Un tradizionale tè consumato in Sud America, specialmente in Uruguay e Argentina, ma che da fine 1800 è entrato nelle vie, e nelle case, di Lungro, paesino calabrese. Qui, da oltre un secolo, le famiglie preparano il mate e lo bevono come usanza vuole: in cerchio e conversando. Altra particolarità? Lungro è un paese in cui risiede un'importante comunità di origini albanesi.
Chi segue attentamente in televisione le partite di calcio, sopratutto quelle ad alto livello, probabilmente avrà notato più e più volte numerosi giocatori, prevalentemente sudamericani, che nelle fasi di discesa dal proprio bus sino all’ingresso negli spogliatoi sorseggiano un drink contenuto in un recipiente piuttosto insolito. In tanti si saranno chiesti cosa stessero bevendo, con una cannuccia metallica (bombilla), i vari Messi e Suarez in Spagna, ma anche Dybala in Italia o ancora Griezmann e Pogba, giocatori francesi (loro come molti altri) catturati da questa tradizione tipica del Sud America, influenzati dai loro compagni provenienti dall'altra parte del mondo.
All’interno di quello strano contenitore di cui parlavamo prima, chiamato porongo, dalla forma spesso irregolare e ricavato (il più delle volte) dalla zucca, c’è il mate, un tipico tè che, dall’America meridionale, sta conquistando una grossa fetta di mercato nel Vecchio Continente tanto da essere ampiamente venduto anche su vari canali di e-commerce: anche in Italia sta esplodendo la curiosità verso questo prodotto. Per spirito di emulazione o moda, “ispirati” dai calciatori (ma anche Papa Francesco in più di un'occasione è apparso in pubblico bevendo il mate), tanti giovani ora si sono avvicinati a questa bevanda dal sapore acuto e amaro, ma pochi sanno forse che in una precisa zona d’Italia questa tradizione è radicata e rispettata da più di un secolo, quasi come si fosse in Sud America: si tratta della Calabria.
Niente Montevideo o Buenos Aires: siamo nella patria della soppressata e della ‘nduja. Ci troviamo infatti in Calabria, precisamente a Lungro, provincia di Cosenza, caratteristico paese della punta dello Stivale in cui il mate è protagonista come in Argentina, o forse anche più. Qui la cultura, e la coltura, del mate si tramandano da generazioni; la bevanda viene consumata come tradizione vuole: insieme, se la temperatura lo richiede davanti a un camino acceso, senza alcun device elettronico a guastare e rovinare l’armonia e la convivialità che si crea in nome di questo tè. Ad aggiungere un tocco di curiosità in più, il fatto che Lungro è un paese arbëreshë, albanofono, in cui la yerba mate è tra i prodotti più consumati, diventando una vera e propria eccellenza del luogo. Al punto da meritarsi anche un museo dedicato all'interno del borgo (la Casa del mate) e una giornata, il primo agosto, in cui viene celebrato.
Ma perché in questo comune da poco meno di 3000 anime vive e sopravvive questa cultura, per tradizione, così lontana dall'identità nostrana? Tutto è merito della comunità locale (di origini albanesi) che a fine 1800 è emigrata in Argentina, prima inviando prodotti locali ai parenti rimasti in Calabria, poi tornando nel Paese d'origine, in particolar modo dopo l’Unità d’Italia, portando con sé anche tradizioni e usanze tipiche nella nazione dell'asado.
Prima di avventurarci in questo viaggio in Calabria per scoprire come si intrecciano le culture di tre differenti nazioni, andiamo a capire qualcosa di più su un prodotto così caratteristico del Sud America.
Pensando alle tipicità calabresi a nessuno verrebbe in mente (ragionevolmente) il mate. A Lungro (e solamente lì) però questo tè viene largamente consumato dalla popolazione locale, al punto che si è arrivati a coltivare la zucca che viene utilizzata come recipiente nella mateada. Ma che cosa è contenuto nel mate? Si tratta per l'appunto di yerba mate (tipologia appartenente alla famiglia delle Acquifoliacee e originaria di Paraguay e Brasile) che dopo essere stata colta (orientativamente ogni due anni) viene essiccata e abbrustolita, pronta così per essere immersa nell'acqua calda, nella quale rilascia il suo forte quanto peculiare aroma.
