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9 Aprile 2022 18:10

L’ultima cena del Titanic: Jack e Rose ci raccontano cosa si mangiava sulla nave dei sogni

Immaginando un dialogo con chi viaggiò su quella traversata maledetta, abbiamo ricostruito gli ultimi pasti della nave ritenuta inaffondabile. Cosa si mangiava sul Titanic? Ce lo raccontano i protagonisti più famosi.

A cura di Alessandro Creta
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Screen dal film Titanic

Il 10 aprile del 1912 salpava dal porto di Southampton la nave più famosa della storia. Il Titanic, ritenuto inaffondabile, partito con oltre 2000 persone a bordo tra passeggeri ed equipaggio. Avrebbe dovuto raggiungere New York sette giorni più tardi, ma il destino per l'imbarcazione britannica aveva riservato un altro finale. Nella notte tra il 14 e 15 aprile l'affondamento e, a 110 anni di distanza da quell'episodio, ci siamo chiesti cosa mangiassero le persone a bordo durante il loro ultimo viaggio.

Sono giunti ai nostri giorni i menu riferiti a tutte le tre classi di appartenenza dei passeggeri: abbondanza e ostentazione per quanto riguarda le cene più esclusive, morigeratezza seppur pasti dignitosi per la "lower class". Gran parte del personale, in cucina e in sala, tra l'altro era italiano; selezionato dal restaurant manager Luigi Gatti, imprenditore pavese capace di ottenere fortune a Londra e selezionato per l'importante viaggio inaugurale del Titanic e delle sue cucine più gourmet.

Per ricostruire gli ultimi momenti a tavola di quel viaggio, abbiamo immaginato un discorso con i passeggeri del Titanic per parlare di cosa si mangiasse a bordo della nave più celebre di sempre.

Cosa si mangiava sul Titanic: il racconto dei protagonisti

“Sono trascorsi 84 anni, e ancora sento l'odore della vernice fresca” diceva l’anziana protagonista di Titanic nel film, diretto da James Cameron, del 1996. La Rose della pellicola inizia così il suo racconto al team di ricercatori che avevano raggiunto il relitto dell’imbarcazione nelle profondità dell’oceano Atlantico, continuando poi nella narrazione dei quattro giorni che passò a bordo di quella che veniva comunemente definita “la nave dei sogni”.

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Screen dal film Titanic

Ma, considerando che qui parliamo di cibo, abbiamo voluto immaginarci il racconto di una rediviva Rose (e non solamente) nel parlare delle specialità assaporate nel ristorante di quello che fu il transatlantico più grande ed esclusivo del mondo di allora.

“Sono trascorsi 84 anni… e ancora sento l’odore dell’arrosto di anatra in salsa di mele…”, potrebbe dire oggi la protagonista riferendosi a una delle portate dell’ultima cena del Titanic, parafrasando la sua citazione iniziale.

“Per gli altri era la nave dei sogni, e lo era, lo era davvero” dice Rose nelle fasi iniziali del film. Lusso e sfarzosità della prima classe (delle tre) si ritrovavano anche nella cucina dedicata, con il ristorante à la carte, il Ritz, riservato esclusivamente ai passeggeri più abbienti. Come per le stanze e gli spazi del Titanic, infatti, anche i ristoranti (e relative offerte gastronomiche) erano diversificati in base alla classe di appartenenza dei passeggeri. E i pasti erano inclusi nel prezzo del biglietto, per tutti gli ospiti a bordo. A esclusione dello stesso Ritz, per il quale serviva uno sforzo economico in più. Lusso, a quanto pare, comunque giustificato.

Titanic, cosa si mangiava in prima classe

“Ogni sera, veniva annunciata l'ora di cena come se fosse una carica di cavalleria” racconta Rose, riferendosi al momento in cui tutti i passeggeri di prima classe venivano avvisati che stava per iniziare il servizio. Il pasto poteva durare anche qualche ora, considerata soprattutto la quantità di cibo che ogni volta veniva proposta ai passeggeri più abbienti. I quali potevano scegliere se mangiare in un ristorante “standard” (sempre considerando alti parametri richiesti dalla prima classe) oppure nell’esclusivo Ritz, gestito dall’imprenditore e restaurant manager italiano Luigi Gatti. L’alternativa, per non spendere cifre ulteriori, era sistemarsi a tavola al Verandah Cafè o al Cafè Parisien.

