Un metodo di cottura primordiale, che ci riconnette direttamente con i nostri antenati: la grigliata è ciò che siamo, come esseri umani evoluti. In tutto il mondo ci sono delle specialità da cucinare tipicamente sul fuoco, con delle caratteristiche peculiari che raccontano molto della storia e dello sviluppo della nazione che rappresentano. Ecco il racconto della storia e delle caratteristiche delle 15 grigliate più diffuse al mondo.
Se andate in giro per il mondo scoprirete che c'è una sola cosa che ci accomuna tutti a tavola: la grigliata. Il fuoco è una cosa molto potente perché ci permette di nutrirci. Siamo l'unica specie sulla Terra che ha imparato a cucinare ed è proprio imparando a cucinare che siamo diventati davvero umani.
Questo tipo di cottura nasce da un bisogno primordiale molto semplice e immediato: ci risparmia la fatica di masticare. Una necessità chiarissima se si osservano i primati, che passano circa metà giornata a scorticare e digerire foglie e arbusti. Il professor Richard Wrangham, docente ad Harvard fra i massimi esperti di primati al mondo, ha passato lunghi periodi della propria vita a contatto stretto con le scimmie, vivendo come loro. Secondo lo studioso "è praticamente impossibile per noi vivere in questo modo. Per gli umani mangiare del cibo cotto è naturale, mangiare del cibo crudo è innaturale, l'esatto opposto degli altri animali".
Basandosi sui rilevamenti Wrangham ha ideato una teoria davvero rivoluzionaria e discussa: è stato l'atto di cucinare a farci diventare "umani" e ormai fa parte della nostra biologia. La sua idea è che l'homo erectus come primo essere umano sia solo una scimmia che si è evoluta quando ha cominciato a cucinare: questa teoria troverebbe conferma nell'evoluzione del cranio e del nostro sistema digerente.
L'utilizzo del fuoco, con il passare dei millenni, ha perfezionato il nostro modo di cucinare e di mangiare. Il viaggio nelle grigliate del mondo ci porta alle origini stesse della cucina e in ogni angolo della Terra, con degli esempi davvero interessanti di come, una semplice grata su fuoco vivo, possa avere tante differenziazioni culturali.
Fare una selezione di griglie dal mondo in cui vengono menzionate tutte le tecniche è praticamente impossibile: letteralmente ogni zona del pianeta ha una propria caratterizzazione, con pregi e difetti, con innumerevoli accorgimenti e vezzi. Pensate che Steven Raichlen, uno dei più famosi grigliatori al mondo e grande studioso teorico del tema, ci ha dedicato oltre 25 libri ai barbecue di tutto il mondo, Italia compresa. Vediamo dunque le 15 tradizioni "da brace" più influenti e importanti al mondo.
La grigliata nostrana è definita dai cultori "hot and fast", ovvero calda e veloce. Ha dei tempi di preparazione estremamente rapidi rispetto alle altre griglie tradizionali, e la graticola si posiziona molto vicino alla fonte di calore, con una temperatura di combustione più alta e dei tempi di cottura che si riducono a pochi minuti. Il tipico sapore della carne cotta alla griglia secondo il metodo italiano viene donato dai grassi che gocciolano sulla fonte di calore, per poi evaporare. Solitamente si usano tagli piccoli e umidi, via libera, dunque, a bistecche, braciole di maiale, frutti di mare, hamburger, salsicce e petti di pollo. Anche la verdura si presta particolarmente a questa tecnica.
La regina della grigliata all'italiana è senza ombra di dubbio la fiorentina, un taglio alto comprensivo dell'osso, da cuocersi sulla brace o sulla griglia, con grado di cottura "al sangue".
