Confetture e marmellate sugar free sono un falso mito da sfatare. Ecco perché la presenza degli zuccheri è necessaria e come si può "scoprire" leggendo in modo completo l'etichetta della confezione.
Nel corso degli ultimi anni la ricerca da parte del consumatore di optare per una dieta più salutare ha fatto sì che tra gli scaffali dei supermercati comparissero in quantità sempre maggiori e in versioni diverse, a seconda della missione healthy, prodotti che strizzano l’occhio al benessere, sponsorizzati da etichette con claim d’effetto, ma potenzialmente fuorvianti – se non ingannevoli. È il caso di confetture e marmellate senza zucchero, definizione dibattuta per molto tempo, ora regolamentata per legge, ma che sembra continuare a fare una certa presa in quanto la frutta è legata nell’immaginario collettivo a un'alimentazione genuina. Eppure, la marmellata senza zucchero è un falso mito, sia per quanto riguarda quella industriali sia fatta in casa.
Per comodità, di solito in modo colloquiale, si parla di marmellata generalizzando, anche se ormai è noto che la terminologia corretta è marmellata se si utilizzano gli agrumi e confettura per tutti gli altri tipi di frutta. Nonostante questo, entrambe sono il risultato, oltre alla materia prima di riferimento, di una «mescolanza, portata a consistenza gelificata appropriata, di acqua e zuccheri», così come scritto nel Decreto Legislativo 50 del 20 febbraio 2004, che ne regolamenta la produzione. Questo significa che lo zucchero è un ingrediente imprescindibile per questa tipologia di preparazioni in quanto svolge tre azioni fondamentali: dolcifica, gelifica e conserva, tanto che sempre nel Dlsg 50/2004 viene specificata una quantità minima «non inferiore al 45% del totale se il prodotto riporta la dicitura da conservare in frigorifero dopo l'apertura». In generale, per un buon equilibrio tra gusto e consistenza, gli zuccheri non sono minori del 35% o quello che si va ad acquistare non è più una marmellata, ma una composta, che prevede l’accoppiata alta concentrazione di frutta + pochi zuccheri.
Quando si pensa allo zucchero, l'associazione immediata è con il saccarosio, il classico zucchero da tavola nelle sue differenti declinazioni, da canna o barbabietola: proprio per questo, molti brand in passato si sono avvalsi di slogan come “senza zucchero” o “senza zucchero aggiunto”, in quanto nelle loro marmellate non ne risultava la presenza.
L’equivoco si crea nel momento in cui si crede che il saccarosio sia l’unico zucchero, ma non è così, perché esistono altri zuccheri, come il fruttosio (quello contenuto naturalmente nella frutta) o lo sciroppo di glucosio (che si estrae dai cereali o dai tuberi) e surrogati, tipo i succhi di frutta, in particolare di mele e uva. Specialmente nelle marmellate “light”, è facile imbattersi in dolcificanti, naturali o artificiali, con zero calorie: dalla stevia all’aspartame, utilizzati per la loro alta capacità di conferire dolcezza anche in piccoli dosi. Tutti questi sostituti devono comparire obbligatoriamente in etichetta.
La quantità di zuccheri nei prodotti reclamizzati come “zero zuccheri” (dalle bibite alle confetture) è stata normata dal Regolamento CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006, dove si stabilisce testualmente che:
Come visto in precedenza, quindi, se nella lista degli ingredienti in etichetta non compare il termine zucchero non vuol dire che non ci sia. L’unico modo per verificarne effettivamente la presenza e le proporzioni è quello di leggere sempre la tabella nutrizionale che indica la composizione di un alimento: solo così si può stabilire se una marmellata è più o meno adatta alle proprie esigenze.