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28 Settembre 2021 13:00

Le ostriche mangiate nei ristoranti di New York potrebbero salvare la città dagli uragani

A New York i cittadini potrebbero cominciare a mangiare più ostriche per salvaguardare la città: due gruppi di ricerca, sfruttando gli studi sulla storia della Grande Mela, hanno evidenziato il ruolo dei molluschi nella protezione dello Stato. Le ostriche saranno usate come frangiflutti viventi contro gli uragani che colpiscono sempre più duramente la East Coast.

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La scienza qualche volta può guardare indietro per andare avanti, come una rincorsa: qualche passettino a ritroso per poi saltare più in alto possibile. Così stanno facendo biologi, ingegneri, architetti, zoologi oltre a ristoratori, volontari e studenti del Billion Oyster Project, uno dei due piani finanziati dall'amministrazione di New York per difendere la città dagli uragani. L'altro progetto è strettamente legato a questo ma non è ancora partito. Entrambi hanno studiato la New York del passato per preservare la Grande Mela nel futuro.

La storia delle ostriche a New York, un'altra specie uccisa dall'uomo

Il principio pensato dal Billion Oyster Project è tanto semplice quanto geniale: le ostriche in primis, insieme ad altri molluschi, fungerebbero da "frangiflutti viventi" per difendere New York dalle grosse tempeste. La richiesta di trovare soluzioni sostenibili per difendere la Grande Mela è nata nel 2012, pochi giorni dopo l'Uragano Sandy che ha devastato la città: 90 mila edifici danneggiati, stazioni della metropolitana inondate, ospedali senza corrente elettrica, 2 milioni di persone con problemi legati alle abitazioni e ai beni di prima necessita, 24 morti. Il costo per riparare i danni si è assestato a 19 miliardi di dollari.

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Dal 2012 l'amministrazione di New York ha così avviato una serie di ricerche per difendere la città dagli uragani e dall'innalzamento del livello del mare. La Grande Mela è una delle località più esposte al mondo riguardo questi due problemi. I progetti più avanzati fino a questo momento prevedono la "collaborazione" delle ostriche.

Gli studiosi hanno infatti constatato che fino al Novecento la città aveva subito danni molto ridotti dagli agenti atmosferici. Tralasciando tutti i cambiamenti causati dall'uomo, accelerati negli ultimi 50 anni, il nocciolo della questione doveva risiedere per forza in qualche altro quesito. Le ricerche hanno portato ai molluschi: quando fu fondata la città di New York, nel 1624, l’estuario del fiume Hudson era pieno di barriere di ostriche, che nei secoli successivi furono un’importante fonte di cibo per la città in espansione. All'inizio del secolo scorso di tutti questi conchigliacei restava ben poco: l'aumento della popolazione, i grandi flussi migratori, lo sfruttamento delle acque decimarono le ostriche e quelle poche che restavano non erano neanche più commestibili. Dopo la rivoluzione industriale New York ha realizzato dei drenaggi per migliorare le condizioni di navigazione dell'Hudson, alterando l'ambiente e inquinando le acque del fiume. Questo portò alla perdita di tanti posti di lavoro legati all'acquacoltura fino al 1927, anno in cui chiuse l'ultima società di vendita di ostriche newyorkesi.

Per ben 50 anni nessuno si è preoccupato di cosa stessero combinando nell'Hudson, rendendo il fiume una cloaca. Nel 1972 però Richard Nixon approvò una legge che avrebbe fatto la storia: la Clean Water Act per regolare l'inquinamento delle acque. L'obiettivo del Governo era di ripristinare l'integrità delle acque degli Stati Uniti in ogni modo possibile. Addirittura questa legge mette sotto la lente di ingrandimento proprio le responsabilità USA sul tema. È una delle prime e più influenti leggi ambientali americane. Sebbene non abbia mantenuto le attese in toto, la situazione cominciò a migliorare soprattutto negli Stati del Nord-Est. Il processo è stato lento e macchinoso ma, finalmente nel 2000, l'amministrazione constatò che le acque dell’estuario erano abbastanza pulite da permettere la sopravvivenza delle ostriche. L'acquacoltura riprende ma in maniera molto blanda: evidentemente l'interesse economico non era così alto da giustificare un'ostricoltura degna di questo nome ma adesso, per la sopravvivenza di New York, le cose stanno cambiando.