La tradizione del barbecue negli Stati Uniti racconta perfettamente la nascita della nazione: riguarda gli immigrati, gli schiavi e gli schiavisti, tre elementi che hanno tristemente caratterizzato le origini degli USA. Le esplorazioni di questi tre gruppi di persone hanno creato la cosiddetta "cintura del barbecue", la Barbecue Belt, una zona che va dal golfo del Texas all'Atlantico, con gli avamposti corrispondenti ad Austin e Kansas City. In questo lembo di terra ci sono quattro distinte tradizioni sul barbecue: Carolina, Texas, Memphis e Kansas City:
In Indonesia, Malesia e in tutto l'arcipelago del Sud-est asiatico la tradizione del barbecue è strettamente legata allo spiedino che in questi luoghi si chiama satay. Si ritiene che le prime preparazioni di satay abbiano avuto origine nella cucina javanese, il gruppo etnico più grande d'Indonesia. Nella cultura dei javanesi il cibo è parte integrante delle cerimonie tradizionali, usato come simbolo di gratitudine durante le feste comunitarie in cui tutti gli ospiti presenti (amici, nemici, conoscenti, parenti e turisti) sono invitati a mangiare insieme: la preparazione stessa di ogni singola pietanza è aperta a tutti. Simboleggia anche il gotong-royong (lavorare insieme) e il guyub (spirito comune armonioso), abbondanza e gratitudine. La maggior parte della cucina javanese è risalente all'epoca dei villaggi e infatti ha delle fortissime connotazioni regionali, un po' come in Italia, dove un semplice piatto di pasta viene declinato in maniera differente anche a pochi chilometri di distanza.
Durante le feste si preparano tantissimi tipi di satay e a seconda della zona in cui ci si trova, lungo tutto l’arcipelago, sono centinaia le varianti riscontrabili: la cosa che le accomuna sono i bastoncini su cui vengono infilati i pezzi di carne, tradizionalmente di bambù. I dadini possono essere di pollo, capra, montone, maiale, manzo, tofu o pesce. Gli spiedini sono grigliati a fuoco vivace o cotti a fuoco lento su una brace di legna, serviti poi con vari condimenti piccanti e diverse salse come quella di soia o una speciale salsa d'arachidi.
Per certi versi restiamo nel Sud-est asiatico, per altri no. Tecnicamente, infatti, il lechón è la grigliata tipica della penisola iberica, in particolare della Spagna. Si tratta di un maialino da latte, cotto per intero molto lentamente su carbone o legno, un po' come accade con in Sardegna. La stessa parola "lechón" deriva dal termine spagnolo "leche", che significa "latte".
Ma cosa c'entrano allora le Filippine? Per questo ci viene in soccorso nientemeno che Anthony Bourdain, il celebre cuoco e divulgatore americano scomparso nel 2018: secondo lo chef di origini francesi a Cebu c'è il miglior lechón al mondo, con i maiali più saporiti del globo. Prima di "Viaggio di un cuoco", uno dei libri più riusciti di Bourdain, la tradizione del lechón filippino era rimasta confinata nell'arcipelago. Lo fanno da secoli lì, con lo stesso metodo degli spagnoli, è letteralmente il piatto più rappresentativo della nazione, ma non l'avevano mai detto a nessuno.
Il lechón è cucinato tutto l'anno per occasioni speciali, come feste oppure sagre. Dopo la stagionatura, il maiale viene sventrato e cotto per intero, infilato in uno spiedo che viene lentamente fatto ruotare sopra una fossa foderata di braci ardenti. Il processo di cottura rende solitamente la pelle croccante, mentre la carne all'interno risulta più tenera. Il sapore è piuttosto delicato e ricorda quello della porchetta. Il contrasto di consistenza tra l'esterno croccante e l'interno tenero è la caratteristica distintiva di questo piatto.
Quando pensiamo all'India ci viene subito in mente la miriade di spezie che in Italia apprezziamo grazie al talento di Francesco Apreda e alle sue selezioni. In realtà c'è una tradizione molto importante e altrettanto antica che riguarda il fuoco: stiamo parlando del tandoor. Questo tipo di cottura la possiamo trovare in India, dov'è al suo massimo, ma anche in Azerbaigian, Turchia, Iran, Pakistan, Afghanistan, in quasi tutto il Medio Oriente e in tutta l'Asia meridionale.
Il tandoor o tandoori altro non è che un forno d'argilla a forma di campana rovesciata oppure cilindrica. Il calore viene generato da un fuoco che brucia alla base del forno e raggiunge temperature altissime, che sfiorano i 500 °C. È pratica comune mantenere il forno acceso per lunghi periodi in modo da mantenere la temperatura adatta alla cottura. Si tratta di un oggetto molto particolare e affascinante perché è una sorta di unione tra un forno interrato e un forno piano a muratura; solitamente è anche molto bello e curato.
