Dai locali che non ammettono l'ingresso ai bambini a quelli in cui non vengono serviti i politici. Dai ristoranti in cui non è permesso usare smartphone a quelli che non vogliono critici gastronomici. Alla scoperta dei divieti più "strambi".
Al ristorante può sembrare un’ingiustizia l’impossibilità di fare conti separati per persone dello stesso tavolo? È parso allo stesso modo un torto il cartello, fuori la porta di un locale, con il quale si vietava incondizionamente l’ingresso ai cani? Nulla a confronto di ben altre limitazioni scovate negli ultimi anni tra ristoranti italiani e internazionali.
Nei giorni scorsi ha fatto notizia la decisione da parte del Governo spagnolo di istituire una legge che vietasse, a chi non fosse in indumenti consoni, l’accesso ristoranti nelle località turistiche del Paese. Un provvedimento comprensibile e giustificato, che ci ha fatto però pensare a quali potessero essere i divieti più strani e assurdi per impedire l’ingresso nei locali a potenziali clienti.
Spulciando un po’ sul web, se ne sono trovati di davvero curiosi. Dai ristoratori che non gradiscono accogliere critici gastronomici a quelli che proprio non vogliono bambini, scopriamo alcuni dei divieti più strani e particolari in giro per il mondo.
Parafrasando l’iconica citazione di Gandalf ne Il Signore degli Anelli, “Tu non puoi passare”, inoltriamoci nel mondo dei più assurdi divieti affissi fuori dai ristoranti. Italiani e internazionali. “Tu non puoi entrare”, direbbe qualche ristoratore con fare minaccioso e sguardo torvo sulla soglia del suo locale alla vista di gente non gradita.
Alcuni ristoranti farebbero di tutto pur di essere citati tra le pagine delle guide gastronomiche, altri invece non ne vogliono proprio sapere di assoggettarsi al giudizio di giornalisti e critici. Bisogna tornare indietro di qualche anno, al 2011, quando Gabriele Bonci espose un inequivocabile cartello fuori dal suo locale in cui vietava l’ingresso a fini di critica a ispettori di guide gastronomiche.
“Niente cellulari o smartphone a tavola”. Nell’epoca dei social questo divieto sembra un po’ anacronistico, ma evidentemente ci sono ancora dei ristoratori che hanno piacere che nel loro locale si continuassero a coltivare, come una volta, le relazioni personali. Senza nessun device a guastare l’atmosfera di convivialità. Solo per fare un esempio Valeria Piccini, nel suo ristorante bistellato Da Caino, invita i clienti ad astenersi dall’uso di telefoni cellulari. Meno materiale, insomma, per i social dei commensali.
C’è chi non vuole politici nel proprio locale. Alcuni ristoranti infatti hanno interdetto l’accesso agli esponenti della cosa pubblica in segno di protesta verso la categoria. Tra gli esempi più recenti quello della trattoria da Burde, a Firenze, risalente al febbraio del 2021 in piena emergenza Covid. “… ci sentiamo dimenticati – la protesta dei proprietari – Non si può aprire e chiudere da un giorno all’altro. Finché non ci ascoltano, qui non li serviamo più”. Negli anni passati, comunque, sono stati vari i casi simili in molte zone d’Italia.
C’è chi, in segno di protesta, non ammette politici nel proprio ristorante. C’è chi, per mantenere un certo livello di quiete e calma nel locale, non consente invece l’accesso ai bambini. Un provvedimento, insomma, per garantire relax e un paio d’ore di tranquillità ai clienti adulti. Un fenomeno in crescita in tutta Europa quello dei ristoranti childfree (in particolar modo Germania e Gran Bretagna), mentre negli Stati Uniti è da tempo una pratica diffusa e accettata dalla gente.
Un divieto fortunatamente non più in uso, ma fino a 50-60 anni fa non era raro trovare vari ristoranti al Nord Italia vietare l’ingresso a persone provenienti dal meridione, in quanto non viste di buon occhio.
Bisogna volare negli Stati Uniti, in Virginia, per trovare un ristorante di sushi che vieta l’ingresso ai minorenni. Il principio è lo stesso dei locali childfree: accogliere solamente gli adulti permette un clima di maggiore silenzio, relax e tranquillità in cui i clienti possano sentirsi a proprio agio.