Si chiama mirtillo, ma propriamente non lo è, perché appartiene a tutt'altra famiglia. Andiamo alla scoperta di un superfood che sta diventando sempre più popolare, con cui si realizzano confetture, vini ed integratori.
Eccoci in una remota penisola dell'estremo oriente russo che si affaccia sul mare di Bering: la natura regna sovrana, con paesaggi mozzafiato, affascinanti vulcani attivi e spenti e una sorprendente biodiversità. Ed è qui, tra le meraviglie di questo angolo di mondo che in inverno scende vertiginosamente sottozero (fino a – 50 °C nelle zone interne), che nasce un frutto piccolo, ma potente, noto da secoli alle comunità locali per essere un vero e proprio concentrato di proprietà benefiche antiaging. Stiamo parlando del mirtillo siberiano, conosciuto con il nome scientifico di Lonicera caerulea var. kamtschatica, che nella sua versione selvatica – diffusa in territorio russo, tra la Kamčatka e l’isola Sachalin e le isole Curili, nell’Oceano Pacifico, a poca distanza dalle coste giapponesi – sta pian piano scomparendo, mentre prendono sempre più piede le sue varietà coltivate e perfezionate, che si producono in Canada, America del Nord, Giappone, Russia ed Europa. Vediamo quali sono le sue caratteristiche, come si usa in cucina e perché nonostante si chiami “mirtillo” non lo è veramente.
Parafrasando il titolo del celebre romanzo di John le Carré, la pianta del mirtillo siberiano è originaria della Kamčatka, trasferita poi in Siberia nel 1884, dove iniziò a essere addomesticata. Da quanto riportato sulla scheda nel catalogo dell’Arca del Gusto di Slow Food, che promuove e tutela i prodotti legati a un territorio che rischiano l’estinzione, a darne per primo notizia fu l’esploratore cosacco Vladimir Atlasov alla fine del XVII secolo, noto per essersi stabilito nella penisola in modo permanente, formando il primo stanziamento russo in quella lontana regione. Qui, le popolazioni autoctone utilizzavano i frutti selvatici sia come cibo, realizzando confetture o bevande, oppure in veste di rimedio naturale per rigenerare lo stomaco e il fegato. Oggi, nonostante sia ancora relativamente di nicchia, il mirtillo siberiano nella sua versione coltivata è acquistabile nei vivai. L’arbusto può raggiungere un'altezza di due metri e si distingue per la sua capacità di sopravvivere con temperature molto rigide, ma non sopporta il caldo e la siccità. Resiste ai parassiti e alle malattie, cosa che lo rende particolarmente adatto alla coltivazione biologica.
Chiariamo subito un aspetto importante: il mirtillo siberiano non è il classico mirtillo, il Vaccinium myrtillus, ma è un caprifoglio turchino. La sua famiglia è quella delle Caprifoliaceae e non delle Ericaceae: le bacche si presentano sempre di colore blu-nero intenso con sfumature viola, ma invece che essere tonde sono allungate e dal sapore più dolce rispetto al caratteristico asprigno del frutto di bosco comune, tanto da essere chiamate anche honeyberry. Per una coltivazione ottimale, è consigliabile piantare il mirtillo siberiano in autunno in una posizione soleggiata o semi-soleggiata, in un terreno ben drenato e non acido. È una pianta autofertile e molto produttiva, ma per garantire una migliore fruttificazione si consiglia di mettere vicini due esemplari, così da favorire l'impollinazione incrociata. Fiorisce in primavera e matura precocemente, così che le bacche siano disponibili già a maggio/giugno.
Il mirtillo siberiano si inserisce all’interno dei superfood, ovvero alimenti ricchi di benefici per la salute. Una denominazione che ha preso piede per definire le sue bacche è quella di haskap, che deriva dalla lingua degli Ainu, nativi dell’isola giapponese di Hokkaido, ma presenti anche in Kamčatka, nell’isola di Sachalin e nelle isole Curili e che tende a identificare sia le diverse tipologie di Lonicera caerulea var. kamtschatica, sia la Lonicera caerulea in generale. Sono tutte degli antiossidanti naturali più performanti dei mirtilli, con la presenza in particolare di antociani, che conferiscono ai frutti il loro colore e svolgono un ruolo cruciale nella protezione delle cellule dai radicali liberi. Contengono vitamina C, che rafforza il sistema immunitario e favorisce la salute della pelle, hanno un basso contenuto calorico e un alto apporto di fibre. Le bacche si mangiano così come sono, fresche, o si usano per fare confetture, succhi, sciroppi, gelati e anche vini. Alcuni studi le ritengono un prezioso alleato degli sportivi, per migliorare le prestazioni soprattutto di ciclisti e runner, e sono sempre più commercializzate anche in chiave di integratore, in polvere o compresse: la loro popolarità è in continua evoluzione.