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28 Settembre 2023 17:30

Massimo Bottura e l’imprevedibile virtù dell’inciampo: la storia del famoso cuoco modenese

Nato nel 1962, impara il mestiere solo da adulto dopo aver abbandonato gli studi di giurisprudenza. Vediamo la storia di Massimo Bottura e come una serie di fortunati incontri lo hanno fatto diventare ciò che è ora: uno dei migliori chef di tutti i tempi.

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Ormai è talmente influente da trascendere la figura stessa del cuoco: Massimo Bottura siede al tavolo dei presidenti, dei dirigenti, dei banchieri, degli uomini e delle donne più potenti del pianeta. Ormai fraterno il rapporto con Barack Obama, altrettanto buono quello con Joe Biden, Bottura negli anni ha saputo imporre il proprio modo di fare alla politica internazionale. Ma da dove arriva Massimo Bottura? Nato a Modena il 30 settembre 1962, comincia il suo percorso in cucina solo nel 1986 comprando una vecchia trattoria della zona. Qui incontra Lidia Cristoni che gli fa apprendere le basi della cucina emiliana, quella solida tradizione su cui baserà tutto il suo percorso. Parte poi alla volta di New York, dove conosce la sua attuale moglie, Lara Gilmore, e poi torna in Europa per lavorare con uno chef leggendario come Alain Ducasse. Apre il suo attuale locale, 3 Stelle Michelin, nel 1995: l'Osteria Francescana non è però la fine di un percorso ma solo l'inizio. Continua a studiare e a migliorarsi, tant'è che va nel 2000 a El Bulli, da Ferran Adrià. Questa sua ossessione gli porta i 3 macarons dalla Guida Rossa, punteggio di 20/20 nella Guida dell'Espresso, massimo risultato sulla Guida del Gambero Rosso e il titolo di miglior ristorante del mondo secondo World's 50 Best. I risultati "politici" li ottiene però grazie al suo impegno oltre le mura della cucina, fondando Food for Soul: l'organizzazione, nata in occasione di Expo 2015, riutilizza le eccedenze per dare da mangiare ai più bisognosi. Vediamo nel dettaglio la storia di Massimo Bottura perché è da insegnamento a molti: tanti inciampi per arrivare a essere il numero uno.

Un bambino difficile che voleva fare l'avvocato

"Mi chiamo Massimo Bottura. Sono uno chef italiano nato a Modena. Sono cresciuto sotto al tavolo dove mia nonna Ancella tirava la sfoglia. Il mio sogno è cominciato lì. L’ispirazione viene dal mondo che mi circonda – dall’arte alla musica, dal cibo buono alle macchine veloci. Dovete cogliere il lampo che illumina l’oscurità. Preparatevi a sorprendervi". Così si descrive lo chef sul sito ufficiale del proprio ristorante. Dice più o meno tutto: il rapporto con la propria terra, quello con la propria famiglia, l'esuberanza del proprio carattere.

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Nato e cresciuto in Emilia Romagna, sviluppa fin da subito un interesse per la cucina, osservando la mamma, la nonna e la zia (che vivono in casa con lui) alle prese con i pasti della famiglia. Vive in una famiglia numerosa con tre fratelli maggiori e una sorella minore. È un bambino estremamente vivace. Il suo posto sicuro è sotto il tavolo della cucina: il piccolo Massimo viene difeso dalla nonna dagli "assalti" dei fratelli e lui cresce guardando il mondo da sotto al tavolo, in ginocchio, mentre la farina cade dal tavolo. Di tanto in tanto ruba qualche tortellino, che lui definisce "il piatto della mia vita, ma crudo però, perché mi ricorda il momento in cui lo rubavo, appena fatto dalle mani di mia nonna". Il rapporto con la propria famiglia è viscerale, quasi da stereotipo mammone italiano: la madre, Maria Luigia a cui ha dedicato il suo ultimo locale, era insegnante ma la sua famiglia aveva un caseificio sulle colline modenesi; il padre, Alfio, aveva una piccola impresa che prima commerciava in legno e carbone e poi in cherosene e petrolio. Dopo il liceo e dopo aver abbandonato la facoltà di giurisprudenza all'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia va a lavorare proprio con suo padre per un anno.

