L'uovo centenario è una specialità gastronomica che arriva dalla Cina di epoca Ming. È frutto di una fermentazione (della durata di poco più di 3 mesi) in una soluzione a base di acqua, sale, carbone e ossido di calcio, che gli conferisce un colore nero trasparente e una consistenza gelatinosa. Non è decisamente un alimento che si mangia con gli occhi, ma i cinesi lo considerano una vera prelibatezza.
Sembra uscito da un manga giapponese, o da qualche film di animazione del Paese del Sol Levante, frutto magari della fantasia di Hayao Miyazaki. Effettivamente la sua origine è asiatica, ma la sua tradizione affonda radici profonde nella storia della Cina. All'appello risponde al nome di uovo centenario, e probabilmente pochi di voi lo avranno visto (e ancor di meno consumato) in vita loro. Si tratta di un prodotto dal nome certo suggestivo, ma dal colore sicuramente meno affascinante, che rappresenta tuttavia una delle specialità gastronomiche di molte regioni cinesi. L'appellativo di "centenario" indubbiamente è evocativo e attira la curiosità di molti, che si domandano come effettivamente possa essere “centenario” un prodotto di così facile deperimento, che in casa dobbiamo essere veloci a consumare prima che sia troppo tardi.
State tranquilli, l’uovo in questione non ha travalicato nessun secolo rinchiuso in chissà quale capsula del tempo: nessuna Delorean è stata utilizzata per portarlo ai giorni nostri da un passato lontano ma, al massimo, il nostro ovetto ha trascorso un periodo di poco superiore ai tre mesi in una soluzione particolare per compiere la sua evoluzione sia visiva sia gustativa. L’iperbole legata al suo nome ha contribuito sicuramente a rendere quasi “leggendario” questo alimento, che nella tradizione gastronomica cinese risalirebbe almeno a cinque secoli fa.
Probabilmente qualcuno di voi l’avrà anche visto durante l’ultima edizione di Masterchef, quando in una delle puntate iniziali si rivelò fatale per Irish, concorrente ritenuto nelle fasi iniziali del programma tra i favoriti per la vittoria finale. La poca conoscenza di questo prodotto, di certo inedito nella nostra cucina, unita alla difficoltà di utilizzo per un sapore molto spiccato e pungente, si è rivelata una trappola per l’aspirante chef veneto, caduto vittima dell'ingrediente portato in gara da Stella Shi, giovane chef punto di riferimento della cucina cinese a Roma.
Se è vero il detto che, anche a tavola, l'occhio vuole la sua parte, l'uovo centenario ne rappresenta forse l'eccezione più emblematica. Alla vista potrebbe far rabbrividire: tolto il guscio di colore grigio l'uovo si presenta in una massa quasi gelatinosa, della consistenza simile a quella di un budino, semi trasparente e molto scura, che non invoglia sicuramente all’assaggio. I cinesi, però, confessano come questa sia una prelibatezza della loro cucina. Inutile dire che per noi, abituati al candore delle uova, vederle “vestite a lutto” fa sicuramente un certo effetto, quasi di riluttanza o di rifiuto, e non tutti hanno il coraggio di assaporarlo dissuasi da un odore decisamente forte.
Il bianco, cioè quello che un tempo era l’albume, per effetto della fermentazione diventa nero, mentre il tuorlo si fa tra il verde scuro e il grigio opaco: non proprio le migliori sfumature cromatiche che attribuiremmo a una specialità culinaria. L’odore da alcuni viene definito quasi spaventoso, tra il sulfureo e il marcio, e nonostante al palato sappia più di uovo di quanto non lo sembri all’occhio di certo non incontra il favore, e il gusto, della massa. Almeno in Occidente.
La particolarità è più legata al sapore del tuorlo, dalla consistenza a metà tra il cremoso e il gelatinoso, che rimanda al gusto di alcuni formaggi, per lo più erborinati, come il gorgonzola. Nella sua interezza l'uovo si può mangiare o in “purezza”, oppure all’interno di minestre, zuppe o, ancora, accompagnato dal tofu: secondo una leggenda cinese consumandone solamente uno si allungherebbe la vita di 7 anni.
La scoperta dell’uovo centenario fu, stando ai racconti che circolano in Cina, totalmente casuale. Delle anatre allevate da un contadino, all’epoca della dinastia Ming (tra il 1300 e il 1600), deposero e “abbandonarono” alcune uova nella calce viva. Dopo varie settimane l’uomo le scoprì e le “riesumò”, assistendo a quello che era successo all’interno del guscio. L’uovo si era solidificato, quasi come se fosse sodo, e allo stesso tempo annerito per effetto della fermentazione. Spinto da una buona dose di curiosità, nonché di coraggio, il contadino lo assaggiò ritenendolo di gusto piacevole, decidendo quindi di avviarne una vera e propria produzione utilizzando la calce mista a sale, per smussarne il gusto.
Oggi non viene più utilizzata la calce viva per creare l’uovo centenario (per lo più di anatra, più raramente di gallina), ma una soluzione a base di acqua, sale, carbone, e ossido di calcio in cui viene immerso. Quanto costa questa prelibatezza che arriva dal profondo Oriente? In Italia la si può trovare, soprattutto presso alimentari cinesi, al prezzo di 4,50 euro per 6 uova.