Uno dei prodotti più in crisi nel primo anno di pandemia traina il settore enologico in un 2021 dai grandi numeri. L’export dello spumante italiano vola: Usa e Cina i principali mercati.
Il mondo delle bollicine nostrane fa la voce grossa per quanto riguarda l’export. Grandi numeri in particolar modo negli Stati Uniti e in Cina, mercati di riferimento per l’indotto nazionale di categoria. Uno dei settori che durante la pandemia, tra lockdown e chiusure forzate varie, ha più accusato il colpo diventa ora uno dei simboli del rilancio enogastronomico italiano all’estero.
Nello specifico è l’Osservatorio Uiv-Vinitaly sull’export extra-Ue nei 12 mesi del 2021 a constatare come lo scorso anno sia stato quello della ripresa, del rilancio, dello spumante italiano all’estero. Nel Paese a stelle e strisce la domanda di spumanti ha fatto registrare un’impennata di oltre il 30% rispetto all’anno precedente, con il Prosecco caratterizzato da un importante +43%.
Sono però i cinesi, sempre secondo l’analisi sopra citata, a rivelarsi degli autentici amanti del Prosecco italiano. In Oriente infatti si registra un +117% rispetto all’anno precedente. Importanti percentuali di crescita per le bollicine italiane anche in Canada (+23%), Svizzera (11%) e Giappone (5%).
Numeri, cifre da capogiro e simbolo del revenge spending: un trend positivo di consumo, solitamente seguente a periodi di crisi, che ora sta interessando il mondo del vino italiano.
Questo trend al rialzo non interessa solamente spumanti e bollicine. Anche i vini fermi infatti sono protagonisti di una tendenza in crescita non indifferente nel 2021. In particolar modo i rossi Dop piemontesi e toscani negli Usa chiudono l’anno rispettivamente a +32% e a +26%, con i rossi siciliani invece particolarmente apprezzati in Canada (+52).
Questo andamento positivo riuscirà a confermarsi anche nel 2022? Le incognite sono molte, come spiega anche il segretario generale di Unione Italiana Vini Paolo Castelletti: “Servirà fare attenzione al 2022, che si è aperto con insidie da non sottovalutare, a partire dal caro prezzi dato dall’escalation dei costi energetici fino all’attacco al vino sul fronte salutistico, basato su studi semplicistici che non possiamo condividere”.
Il conflitto alle porte orientali d’Europa, intanto, pone altre incognite sul mondo dell’export di molti prodotti nostrani, non ultimo il vino italiano. Il quale in Russia (ma nei Paesi baltici in generale) gode storicamente di un mercato florido.