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3 Gennaio 2025 10:44

Non solo cacao: anche il burro in forte aumento in tutta Europa

Gli aumenti del prezzo del burro, soprattutto in Paesi come Slovacchia e Germania, ma anche in Italia, sarebbe dovuto al drastico calo di produzione di latte da parte dei maggior esportatori, Stati Uniti e Nuova Zelanda in primis.

A cura di Francesca Fiore
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Gli aumenti delle materie prime e dei prodotti alimentari hanno accompagnato il 2024 e lo faranno di certo anche nel 2025: dopo i rincari record del cacao, oggi parliamo di burro. Già, perché l'alimento base di miriadi di ricette come ciambelloni, croissant, torte di vario tipo ma anche di piatti salati, ha visto aumentare il suo prezzo in media del 19% nel periodo compreso tra ottobre 2023 e ottobre 2024 in tutta Europa. Dopo una lievissima flessione dell'aumento a cavallo dell'anno nuovo, sono attesi nuovi aumenti per il 2025.

Crisi del burro: la colpa è della mancanza di latte

Gli aumenti sul prezzo del burro hanno colpito soprattutto Paesi del centro e dell'est Europa che per tradizione ne fanno grande uso: Slovacchia in primis, con un + 49%, seguita dalla della Germania e della Repubblica Ceca, entrambe con un aumento del 40%. Per quanto riguarda l'Italia, dopo aumenti record che hanno toccato il 50% a dicembre, a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno abbiamo registrato un leggero calo dell'aumento, stabilizzandoci poi al 44%. In Polonia, Paese che ne conserva una scorta nelle sue riserve strategiche, il governo ha da poco annunciato il rilascio di un migliaio di tonnellate nel mercato in modo da aiutare la stabilizzazione dei prezzi.

Le motivazioni della crisi del burro sono da collegare a un calo di produzione importante della sua materia prima: il latte. Secondo l’economista Mariusz Dziwulski, analista del mercato alimentare e agricolo presso la Pko Bank Polski di Varsavia, il problema è il drastico calo di produzione di latte su scala globale dei maggiori esportatori, in primis USA e Nuova Zelanda, cosa che ha portato a una grave carenza di questa materia prima e di conseguenza, a un aumento del prezzo del burro. Il burro europeo, inoltre ha un livello di grassi superiore a quello del resto del mondo, anche per questo viene colpito in modo più importante da questa crisi. Venduto in confezioni standard, si sottrae anche alla logica – distorta – della shrinkflation.

Naturalmente tutto questo parte da fenomeni globali estremi come la siccità, come ha sottolineato anche Dziwulski: tutto questo ha spinto i produttori di latte dell'Ue a produrre più formaggio, perché il formaggio offre una migliore redditività, contribuendo così al calo della produzione generale di burro. Secondo Dziwulski, anche un'epidemia di lingua blu, una malattia virale trasmessa da insetti che è innocua per gli esseri umani ma può essere fatale per pecore, mucche e capre, potrebbe aver giocato e dover giocare ancora in futuro un ruolo importante.

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L'Italia al riparo grazie all'olio d'oliva

Secondo la società di analisi del mercato lattiero-caseario CLAL, dall'anno scorso il costo del burro è aumentato in media del 44% in Italia. La tradizione italiana, come sappiamo, è mista: al Sud e in parte del Centro si usa l'olio extravergine d'oliva per condire e cucinare, mentre nelle regioni del Nord si usa più il burro: siamo, infatti, il settimo produttore europeo di burro. Questo ci mette parzialmente al riparo dalle conseguenze dei rincari del burro, ma sappiamo bene che anche l'olio extravergine è stato funestato da aumenti di prezzi e problemi produttivi negli ultimi anni.

Forse a essere più spaventata da questi aumento è la Francia: per quanto le sue quotazioni (+25%) non abbiano toccato i picchi di Slovenia o Germania, si tratta di un prodotto talmente importante per l'economia gastronomica francese da creare allarmismi, abbastanza fondati del resto.

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Quello che i piatti non dicono
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