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22 Gennaio 2024 13:00

Miele monoflora e millefiori: cosa vuol dire e quali sono le differenze

Queste due tipologie indicano l'origine botanica del nettare, che può essere ricavato dalle api da una pianta sola o da più varietà. Ma non sono una meglio dell'altra (alert spoiler).

A cura di Federica Palladini
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Il miele: un prodotto tanto popolare nelle nostre case, quanto “misterioso”. Ci sono sempre tante domande a cui rispondere su questo prezioso frutto del lavoro delle api: come riconoscerne uno di qualità, da cosa dipende il suo colore, come usarlo al meglio per non vanificare le sue virtù. Ecco, un altro quesito molto comune riguarda la suddivisione in tipologie in base alla materia prima: ci sono mieli che derivano da un solo fiore, come l’acacia o il castagno, e quelli che hanno più origini botaniche. Si tratta rispettivamente del miele monoflora e del miele millefiori. Vediamo cosa vogliono dire queste terminologie e quali sono le differenze sostanziali.

Cosa significano miele monoflora e miele millefiori

Con la riscoperta della biodiversità del territorio anche il miele negli ultimi anni ha subito una vera e propria rivoluzione, tanto che al posto di miele sarebbe ormai più corretto dire “mieli”. Perché è vero che senza le api questo non esisterebbe, ma neppure senza la grande varietà botanica presente sul territorio italiano si andrebbe lontano. Secondo la definizione di realtà autorevoli come Conapi (Consorzio Nazionale Apicoltori) e Unaapi (Unione Nazionale Associazione Apicoltori Italiani), i mieli monoflora e i mieli millefiori si distinguono essenzialmente per l’origine del prodotto.

  • Mieli monoflora o uniflorali: sono quelli che derivano unicamente o prevalentemente dal nettare o dalla melata di una sola pianta che quindi ne caratterizza le proprietà organolettiche.
  • Mieli millefiori o poliflora: sono quelli che le api producono raccogliendo il nettare di più piante, caratterizzati quindi da combinazioni diverse che non si possono isolare.

Quali sono le principali differenze?

Come specificato da Conapi nel suo approfondito disciplinare, non bisogna pensare che un miele monoflora sia necessariamente migliore di un millefiori. Due mieli uguali non esistono: per questo, il pregio non rientra all’interno delle differenze tra le due tipologie, che invece possiamo notare in tre dettagli.

1. Classificazione

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La diversità più lampante è quella della composizione: di mieli monoflora italiani ce ne sono circa 50 varietà, di cui le più conosciute sono il miele di acacia, di corbezzolo, di agrumi, di castagno, di coriandolo, di girasole, di eucalipto, di sulla e di tiglio. Il miele millefiori, invece, non può essere diviso in categorie, perché non c’è un fiore che prevale su un altro. Ciò significa che del poliflora non ne esiste una categorizzazione univoca.

2. Utilizzo

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Da qui si capisce come anche gli utilizzi siano molto più settoriali per i mieli uniflorali: per esempio, quello di castagno con il suo sapore forte e pungente è ideale con selvaggina e formaggi stagionati; quello di acacia, più delicato, si sposa meglio come dolcificante, perché non altera i gusti. Un millefiori, al contrario, ha un ventaglio di possibilità più generiche, grazie alla sua ampia scala aromatica che lo rende un vero e proprio passepartout.

3. Espressione del territorio

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Per ricavare un miele monoflora l’apicoltore si deve concentrare su una particolare fioritura, e posizionare quindi le arnie in un posto favorevole, dove questa sia ben presente, tanto da diventare la massima protagonista del prodotto. Lo scopo è quello di valorizzarne l’unicità o la rarità, come per esempio quella del miele di trifoglio alessandrino, ciliegio o mandorlo. Nel millefiori, invece, non c’è questo “confine” e le api possono raccogliere il nettare da più sorgenti. Va da sé che il primo sarà espressione di una porzione di territorio definita nello spazio e nel tempo di quella specifica fioritura; il secondo descriverà un panorama ricco e variegato, capace di catturare le diverse sfumature di uno stesso luogo.

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