In che modo le ostriche possono salvare la Grande Mela?

La presenza delle ostriche nelle acque porta tutta una serie di vantaggi tutt'altro che trascurabili, non solo a New York ma ovunque. Questi conchigliacei favoriscono la presenza di molte altre specie perché i gusci costituiscono un habitat per altri animali, cavallucci marini in primis. Le ostriche, così come le cozze, filtrano l'acqua e trattengono molte sostanze dannose, aiutando a combattere l'inquinamento. Ultimo e più importante benefit della coltivazione delle ostriche: in caso di uragani questi animali fungono da frangiflutti e proteggono le coste dall’erosione dovuta alle onde e alle inondazioni. Proprio per questo motivo anticamente New York era meno esposta alle tempeste rispetto a oggi.

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Il primo progetto, come detto, si chiama Billion Oyster Project, è iniziato nel 2014 e coinvolge studenti, volontari, scienziati e 75 ristoranti. In pratica si sfruttano i gusci delle ostriche "usate" messi da parte dai ristoratori; questi vengono raccolti su un'isola dell'estuario dell'Hudson e lasciati per un anno all'aperto in modo da "ripulirsi". Le conchiglie vengono messe all'interno di ceste forate per essere immerse in degli acquari riciclati da vecchi container. In questi "acquari" vengono liberate tantissime larve di ostrica, che alla nascita sono minuscole e senza guscio. Nell'arco di una settimana i cuccioli si ancorano alle conchiglie usate, sfruttandole come sostegno per crescere e non farsi spostare dalla corrente. A questo punto le ceste diventano delle basi per nuove barriere di ostriche che i volontari del progetto collocano in diversi punti del fiume, diversificando la zona e la profondità. Dal 2020 ad oggi ne sono state piazzate 15 con risultati davvero incoraggianti che hanno portato alla nascita del secondo progetto, tutto dedicato a Staten Island.

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Il secondo studio approvato dall'amministrazione si chiama Living Breakwaters, letteralmente traducibile in "Frangiflutti viventi". Non è ancora partito perché è legato al Billion Oyster Project, con le ostriche come protagoniste e tanti altri "amici acquatici" a supporto.

Il Living Breakwaters consiste in nove frangiflutti costruiti in modo da diventare un habitat accogliente per ostriche, astici e pesci in generale. Prevede la realizzazione di piscine artificiali nei punti in cui l'acqua si ritira con la bassa marea per aiutare gli animali a sopravvivere. I frangiflutti saranno completati proprio dai cesti di ostriche forniti dal Billion Oyster Project, che cresceranno nel tempo con altre specie, per questo motivo si dice siano "viventi".

Le barriere saranno lunghe circa 730 metri e serviranno a ridurre la forza d'urto delle onde durante gli uragani, limitando di molto i danni; non saranno visibili all'esterno e saranno costruite per essere "disordinate", ovvero piene di nicchie e fessure, con i gusci di ostrica all'esterno. Questo porterà una grande varietà di animali a trovare una nuova "casa", migliorando la qualità delle acque newyorkesi e proteggendo la città. I lavori dovrebbero terminare nel 2024, portando la Living Breakwaters ad essere la più vasta infrastruttura urbana americana basata sull’interazione con l’ambiente naturale.

Un lavoro enorme che coinvolge centinaia di persone e che porterà solo benefit alla città facendo interagire l'uomo e la natura. E pensate che tutto questo nascerà dai gusci di ostrica lasciati dai clienti dei ristoranti di New York.

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