Per la loro bontà vengono chiamate le "pepite di Venezia": stiamo parlando delle moeche, i piccoli granchi pescati nella laguna veneziana solo in determinati momenti dell'anno, durante la loro fase di muta tra un carapace e l'altro. Sono senza dubbio tra le specialità più particolari della nostra tradizione culinaria: ecco perché sono così rare e particolari.
In dialetto veneziano si chiamano moeche che significa, letteralmente, "morbide". E in effetti la morbidezza è la vera peculiarità di questa prelibatezza tipica delle cucina lagunare, così rara e preziosa da essere considerata un vero e proprio gioiello del mare, con tanto di Presidio Slow Food a farne da garante. Cosa sono di preciso? Come si pescano e in che modo si cucinano? Ecco tutto quello che c'è da sapere su questa vera e proprio rarità.
Chiunque abbia avuto la fortuna di assaggiarle, saprà che le moeche (o moleche) non sono altro che i piccoli granchietti della laguna veneziana che – in autunno e in primavera – attraversano la fase di muta, diventando appunto teneri e deliziosi da assaporare a uno a uno. In precise settimane all'anno infatti (solitamente tra aprile e maggio e ottobre e novembre), abbandonano il proprio carapace nell'attesa che il procedimento biologico crei una nuova corazza più grande e più forte; ed è proprio in questo momento che le moeche, in quanto tali, vengono pescate attraverso un procedimento antico, unico in tutta Italia e non solo.
La pesca e l'allevamento delle moeche, che ad oggi si concentra a ridosso dell'Isola della Giudecca, di Chioggia e di Burano, avviene grazie al lavoro dei cosiddetti "moecanti", professionisti esperti in grado di selezionarle nella perfetta fase di muta.
Questo lavoro, tramandato per secoli da padre in figlio, consiste nel catturare i granchi attraverso apposite reti da posta fisse, posizionate nei bassi fondali lagunari; si passa poi a un'accurata cernita a prova dei moecanti più esperti: i granchi "boni" – pronti alla muta in tempi brevi – vengono selezionati insieme agli "spiantani" (ossia quelli che muteranno nell'arco di un paio di giorni), mentre i cosiddetti granchi "matti" (cioè che hanno ormai un carapace formato) vengono rigettati in mare.
I moecanti separano i "boni" dagli "spiantani" sistemandoli in appositi contenitori di legno, prima di immergerli nelle acque lagunari per compiere l'ultimo anello della filiera: a questo punto si passa alle operazioni di controllo durante le quali ci si appresta finalmente a prelevare le moeche, eliminare gli esemplari morti e, infine, a trasferire i granchi boni che, man mano, diventano spiantani.
Ciò che stiamo per svelarvi potrebbe causare un accenno di perplessità ma, fidatevi, l'esperienza in qualche buon ristorantino o bacaro veneziano ripagherà di gran lunga l'iniziale tentennamento. Il motivo di questa nostra premessa introduce la modalità con cui le moeche vanno mangiate: intere. Sì, con tanto di testa e zampe (qualora ve lo stesse chiedendo). Le moeche, durante il loro mutamento tra un carapace e l'altro, sono talmente molli e appetitose che si gustano nella loro interezza, resa croccante da una leggera pastella di uova e farina.
Generalmente infatti, le moeche si cucinano fritte e si servono – come vuole la tradizione locale – con la tipica polenta bianca veneta, ideale per accompagnare piatti a base di pesce e crostacei. Sebbene la variante croccante sia la più conosciuta e preparata nei ristoranti o in versione street food in golosi cartocci da passeggio, le moeche sono ottime anche lesse e condite con olio, aglio e prezzemolo (specialmente se si parla di "masanete", ossia le femmine di granchio, anch'esse Presidio Slow Food).
Abbiamo visto che le moeche fritte sono la ricetta più amata e preparata nei tanti locali della laguna ma cosa occorre per farle croccanti a regola d'arte?
Per prima cosa una materia prima freschissima (le moeche devono essere consumate a poche ore dalla pesca, acquistate vive e poi conservate in frigorifero). Successivamente bisogna sbattere in un recipiente un uovo con un pizzico di sale e immergervi le moeche per un paio d'ore, in modo che mangino parte del composto; un breve passaggio nella farina, una cottura in abbondante olio bollente fino a doratura e le moeche sono pronte per essere portate in tavola, salate al momento e servite con qualche fettina di limone.