Nel 1987 decide di dedicarsi alla cucina e abbandona l'azienda di famiglia. La decisione gli costa la rottura dei rapporti con il papà. Rileva la Trattoria del Campazzo, vicino a Nonantola in provincia di Modena, ma le cose non vanno molto bene. Nei primi 4 mesi perde oltre 10 chili (e Bottura è sempre stato magrolino) a causa dello stress. A salvarlo arriva un angelo che bussa alla porta: Lidia Cristoni, una rezdora della zona. Lidia abita di fronte al ristorante e si offre di aiutarlo perché vuole lavorare: "Il suo unico problema erano gli occhi, perché non ci vedeva molto bene" dice Bottura a Netflix ma la mette alla prova. È vero e proprio amore a prima vista: Lidia gli insegna i piatti tradizionali, a fare e stendere la pasta, addirittura lo ha aiutato nella leadership. Ancora oggi all'Osteria Francescana si segue una regola "imposta" dalla Cristoni: mezz'ora prima del servizio, tutti i giorni, bisogna fermarsi, sedersi, e fare un pasto come si deve, tutti insieme. Un senso di famiglia alla brigata.

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Foto di Marco Poderi

Il ristorante impiega circa un paio d'anni a farsi conoscere nella zona: una trattoria tradizionale che fa piatti buonissimi. Bottura comincia ad essere anche ambizioso e, dopo aver appreso la tradizione dalla Cristoni, apprende le novità da un grande cuoco francese. Il suo secondo maestro è Georges Cogny, francese di nascita e piacentino per amore di Lucia Cavanna, è stato colui che ha portato in Emilia Romagna la nouvelle cuisine, adattandola alle materie prime del territorio. Un maestro fondamentale per Massino Bottura che comincia a instradarsi verso quello che sarebbe poi diventato il suo futuro.

Un viaggio a New York che gli cambia la vita: l'incontro con Lara Gilmore

Nel 1993 le cose cominciano a ingranare così tanto che Bottura lascia le redini a Lidia per qualche tempo: lui va a fare un viaggio in America. Vola a New York e dopo una pessima esperienza in una caffetteria di SoHo si propone al locale per lavorare con loro. Il giorno dopo comincia già il primo turno al Caffè di Nonna e in modo del tutto casuale coincide con il primo turno di lavoro di una nuova cameriera, Lara Gilmore.

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Entrano nel locale letteralmente nello stesso istante e non si lasciano più per nove mesi, quando poi Bottura viene richiamato alla realtà: deve tornare a casa, il Campazzo ha bisogno di lui. Continua a sentirsi con Lara Gilmore e la invita a Modena: la ragazza fa il volo oceanico ma dopo una settimana Massimo riceve una chiamata da Alain Ducasse in persona, lo vuole a Montecarlo per insegnargli a fare la pasta fatta in casa e i tortellini. Il giovane cuoco è al settimo cielo, decide su due piedi che quello sarà il suo futuro una volta tornato dalla Francia e vende la trattoria. C'è un problema però: Lara ha cambiato la sua vita per lui e dopo pochi giorni il mondo di Massimo è completamente ribaltato. Che fare? Litigano, litigano moltissimo e Bottura lascia Lara "libera" di decidere cosa fare. Lui vola in Francia, lei torna a New York.

Dopo qualche mese però Massimo sente la mancanza di Lara, va nella Grande Mela: le chiede scusa e le propone di passare la vita insieme, a prescindere dalla città in cui avesse voluto vivere. Decidono di tornare a Modena e di aprire un ristorante: Massimo vende tutto e compra l'Osteria Francescana. "Dopo tutto quel tempo con Ducasse dovevo fare qualcosa di diverso" dice Bottura. Vuole evolvere la propria cucina e decide di crearne una nuova, diversa dalla tradizione culinaria italiana. Il 19 marzo 1995 apre i battenti L'Osteria Francescana: Bottura è solo, Lara torna a Washington, sua città natale, per stare vicino al padre (un giornalista importantissimo in America) che subisce una delicata operazione. Lo chef la chiama e le chiede di sposarsi, così di botto, per telefono. Nel 1994, pochi mesi dopo l'apertura del locale, i due convolano a nozze.

I primi difficili anni alla Francescana e l'impatto di Cattelan sulla sua cucina

L'apertura dell'Osteria Francescana è una tragedia, senza mezzi termini. Massimo Bottura convince i suoi vecchi clienti a provare il nuovo ristorante ma questi lo detestano: il Campazzo era una trattoria, aveva prezzi modici, faceva cose tradizionali, questo nuovo menu è "strano". Massimo propone cose diverse, ripropone le tecniche imparate in Francia, prova ad attualizzarle. Le cose non vanno bene. I primi anni il ristorante sopravvive grazie agli appassionati che fanno chilometri per assaggiare le cose di questo nuovo promettente cuoco ma dai modenesi c'è un vero e proprio rifiuto.