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“Una sala esclusiva vista mare, con appena circa 150 coperti, sovrastava il resto della nave. Ancora ricordo il menu, quell’ultimo menu di quell’ultima sera” ci racconta Rose, e nessuno (lei in primis) si sarebbe mai immaginato che quel pezzo di carta così banale sarebbe diventato un’autentica reliquia. Quasi come una filastrocca, la nobile recita e snocciola le prelibatezze che, a loro modo, avrebbero chiuso l’esperienza (cibaria e non) sulla nave ritenuta inaffondabile.

Se per il pranzo i passeggeri potevano scegliere tra quattro antipasti e diversi tipi di carne alla griglia, oltre a un ricco buffet e formaggi inglesi o francesi (tra cui camembert e roquefort) era la cena l’autentica occasione sociale in cui ostentare le proprie virtù e la propria ricchezza. E il pasto doveva decisamente essere all’altezza della situazione. “Le cene potevano durare tre, quattro ore, il tempo necessario ai presenti per esibire le personali illustri qualità, sociali ed economiche – ricorda Rose scavando a fondo nella sua memoria – quei giorni mi è capitato di sedere a poca distanza da personalità quali Benjamin Guggenheim, facoltoso imprenditore e padre di Peggy, alla quale è intitolato il museo di Bilbao, e Isidor Strauss, fondatore dei grandi magazzini Macy’s a New York”. Quel ristorante, quelle sale, erano simbolo ed espressione tangibile dei canoni della Belle Epoque che da lì sa poco si sarebbe chiusa, in concomitanza con l’avvio della Prima guerra mondiale.

E, parlando di cibo, non si può certo dire che i passeggeri di prima classe andassero a dormire con giusto qualcosina nello stomaco. Leggendo il menu dell’ultima cena sul Titanic (“sopravvissuto” grazie a un passeggero che decise di conservarlo), infatti non fatichiamo a capirne il perché. Poche ore prima che la nave colasse a picco, quali prelibatezze popolavano le tavole più esclusive dei mari dell’epoca? “Potevamo scegliere da una lista di 10-13 diverse portate. Tra gli antipasti dell’ultima cena ricordo ostriche, brodo, crema d’orzo e salmone bollito in salsa di cetrioli. C’erano poi abbondanti portate principali, tra le quali filetto, pollo alla lyonnaise, agnello alla menta, arrosto d’anatra in salsa di mele".

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Il menu di prima classe

"Seppur a distanza di 110 anni impossibile dimenticare quel piccione arrosto, accompagnato da insalata di asparagi e paté di fegato d’oca”. L’unico ricordo dolce di quella triste serata? I dessert senza dubbio: “Pesche in gelatina con liquore, ma anche bignè di cioccolato e vaniglia, oppure l’immancabile pudding: era pur sempre una nave britannica”.

Il tutto servito “… da camerieri italiani in uniforme e su porcellane decorate, piatti argentati e bicchieri di cristallo”. Posate, molte posate per ogni commensale: “Ricordo Jack, quando lo imbucai a cena, mi chiese se tutte quelle forchette, i cucchiai, i coltelli accanto al suo piatto fossero per lui. Sorrisi, poi gli diedi una preziosa lezione imparata in anni e anni di cene aristocratiche: ‘comincia sempre dall’esterno’". Quindi, dopo l’abbondante pasto, “… veniva il momento del brandy nella sala fumatori”, per concludere degnamente, con stile ma anche inconsapevolezza, l’ultima serata nel bel mezzo dell’oceano Atlantico. Sognando e programmando affari in quella New York che non sarebbe mai arrivata.

Titanic, cosa si mangiava in seconda classe

Ringraziamo e salutiamo Rose dopo il suo prezioso ricordo di quella sera e scendiamo (metaforicamente e letteralmente) in seconda classe per scoprire quali fossero i pasti della middle class presente sul Titanic. Scomodiamo proprio Luigi Gatti, il restaurant manager del Ritz al quale, tuttavia, era stata riservato un alloggio proprio in seconda classe.

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Non che ci mangiasse anche, figuriamoci, ma l’imprenditore originario di Montalto Pavese aveva ben sotto controllo tutto il cibo stipato nelle stive della nave. “Avevamo caricato circa 32.000 chili di carne fresca, 3.500 tra prosciutto e pancetta, 17.000 arance, 3.500 cespi di lattuga, 1.000 chili di caffè, 5.000 di zucchero, 7.000 bottiglie di birra e 8.000 sigari. Il tutto doveva bastare per circa 2000 passeggeri per i sette giorni previsti di viaggio.”

