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22 Marzo 2025 18:00

L’inflazione peggiora la dieta e mette a rischio la salute, lo testimonia uno studio

Con l'aumento dei prezzi, fare la spesa sta diventando sempre più stress. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, per risparmiare acquistiamo cibi economici che potrebbero essere dannosi per la nostra salute.

A cura di Enrico Esente
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Sebbene una leggera e prevedibile inflazione potrebbe essere vista come positiva perché incoraggia le persone a spendere denaro piuttosto che tenerlo fermo, stimolando l'economia, da dopo la pandemia, tutto è cambiato. L'aumento dei prezzi, soprattutto degli alimenti, ha influito tanto sulla nostra quotidianità e un recente studio pubblicato su The Lancet, dimostra come, per risparmiare sul cibo, molte persone stiano mettendo a rischio la propria salute. 

L'impatto dell'inflazione sulla salute

Per la prima volta è stato preso sotto esame quello che potrebbe succedere alla salute mentale dopo un'eventuale inflazione. Gli esperti hanno analizzato 69 studi empirici e preso in analisi diversi fattori rischiosi legati all'aumento dei prezzi: stress, mortalità, aspettativa di vita, comportamenti suicidi e uso di sostanze. Quello che ne è venuto fuori fa effettivamente pensare a un effetto negativo dell'inflazione sulla salute umana.

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Gli scienziati hanno analizzato che tra i fattori di rischio ci sia anche quello legato al consumo e all'acquisto degli alimenti. Andare al supermercato e vedere i prezzi aumentati comporta una scelta ovvia: virare su prodotti più economici e salvaguardare il portafogli. L'innalzamento dei costi si riferisce proprio a variazioni generiche di tutto ciò che riguarda il cibo a partire dalla preparazione stessa, passando per la tipologia di consumo, fino al preferire alimenti già pronti e quindi più economici. Questi cambiamenti colpiscono soprattutto le famiglie con un reddito più basso poiché, evitando prodotti più costosi (più soggetti a inflazione) si evitano anche verdure, grassi buoni o addirittura interi pasti durante la giornata. Tutto questo, secondo lo studio pubblicato su The Lancet, alla salute non fa bene.

Il carrello della spesa economico non è salutare

Come dicevamo precedentemente, l'inflazione determina tutto ciò che è connesso al pasto in generale, persino la quantità di cibo presente. Secondo dati Istat, si registra un aumento medio dei prezzi al consumo pari al 5,7% (picco di 9,8 a gennaio). Nell'ultimo anno alcuni beni di largo consumo non hanno fermato la loro risalita astronomica. Su tutti l'olio extravergine di oliva e le uova. Il primo ha fatto registrare una maggiorazione dei prezzi del 50%, il costo delle uova è salito del 37 per cento. 

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Spesso, avvicinandoci al banco di frutta e verdura, dopo aver visto i prezzi troppo alti, l'idea di un consumatore è quello di sostituire i prodotti costosi, con altri più economici da acquistare in grande quantità e riempire così la dispensa. La scelta per esempio potrebbe virare verso sostituti ultra-processati che potrebbero risultare altrettanto sani. Se non di farne a meno del tutto, l’obiettivo è quello di scegliere con consapevolezza e dosare le quantità assunte.

Per risparmiare vengono sostituiti frutta e verdura fresca con succhi di origine industriale, marmellate zuccherate, sughi pronti o zuppe vellutate in brick. Stesso discorso vale anche per il pesce con i compratori che acquistano prodotti come bastoncini o surimi al posto del pesce fresco.

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Lo studio pubblicato su The Lancet ha messo in mostra quindi come molti di quei cibi che crediamo possano sostituire fonti di nutrimento primarie, siano in realtà scarse di nutrienti e lavorati industrialmente. La ricerca ci rivela che la riduzione del consumo di alimenti essenziali stia avendo conseguenze dirette sulla salute pubblica. Diversi sono gli studi scientifici che negli ultimi anni hanno dimostrato come un’alimentazione povera di nutrienti base possa aumentare di molto i rischi di malattie croniche come  diabete di tipo 2, obesità e infarto.

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