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Bottura soffre per questo trattamento e Lara Gilmore prova a sollevargli il morale facendolo distrarre. Lei è una grande appassionata d'arte e in America ha lavorato diverso tempo col grande William Defoe. Porta Massimo a diverse mostre ma non lo convincono. Anche a lui piace l'arte ma quella contemporanea non gli stimola nulla. Le cose cambiano alla Biennale di Venezia del 1997: un Maurizio Cattelan ancora non famosissimo espone la famosa istallazione dei piccioni che defecano su tutto ciò che li circonda. Bottura viene folgorato e decide che quella sarebbe dovuta essere la sua cucina: solo con quel tipo di sensazionalismo e di provocazione pensa di poter aprire le porte alla nuova generazione di chef italiani. Vuole diventare il piccione che va contro corrente e "defecare" sulla vecchia tradizione italiana.

Bottura torna a Modena e distrugge il vecchio menu. Ripropone solo ricette tradizionali ma viste a modo suo. Iconico è il suo piatto con soli sei tortellini disposti in fila indiana circondati da un brodo messo nel piatto sotto forma di gelée: i modenesi "mi volevano morto" avrebbe poi detto Bottura "perché non si scherza con la ricetta della nonna". In realtà con questo piatto lui esalta per davvero il tortellino: sono solo sei tortellini, vanno rispettati tutti, vanno mangiati pensando a quello che rappresentano e non ingurgitati cucchiaiata dopo cucchiaiata. Da un certo punto di vista questa è anche una piccola fortuna per Bottura: diventa "virale" col passaparola perché nel modenese sono tutti indignati e inorriditi da questo piatto e lo vanno a provare. Lo stroncano tutti, in maniera anche piuttosto maleducata.

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Questo suo modo di fare indispone sia il pubblico sia la critica: ha tutta Italia contro, è visto come un traditore ma lui di tutta risposta rincara la dose. Questo si trasforma però in una crisi continua: i primi 5 anni dell'Osteria Francescana sono durissimi. Massimo Bottura più volte rischia e medita di chiudere il ristorante, di emigrare negli Stati Uniti o chissà dove. Lara lo tiene coi piedi per terra, gli dice di tenere duro "almeno un altro anno" e, fortunatamente, arriva un incidente in soccorso dello chef.

Una recensione può cambiare ogni cosa

Enzo Vizzari, all'epoca direttore delle Guide dell'Espresso, è in viaggio da Milano a Firenze ma a causa di un incidente non riesce a raggiungere la Toscana entro sera. Nei pressi di Modena si ferma e, incuriosito dalle voci, chiama l'Osteria Francescana per andare a cena: oggi ci vogliono molti mesi per avere un tavolo al ristorante, in quel periodo c‘erano solo due tavoli prenotati. Due giorni dopo Vizzari pubblica un articolo che comincia con una citazione di Massimo Troisi: "Scusate il ritardo" per non esserci andato prima e parla di questa "Tagliatella postmoderna" riferendosi al celebre piatto "La parte croccante della lasagna". Questo articolo rivoluziona il mondo della critica gastronomica. Tutti cambiano idea su Bottura, la voce gira su questo talento: vedono in Massimo qualcosa che in Italia non si vedeva dai tempi di Marchesi, ovvero qualcuno disposto a rischiare.

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La parte croccante della lasagna | Foto di Identità Golose

A novembre dello stesso anno Bottura riceve tutti i premi dell'Espresso ma soprattutto la prima Stella Michelin che piazza il cuoco sulla cartina dell'alta cucina internazionale. È una rapida ascesa: nel 2006 arriva la seconda stella seguita dalla terza nel 2012. Entra anche nella classifica dei migliori 50 ristoranti al mondo arrivando al primo posto della lista de The World's 50 Best Restaurants nel 2016 e 2018, (nel 2017 arrivò secondo e prima ottenne anche il titolo di Chef's choice, il preferito dai migliori colleghi del mondo). Una serie di riconoscimenti infiniti che rendono Massimo Bottura universalmente noto come uno dei migliori cuochi di sempre.

Che cucina fa Massimo Bottura

Ma dopo tutto questo parlare: come si mangia da Bottura? La sua cucina è molto particolare. Parte dalla tradizione per arrivare alla modernità. Lui più di tutti è il cuoco che ha portato la cucina italiana nel XXI secolo. Bottura dà qualcos'altro ai piatti, oltre al cibo. Si basa sull'arte, sulla musica, sul cinema, sul gusto e sugli ingredienti per creare un piatto. Non si tratta solo di cibo, è il concetto dietro il cibo che lo rende così interessante. La cosa davvero sorprendente è che tutti i suoi piatti sono fatti con ingredienti della tradizione modenese ma usati in maniera diversa rispetto a una trattoria.