Se non siete amanti dei sapori astringenti e amari però forse il mate non fa per voi: questo tè non è una bevanda che piace a tutti, con un profumo spiccatamente aromatico e un gusto piuttosto tannico. Ad alcuni ricorda il gusto della radice di liquirizia. Data anche la presenza di caffeina risulta essere anche un'ottima alternativa al caffè.
La preparazione del mate rappresenta un vero e proprio rito, da eseguire come tradizione vuole. Yerba mate, bombilla, porongo e acqua calda tutto ciò di cui avrete bisogno. Dopo aver riempito di erba essiccata il recipiente di zucca fino a 3/4 della sua capacità con la mano coprite il contenitore e, shakerandolo, raccogliete sul palmo la polvere in eccesso data dalla yerba. A questo punto servirà inclinare la tazza, in modo che l'erba possa raccogliersi prevalentemente su un lato e, nella parte più "libera", disporre la cannuccia per poi versare l'acqua calda, attendendo che venga assorbita. Quando si sarà creato un composto, iniziate a sorseggiare la bevanda, senza spostare la bombilla ed evitando di mescolare il tutto.
Un procedimento quasi sacro per tutti coloro dediti al consumo di questo tè sudamericano che ha conquistato, da oltre un secolo, gli abitanti di Lungro, centro abitato da una importante comunità arbëreshë, cioè di origini albanesi e albanofono. Ma a cosa è dovuta questa caratteristica mescolanza di culture? Come mai in Calabria vive una collettività albanese che consuma il tipico tè argentino? Bisogna tornare molto indietro nel tempo per iniziare a mettere al loro posto i vari tasselli del puzzle.
Lungro è un paesino, in provincia di Cosenza, con poco meno di 3000 abitanti. La particolarità di questo centro abitato è la presenza di una nutrita comunità albanese, una minoranza etnica che qui è arrivata alla fine del 1500 (a seguito dell'invasione turco ottomana dei loro territori di origine) e che contribuì al rilancio e alla rivalorizzazione di un insediamento rurale che altrimenti sarebbe stato abbandonato dai locali. Qui le famiglie emigrate albanesi affermarono la lingua, le tradizioni e gli usi del loro Paese di origine. Purché perfettamente integrati nella società, gli arbëreshë mantengono tuttavia propri riti religiosi, gastronomici e usanze della loro tradizione.
Come detto, il rito del mate affonda le proprie radici nel flusso migratorio che ha portato (anche) molti arbëreshë di Lungro in Argentina, contribuendo a consolidare i valori di convivialità (gjitonia in albanese) che il rito stesso per tradizione incarna. Come in Inghilterra alle 17:00 è l'ora del tè, così Lungro ogni pomeriggio si ferma per confermare e rinnovare l'usanza del consumo (in compagnia) del mate. In vari bar del posto non è raro che ai turisti venga offerta questa bevanda, così come è solito trovare negli alimentari tutto il necessario per organizzare a casa la tipica mateada. Uno spaccato di Argentina, insomma, nel bel mezzo della Calabria.
Per scoprire qualcosa di più su questa tradizione abbiamo coinvolto Anna Stratigò, abitante di Lungro e fondatrice della Casa del mate, che negli ultimi anni si è impegnata nel comunicare e diffondere la conoscenza del prodotto, e del suo rito, anche al di fuori del paesino calabrese. È autrice e interprete di una canzone dedicata, che l'ha fatta conoscere anche in Sud America.
