Il colore del guscio ha delle striature rosa date dalla luce del sole, il sapore è invece netto, riconoscibile, una goduria: le ostriche rosa del Delta del Po sono un'eccellenza italiana, che nulla ha da invidiare alle ostriche francesi. Vediamo tutto ciò che c'è da sapere su questo prodotto: quanto costa, come abbinarle al meglio e come sono nate.
Se pensiamo alle ostriche ci immaginiamo subito le spiagge della Bretagna, quei costoni di roccia bagnati dall'Atlantico pieni zeppi di questi molluschi. L'associazione mentale non è sbagliata ma, da qualche anno, anche l'Italia dice la sua nell'ostricoltura grazie alla caparbietà di un francese e di produttori avveduti. Uno degli esempi migliori di ostrica italiana di altissima qualità è l'ostrica rosa del Delta del Po, una varietà gustosissima che nulla ha da invidiare alle cugine d'Oltralpe. Il nome commerciale di questo conchigliaceo è Ostrica Rosa Tarbouriech, dal nome di Florent Tarbouriech, un ostricoltore francese di Sète che ha inventato un nuovo metodo di allevamento. Nel 2010 chiese ai membri della cooperativa delle Sacca di Scardovari come mai riuscissero a fare le cozze migliori al mondo ma non si impegnassero con le ostriche: i pescatori la presero come una sfida e, aiutati da Tarbouriech, crearono la famosa ostrica rosa, la preferita degli chef, la cosiddetta "Perla del Po".
La prima curiosità riguardo questo prodotto è legata al nome: ovviamente non troverete mai un'ostrea rosa come un maialino, il suo nome deriva infatti dal colore delle striature del guscio, se visto al sole. Ci sono delle sfumature rosa sulla superficie che sono più o meno evidenti a seconda della luce. L'ostrica in sé è indistinguibile dalle altre, ma ha delle caratteristiche davvero eccezionali ed è molto preziosa: il suo costo si aggira sui 6 euro a pezzo, una cifra importante anche per un'ostrica di livello.
Il prezzo è dovuto a molteplici fattori:
Ci troviamo di fronte a un vero gioiellino che Dinner Club, nella sua prima puntata con Carlo Cracco e Fabio De Luigi, ha presentato a tutti gli italiani.
La coltivazione di questi molluschi nella Sacca di Scardovari è cominciata una decina d'anni fa ma, in realtà, già negli anni ’80 i veneti hanno provato ad allevare le ostriche. I risultati non sono stati soddisfacenti: le ostriche erano sì carnose, ma erano anche sporche e avevano un sapore amarognolo, impossibili da proporre alla ristorazione. Il progetto è naufragato anche perché la Sacca di Scardovari produce le migliori cozze al mondo, una Dop che conta solo due varietà in tutta Europa e che finisce sulle tavole dei migliori ristoranti del pianeta. Perché "perdere tempo" con le ostriche, dopo i fallimenti, se c'è già un prodotto d'eccellenza?
Perché lo ha detto Florent Tarbouriech. Il visionario imprenditore francese installa il proprio metodo in Veneto, un metodo che consiste nella coltivazione in verticale su corda e non in orizzontale come in Francia. Questa innovazione permette alle ostriche di entrare e uscire dall'acqua simulando le maree che mancano in Italia e che invece sono all'ordine del giorno in Normandia e Bretagna. Tutto l'allevamento si può gestire dallo smartphone, è a impatto zero perché sfrutta l'energia eolica e fotovoltaica. Il risultato è un'ostrica dal sapore incredibile, dal gusto corposo, con elevati valori nutritivi.
Se pensate però che questa "conversione" sia stata semplice, vi sbagliate di grosso: ancora oggi sono pochissimi i produttori di ostriche nella Sacca di Scardovari e fin dal primo giorno c'è stato molto ostracismo. Le novità fanno sempre paura, soprattutto se in passato chi ha provato a portare questa novità ha miseramente fallito. Poco importa, però, perché quei pochi temerari stanno offrendo un'eccellenza nazionale a chi sa apprezzarle e stanno creando una new wave delle ostriche: prima dell'ostrica rosa, nel nostro Paese c'erano solo piccoli banchi selvatici tra la Sardegna e la Liguria, pochi chili all'anno per un prodotto di media o bassa qualità. Grazie a questo metodo stanno nascendo numerose varietà, come l'Ostrica di San Michele, in Puglia, seguita da Corrado Tenace. Stanno nascendo impianti in tutto lo Stivale e possiamo considerare l'ostricultura una nuova eccellenza italiana a tutti gli effetti, che sta andando (e che andrà) ad affiancare cozze e vongole.
La cosiddetta Perla del Delta è ideale da cruda ovviamente, così da godersi tutto il sapore. Se vi chiedete come si mangiano le ostriche il consiglio è sempre di andare sul crudo, al naturale, perché non sbagliate mai. Anche in questo caso ci vuole però una certa attenzione: aprirla nel modo corretto, senza intaccare il guscio, è molto importante, così com'è importante liberarle di tutta l'acqua che altererebbe il sapore.
Ora arriva il momento dell'assaggio: schiacciatele sul palato per sentire il sapore e poi masticate lentamente. Se volete azzardare qualche abbinamento consigliamo di cominciare con un semplice pepe e limone, come per le cozze. Molto buone anche con qualche goccia di gin o di Prosecco. Può sembrare insolito ma l'abbinamento mare-terra funziona alla grande: scottate qualche pioppino o qualche porcino, due varietà tipiche del Veneto, e adagiatelo sull'ostrica, il sapore si amalgama alla perfezione per una vera sensazione di umami.