il kefir è utilizzato principalmente in prodotti da forno come pane e dolci.
L'acqua madre, o acqua fermentata, è un lievito completamente naturale che è possibile preparare facilmente in casa e che è utilizzabile al posto del lievito di birra. Si tratta di un prodotto che per essere preparato richiede pochi ingredienti ed un procedimento molto semplice. Servono, infatti, acqua, zucchero o miele e frutta secca o fresca per ottenere un prodotto che concede gli stessi risultati del lievito di birra.
I lieviti chimici sono ugualmente molto impiegati in cucina e nell’industria alimentare come additivi alimentari soprattutto in campo dolciario. Si tratta di una lievitazione dove non c’è fermentazione, ma il gonfiarsi di torte, plumcake o soufflé avviene durante la cottura in forno. Di seguito, i più utilizzati.
Si usa prevalentemente in pasticceria ed è un agente lievitante noto per la sua capacità di rilasciare gas in modo “esplosivo” quando riscaldato (si distingue come additivo alimentare E503). È ideale per prodotti che richiedono una veloce espansione, come biscotti o cracker, ma deve essere dosato con cautela poiché può lasciare un sapore amaro se non completamente evaporato.
Siamo di fronte a uno dei lieviti chimici più comuni, ammesso tra gli additivi sotto il codice di E500. Il bicarbonato di sodio necessita di un acido (come yogurt o succo di agrumi) per attivarsi. Questa reazione produce anidride carbonica, che gonfia l'impasto. È un boost essenziale in molte ricette di torte, muffin e pancake, dove l'azione rapida e l'assenza di retrogusto lo rendono l’alleato perfetto.
Questo sale di potassio dell'acido tartarico è spesso utilizzato in combinazione con il bicarbonato di sodio per formare il lievito chimico noto come lievito in polvere (come additivo alimentare è riconosciuto con la sigla E336). Il cremor tartaro stabilizza gli albumi montati e impedisce la cristallizzazione dello zucchero, risultando un aiuto nella preparazione di meringhe e soufflé dolci e salati.