“In cucina era un concentrato di profumi e aromi – racconta Luigi chiudendo gli occhi e lasciandosi abbandonare alla memoria dei sensi – i sentori di menta si mescolavano a quelli di affumicatura, nell’aria un odore inconfondibile di curry con il quale i cuochi, scelti personalmente da me e per la maggior parte italiani, andavano ad aromatizzare il pollo. Se non sbaglio è una ricetta ancora in voga nel vostro tempo, vero?” Ci chiede con curiosità.

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Meno lusso, meno sfarzo tra le tavole della seconda classe. Non per questo, però, minore qualità e ricercatezza nelle materie prime. Anzi, i pasti venivano preparati nelle stesse cucine della prima. “Tutto passava sotto il mio sguardo attento quanto esigente – racconta l’imprenditore pavese – e tutto doveva rispettare i benché minimi standard qualitativi, anche per chi non apparteneva alla classe più esclusiva”. Cosa venne servito la sera del 14 aprile? I passeggeri poterono scegliere tra il brodo di tapioca, merluzzo affumicato in salsa piccante, pollo al curry con riso oppure agnello in salsa di menta. La scelta, si capisce, era ampia: “E c’era anche del tacchino  arrosto in salsa di lamponi, purea di rapa, riso bollito e patate arrosto”. Pudding, gelato e frutta a chiudere il pasto.

Lo stesso Gatti non riuscì a salvarsi dall’affondamento: “Decisi di rimanere, come il capitano del Titanic, a bordo. Il ristorante, quelle cucine, erano la mia nave, e io ero il loro comandante. Attesi la fine con dignità, assieme a tutti i miei collaboratori; connazionali e scelti uno per uno. Accanto a loro iniziai quel viaggio, accanto a loro decisi di concluderlo”.

Titanic, cosa si mangiava in terza classe

Memori della sua triste fine nel film di Cameron, decidiamo di accogliere Jack accanto a un termosifone acceso e una zuppa calda, per metterlo subito a suo agio. I ricordi di ciò che si mangiava in terza classe iniziano a riaffiorare, uno per uno, mentre il racconto va avanti. “Avevo vinto due biglietti per il Titanic a una partita di poker, in una bettola di Southampton poco prima che la nave salpasse. Scommisi tutto ciò che di poco avevo, forse inebriato da una pinta di birra di troppo, ma ero entusiasta. Col senno di poi, però, sarebbe stato meglio che qualcuno avesse superato il mio full”, ci racconta, cercando di sdrammatizzare quanto accaduto ormai 110 anni fa.

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Il menu di terza classe – dal canale YouTube 12 Tomatoes

La felicità trovò conferme a bordo: “Mai visto lenzuola così pulite, mai adagiato su letti così comodi, non avevo nemmeno mai visto un lavandino. Cabine di terza classe migliori di molte stanze in cui avevo vissuto, sicuramente migliori del ponte sotto al quale avevo dormito fino a pochi giorni prima, sognando New York”.

La sorpresa confermata pure per quanto riguarda il cibo: “Apprezzo la dignità con la quale ci hanno accolto, anche inerente alla cucina. Anche se con i miei ‘fratelli’ non ho condiviso molti pasti, poiché Rose mi ha poi portato con lei al Ritz” ci dice Jack sorridendo. I ricordi dei pasti della working class insomma non sono così nitidi, ma con uno sforzo di memoria e una birra ben spillata iniziano a emergere e tutto torna d’attualità.

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Screen dal film Titanic

Carne bovina, stufato, pane, burro e frutta fresca: mai mangiato così bene, mai mangiato così tanto. Certo, finché poi al Ritz non fui sommerso di cibo, di champagne… e di posate”. Stando al menu datato 14 aprile 1912 i passeggeri poterono optare anche per le patate bollite, prosciutto e uova, formaggi e zuppa. A chiudere il tutto gli immancabili biscotti.

Menu e portate diverse, differenti trattamenti da una classe all’altra: dallo sfarzo e abbondanza all’essenziale seppur dignitoso riservato ai passeggeri più poveri. “Tante differenze – conclude Jack con ironia – una cosa però ci ha accomunato. Per tutti, dai ricchi imprenditori agli sguatteri più umili, quella serata si è conclusa nello stesso modo”.

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Quello che i piatti non dicono
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