La questione del vino dealcolato è un tema complesso che coinvolge aspetti economici, culturali e normativi. Il ministro dell'Agricoltura dice che l'Italia non può restare indietro in questo comparto ma non vuole che questa bevanda si chiami vino. Chiede una nuova parola per la commercializzazione.
Il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha espresso la sua contrarietà a definire "vino" le bevande alcoliche a cui è stato rimosso l'alcol. Secondo il ministro, il termine "vino" dovrebbe essere riservato esclusivamente ai prodotti ottenuti dalla fermentazione dell'uva e che mantengono le caratteristiche organolettiche tipiche di questa bevanda però fa un'importante apertura: "Faremo produrre i dealcolati in Italia perché tutto il mondo del vino li vuoleed è d'accordo; quindi noi che rappresentiamo il mondo della produzione ci allineiamo, ma proverò a convincere tutti che questi prodotti non si possono chiamare vino".
L'annuncio di Lollobrigida a Roma che fa un'apertura davvero fondamentale per il futuro italiano del comparto ma il ministro dell'Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste vorrebbe almeno che le aziende rinunciassero a usare il termine "vino" per questa bevanda: "Peraltro l'italiano ha tante parole per chiamare tutto ma — secondo Lollobrigida all'Ansa — siamo una nazione strana o una Unione Europea strana dove, pur avendo tante parole, si può definire una cosa con due ceci una bistecca, e ora vogliamo chiamare vino una cosa che non ha il suo interno lo stabilizzatore principale che permette al vino di evolvere in un livello di qualità maggiore. In generale la società si evolve verso il consumo moderato di vino. Ma occorre piuttosto parlare di qualità e del prezzo giusto, perché se tu vuoi un prodotto di qualità italiana dietro c'è lavoro, c'è il rispetto delle regole. c'è rispetto del territorio, ci stanno tante cose che hanno un costo. E questo costo deve diventare prezzo a un valore riconoscibile; su questo dobbiamo fare uno sforzo e lo facciamo con tutte le iniziative", ha concluso Lollobrigida.
Le imprese vinicole chiedono più flessibilità: l'Unione Italiana Vini (Uiv) preme per una maggiore libertà normativa, sostenendo che la possibilità di produrre vini dealcolati potrebbe aprire nuove opportunità di mercato. L'associazione ha chiesto al ministero dell'Agricoltura di autorizzare la produzione di questi prodotti, purché vengano rispettate determinate condizioni, come l'utilizzo di locali dedicati e il divieto di dealcolizzare vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOP) o indicazione geografica tipica (IGT).
Il dibattito sul vino dealcolato è ancora aperto e divide il mondo enologico italiano. Da un lato, ci sono coloro che difendono la tradizione e l'autenticità del vino, sostenendo che la dealcolizzazione ne altera le caratteristiche organolettiche. Dall'altro, ci sono coloro che vedono nel vino dealcolato una nuova opportunità per ampliare il mercato e rispondere alle esigenze di un pubblico sempre più attento alla salute e al benessere. A livello europeo, un recente regolamento ha introdotto la definizione di "vino dealcolizzato" e "vino parzialmente dealcolizzato". Questo significa che l'Unione Europea riconosce l'esistenza di queste bevande e ne regola la produzione e la commercializzazione. Staremo a vedere cosa farà l'Italia.