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Foto di Marco Poderi

L'ingrediente più importante della cucina di Massimo Bottura è senza dubbio la memoria: è il suo segreto sia perché sfrutta la sua memoria gustativa, sfrutta i propri ricordi (comuni a molti italiani) per reinterpretarli in una maniera più moderna. È uno chef rockettaro, dinamico, brillante, sempre elettrizzato per il cibo e per il vino. Si emoziona quando comunica l'Italia grazie alla sua sensibilità artistica che è diversa da tutte le altre. Il suo stile di cucina è minimalista e ogni piatto nasce dall'idea che vuole raccontare al cliente sfruttando un'esperienza, un colore, una canzone, un territorio, qualsiasi cosa lo abbia colpito. Ci sono piatti famosissimi come "Le cinque stagionature del parmigiano", i sopracitati tortellini e lasagne, o "L'anguilla che risale il fiume Po" che sono delle "semplici" rivisitazioni di piatti tradizionali. Altri invece sono più complessi come il " Nero su nero", ispirato al pianista Thelonius Monk, o le rivisitazioni dei quadri di grandi artisti come nel caso specifico di  “Tutte le lingue del mondo”, una elaborazione culinaria del plastico Natura di Lucio Fontana. Famossimo è anche il "Beautiful Psychedelic Spin-painted veal, not fame grilled", ispirato ai lavori di Damien Hirst: filetto di manzo marinato nel latte e decorato con salse colorate apposte nello stile dell’artista o il "Camoufage: Hare in the Woods", piatto che si ispira a Pablo Picasso, che vide il Cubismo nei colori mimetici di un camion militare. Il suo ultimo celebre menu si chiama "With a Little Help From My Friends", ispirato all'album dei The Beatles dal titolo Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. L'attuale menu costa 325 euro.

Non possiamo limitarlo al mondo degli "chef molecolari" ma sfrutta le tecniche e le tecnologie imparate durante la sua carriera. Le nuove attrezzature gli permettono di raggiungere nuovi livelli di gusto e di sensazioni. Questo, oltre alla memoria, rendono Massimo Bottura un cuoco unico al mondo.

Il Massimo Bottura nel mondo del sociale

In realtà tutti i riconoscimenti politici di Bottura non sono arrivati grazie alla cucina. La cucina è il mezzo che lo ha reso famoso al grande pubblico ma ha fatto qualcosa di molto più importante nella sua vita.

Food for Soul

Nel 2015, in concomitanza con l'Expo di Milano, realizza un progetto in collaborazione con la Caritas Ambrosiana: il Refettorio Ambrosiano. Il progetto è pensato per accogliere e dare ristoro alle persone in difficoltà. Non è una mensa: lui vuole arricchire i più poveri con un'esperienza culinaria e vuole farlo sfruttando le eccedenze alimentari. Oltre 50 chef volontari collaborano con il progetto che ormai è attivo in tantissime parti del mondo: una rete globale di beneficenza.

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Nel 2016 il progetto si trasforma in Food for Soul, associazione no-profit che, attraverso il lavoro quotidiano dei Refettori nel mondo, opera per contrastare lo spreco alimentare e l'isolamento sociale, attraverso la qualità delle idee e il valore dell'ospitalità. Lara Gilmore è a capo del progetto e questo le ha permesso di ricevere diversi premi e di essere inserita tra le donne più influenti al mondo. Dal 2016 il programma ha costruito tantissimi Costruendo spazi comunitari dove le persone sono invitate a connettersi intorno a un pasto, Food for Soul vuole dimostrare il valore e il potenziale delle persone, dei luoghi e del cibo e incoraggiare la comunità servita a sostenere il cambiamento sociale.

Il Tortellante

Altro meraviglioso progetto è quello del Tortellante che comincia come corso all'interno di Aut Aut Modena, l’associazione che promuove e coordina progetti di formazione, assistenza e raccolta fondi per il sostegno alle famiglie con persone autistiche nella provincia di Modena. Nel 2016 parte il progetto pilota che ottiene ottimi risultati: Massimo e Lara partecipano attivamente e in prima persona ai corsi anche perché questa vicenda li tocca da vicino. La coppia ha due figli, Alexa e Charlie. Quest'ultimo è un ragazzo autistico che con il Tortellante è riuscito a entrare in contatto con coetanei, amici, estranei, adulti. Una nuova vita per lui e per tutti gli altri ragazzi.

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Foto dal sito ufficiale del Tortellante

Nei due anni successivi il progetto è stato affinato collaborando anche con le università per migliorare la compatibilità tra prestazioni richieste per la confezione della pasta fresca e i requisiti specifici dell’autismo. Sono state inoltre rafforzati i contatti con le istituzioni, con le famiglie e con la rete di sostenitori sul territorio, oltre a diffondere il progetto sui media. I ragazzi fanno i tortellini e li vendono ai ristoranti della zona. I tortellini li fanno così bene che la richiesta è sempre maggiore al punto da aver aperto un punto vendita per il commercio al dettaglio e le degustazioni.

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Quello che i piatti non dicono
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