"La domanda più comune e curiosa – ci dice Anna – è riferita al perché si consumi così tanto mate a Lungro. Verrebbe da fare una battuta dicendo che sono stati gli abitanti di Lungro ad averlo portato in Argentina, perché negli anni ’30 del secolo scorso una nostra concittadina andò in Argentina per raggiungere il figlio e il marito mettendo in valigia il bolliacqua, il mate, la bombilla per paura di non trovarli in loco. Scherzi a parte, bisogna tornare indietro a fine ’800, quando tra i lungresi emigrati in Argentina e quelli rimasti in Calabria avveniva uno scambio di prodotti. Così il mate è arrivato da noi e ci ha conquistato a tal punto che qui è nata una vera dipendenza. Questa tradizione esiste solo qui, nei comuni limitrofi se si trova e consuma il mate è perché ci vive qualche lungrese. Il legame tra questo paesino e il mate, per noi abitanti, è scontato e normale: non si beve per sete, ma solo per tradizione, per condividere dei momenti".
Cosa ha visto però la comunità albanese di Lungro nel rito del mate, tanto da arrivare a farlo proprio? "Questo fa capire come i popoli migranti trasferiscano e trasmettano cultura, perché abbiamo conservato le tradizioni albanesi quando siamo andati via dalla nostra terra d’origine, custodendole gelosamente perché sapevamo che al di fuori non l’avremmo più trovate. Con l’Argentina è successo quasi il contrario: i lungresi sono emigrati lì e al loro ritorno hanno esportato le loro abitudini portandole in Calabria. Quello che in Argentina è quasi scontato, come bere il mate, da noi rappresenta un vero rito. Noi siamo, per cultura, un popolo vivace e la tradizione del mate, che è socializzante, cade a pennello con la nostra natura. Ci tengo però a specificare che solo a Lungro esiste questa tradizione: non in altre comunità albanesi, ma solo nella nostra, al punto che il borgo si è guadagnato l'appellativo di Capitale del mate. Il fatto che noi siamo arbëreshë è una pura combinazione".
Proprio i concetti di socialità e di convivialità sono stati messi fortemente in discussione dall'emergenza Covid, tant'è che anche il rito della mateada (che prevede la condivisione della stessa "tazza" e della stessa "cannuccia") ne ha risentito. "Con la pandemia il mate è stato quasi demonizzato, tuttavia ho cercato di mantenere accesa questa candela con interviste e interventi televisivi – dice Anna, che ci spiega come questa usanza abbia cercato di adattarsi a un nuovo modo di socializzare – In famiglia si è continuato a berlo come tradizione vuole, ma tra amici è diventato più complicato. Ora si condivide solamente l’acqua, non più la bombilla e il porongo. In questo modo si riesce a rispettare la tradizione conviviale del mate seppur con tutte le attenzioni del caso. Questa ritualità la promuovo sempre di più, perché è un valore che va mantenuto. Il rito originario però sicuramente ne ha risentito".
Nel nome del mate, poi, un incontro improvviso e improvvisato che ha visto protagonista Anna con Papa Francesco qualche anno fa in occasione di una visita in Calabria del Pontefice. "A Bergoglio scrissi prima che venisse in visita il Calabria, ma mai avrei creduto che potesse leggere la mia lettera. In mezzo alla folla poi me lo sono ritrovato di fronte, l’ho chiamato, mi sono presentata e mi aveva riconosciuto; così abbiamo iniziato a parlare del mate e di Lungro. Un incontro veramente piacevole e simpatico, inaspettato e che ci ha portato anche a condividere anche una piccola mateata".
Non solo tradizione, rito e convivialità. Il consumo di questo tè è legato anche a numerosi benefici per l'organismo. "Il mate è antiossidante, diuretico ed energizzante grazie alla presenza di caffeina. Nonostante ciò non nuoce al cuore, a dispetto di altri prodotti contenenti caffeina che non potrebbero essere assunti da chi, per esempio, ha la pressione alta come me. Lo consiglio anche agli studenti che devono preparare un esame perché darà loro maggiore carica. Pensate che, in passato, i minatori di Lungro facevano colazione con peperoni, pane e mate prima di andare a raccogliere la salgemma in miniera. Il fatto che il mate si può utilizzare anche in cucina e che ha tantissime proprietà benefiche è un ulteriore punto a favore che spiega il suo largo consumo nella nostra comunità".