Che cos'è la chitina? Fa davvero male alla salute questa sostanza contenuta negli insetti? Tutto quello che bisogna sapere sulla nuova 'paura' dei consumatori e tutti gli altri alimenti (che già mangiamo) nei quali è presente. Ne abbiamo parlato con una docente di nutrizione.
Da pochi giorni a questa parte è esplosa una vera e propria chitinofobia. Con l'approvazione da parte dell'UE al consumo umano di prodotti a base di insetto (grilli in polvere prima e larve della farina poi) in tanti si dicono preoccupati dalla presenza di una sostanza componente l'esoscheletro di questi animali (così come degli artropodi): per l'appunto, la chitina. Ma di cosa si tratta ed è davvero così pericolosa? A ben vedere è presente in molti altri alimenti che consumiamo più o meno abitualmente.
Anche se oggi rappresentano ancor meno di una piccola nicchia di mercato, gli insetti sono entrati a far parte ufficialmente anche dell'alimentazione di noi occidentali (in Asia e Sud America circa 2 miliardi di persone già li consumano, e da tempo). I recenti via libera da parte dell'Unione Europea di prodotti a base di insetto per il consumo umano hanno causato molto scompiglio, sdegno da parte dei consumatori e reazioni contrarie delle istituzioni. Da mesi ormai il ministro dell'Agricoltura e Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida ha espresso la posizione avversa del Governo a questo tipo di scelta presa a livello comunitario, così come Coldiretti ha intrapreso una politica contraria al consumo di insetti e carne sintetica. Entrambe, comunque, da intendere come pure alternative alimentari, non sostitutive di ciò che già siamo soliti mangiare.
Dall'Europa si parla anche di una motivazione (oltre di mercato) legata alla sostenibilità ambientale e a una maggiore possibilità, tramite insetti e prodotti derivati, di garantire il sostentamento alimentare a una popolazione mondiale in progressiva e inarrestabile crescita (saremo 10 miliardi entro il 2050, secondo l'Onu). I consumatori, ma non solo loro, però fanno finta di non vedere problematiche di questo tipo, appellandosi a una tradizione gastronomica che per quanto debba essere preservata ormai non riesce più, nelle sue quantità e produzioni, a soddisfare il fabbisogno di tutti, tra l'altro senza gravare eccessivamente sull'ambiente. In tanti si sono detti preoccupati dalla presenza della chitina negli insetti e, conseguentemente, nei prodotti derivati. Ma che cos'è questa chitina e perché fa così paura? Perché, in buona sostanza, l'ignoto (ma anche l'ignoranza) è sempre fonte di preoccupazioni e timori. Cerchiamo fare un po' di chiarezza e a demistificare questa tanto discussa chitina, grazie anche al consulto di un'esperta in nutrizione, la Dott.ssa e Prof.ssa Francesca Marino; Docente di nutrizione presso l'Università Federico II di Napoli.
Forse non tutti lo sanno ma la chitina è una sostanza presente non solamente negli insetti, ma anche in altri alimenti di consumo comune e ben meno respingenti come, per esempio, gamberi, aragoste, crostacei vari e pure funghi. Cibi che consumiamo senza remore, anzi spesso e volentieri spendendo pure cifre non indifferenti per poterceli procurare.
Ma che cos'è la chitina? Si tratta di una sostanza presente, in questo caso, nell'esoscheletro degli insetti ed è anche un polimero tra i più abbondanti sulla Terra. E in effetti non è digeribile dal nostro organismo. Questo non vuol dire, però, che siano automaticamente collegati dei rischi per la salute, o che questa sostanza sia dannosa o addirittura cancerogena. Allo stesso modo della chitina, per fare un esempio, non abbiamo nemmeno gli enzimi capaci di degradare la cellulosa, eppure la verdura la mangiamo e le sue fibre insolubili, non digerite, fanno bene all'intestino. ‘Non digeribile' non significa necessariamente dannoso, figuriamoci cancerogeno, ma che viene semplicemente ‘passato' dall'organismo senza nemmeno essere assorbito. Per farla molto semplice, nemmeno la fibra può essere digerita (viene smaltita così come viene ingerita) eppure la consumiamo e anzi, aiuta la regolarità intestinale. Le fibre dei funghi, a differenza degli altri vegetali, non sono composte di cellulosa, bensì proprio di chitina.
Il problema, come sempre, riguarda il sovraconsumo, che potenzialmente potrebbe causare infiammazione intestinale e a lungo andare anche cellule cancerogene. Detto questo, però, quanti insetti e derivati (ma anche gamberi, crostacei, funghi) dovremmo mangiare per ingerire una quantità di chitina potenzialmente pericolosa? Un'enormità, o comunque un quantitativo al quale, specialmente in Occidente, non arriveremo mai. E sicuramente, in proporzione, ne assumiamo sicuramente di più mangiando altri alimenti più comuni che la contengono.
L'essere umano dopotutto è dotato di meccanismi di smaltimento di sostanze non digeribili, quindi di scarti, e la fibra è un esempio di queste sostanze. Anche grazie al marketing, però, il consumo di fibre è associato a una dieta sana ed equilibrata, e spesso siamo noi stessi ad andare a cercare alimenti che ne siano ricchi. La chitina, così come la fibra, viene espulsa dall'organismo e comunque sia le quantità ingerite non saranno mai abbastanza grandi (specialmente per noi occidentali, abituati a un altro tipo di alimentazione) da causare problemi. In Asia come in Sud America tra l'altro sono consumatori di insetti e prodotti derivati da molto tempo, e in tutto il mondo circa 2 miliardi di persone mangiano (chi più chi meno abitualmente) questo tipo di alimenti.
Non solo: durante la digestione la chitina contribuisce alla formazione di un polimero chiamato chitosano che invece in determinate quantità svolge azioni benefiche a livello biologico, aiutando a ridurre l'assorbimento del colesterolo e dei grassi presenti negli alimenti. Anche in questo caso quindi è il sovraconsumo a essere rischioso, ma si tratta di un discorso riguardante qualsiasi tipo di alimento o bevanda. Tutti i cibi possono essere portatori di rischio se non si sta attenti alle quantità ingerite. Quotidianamente l'uomo, per fare un esempio banale, dovrebbe consumare tra il litro e mezzo e i due litri d'acqua. Qualora ne bevesse invece 10 litri, allora anche l'acqua provocherebbe danni al nostro organismo. Dopotutto, parlando stavolta di sale, l'Oms ne suggerisce un consumo di 4 grammi al giorno, ma in media ne ingeriamo quotidianamente (in modo più o meno consapevole) quasi il doppio.
I dubbi maggiori riguardanti il consumo di insetti potrebbero riguardare non tanto il loro apporto nutrizionale quanto i metodi con i quali vengono allevati, se non adeguati e controllati potenzialmente veicolo di rischi patogeni (il discorso è simile, però, per quanto riguarda gli allevamenti di pesci e animali, specialmente quelli intensivi). Attenzione massima deve rivolgersi in primis quindi ai sistemi di allevamento, produzione, assicurandosi che in tutto avvenga nel modo più sicuro e salubre possibile. Ricordiamo, infine, come il consumo di prodotti derivati dagli insetti è sconsigliato a chi già soffre di allergie a crostacei e acari, e che in qualche modo già qualcosa di questo tipo lo ingeriamo in modo inconsapevole.