In Azerbaijan nel tandir si cucina il lavash, un tipico piatto da strada; la griglia indiana è invece molto diversa e a base di carne. I piatti tipici del tandoor sono il pollo tikka e il pollo tandoori:
La cosa interessante del rapporto tra la griglia e l'India o, più in generale, il Sub-continente indiano, è che il tandoori viene usato specificatamente per la carne, ma quasi il 50% degli indiani si professa vegetariana e l'altra metà della popolazione la mangia comunque molto di rado. In pratica gli indiani non mangiano quasi mai la carne, ma quando lo fanno usano questa antichissima tecnica di cottura.
La grigliata giapponese prende il nome dagli strumenti in cui viene cotta, ad esempio l'hibachi. Probabilmente l'avete anche assaggiata: sull'hibachi si fanno gli yakitori, quegli spiedini di pollo onnipresenti in tutti i ristoranti del nostro Paese. Ovviamente gli yakitori originali hanno un sapore molto diverso rispetto a quelli che proviamo di solito, in comune c'è però la salsa teryaki.
Altro stile molto importante è il yakiniku, tradotto letteralmente con "carne grigliata": costituisce un metodo tipico della cucina giapponese per cucinare carne e verdura, e, più in generale, è una varietà di piatti a base di griglia. L'ingrediente tipico è il manzo marinato ed è uno dei metodi più moderni di cottura della carne: fino al 1871, infatti, in Giappone era vietato cucinare piatti a base di carne. Non a caso la prima menzione scritta della pietanza è solo del 1931. La preziosissima carne di Kobe viene grigliata con la massima cura proprio con questa tecnica; tradizionalmente servita con una salsina acidula a base di cipolla, scalogno, lime, limone, mirin, salsa di soia.
Grande rilevanza ce l'ha anche lo shichirin, un fornello leggero, compatto e facile da spostare, alimentato generalmente attraverso il carbone vegetale. Di solito con questa particolare fonte di calore si cuociono le verdure, perché si tratta di un metodo molto delicato che mantiene intatte le proprietà nutritive dei vegetali.
Tecnica molto antica è invece quella della robatayaki, la cui invenzione è attribuita a un pescatore che sulla barca voleva immediatamente grigliare il pesce pescato. Si utilizzano carbone e bambù, posto sotto apposite piastre per affumicare il pesce in contemporanea. Solitamente sugli animali si attua anche una leggera marinatura a base di soia, zucchero e mirin.
La grigliata dei Balcani è concettualmente molto simile a quella italiana: prevede una cottura violenta ed è un ottimo modo per festeggiare eventi importanti e feste in famiglia. Viene usata in particolar modo durante le feste religiose in primavera-estate ed è sempre accompagnata da drink alcolici. Due sono le preparazioni principali:
L’asado argentino è un metodo di cottura molto diverso da quello a cui siamo abituati in Italia: tempi lunghissimi, carne ben cotta e una distanza ragguardevole tra la fonte di calore e il taglio di carne. C’è molto altro però, dalle tradizioni degli allevatori ai vari tipi di carne, passando per il chimichurri: l’asado è identità argentina, oltre che una semplice tecnica.
La cottura tipica dell’asado è lunga, la carne viene tenuta a distanza dalla brace e questo fa sì che resti morbida e umida all’interno, ma con una crosticina all’esterno. Può far storcere il naso a molti, ma il gusto medio sudamericano acquisito nei secoli non apprezza le cotture al sangue. L’asado deve essere al punto, ovvero con una carne completamente cotta, anche internamente; al massimo jugosa, succosa, ma mai al sangue. Oltre alla canonica carne con l'asado si può cucinare anche il chorizo da mettere nel choripan, il petto e le costolette di maiale, la carne di capra o di lama (soprattutto sulle Ande), la pecora o il potro, un cavallo selvatico molto presente in Patagonia.
Più che di grigliata brasiliana dovremmo dire "grigliata di Rio Grande do Sul", lo Stato più a sud del Brasile. La tradizione del churrasco è infatti una tradizione di confine, contesa fra argentini e brasiliani, perché questa preparazione ha origine proprio grazie ai primi colonizzatori delle due nazioni. La storia del churrasco è tutt'altro che invitante: i primi gauchos nei lunghi spostamenti per seguire le mandrie tagliano dei grossi pezzi di manzo da legare alle spalle del cavallo. Perché fare questo? Perché in tal modo si sarebbero salati con il sudore dell'animale. Sì, è rivoltante, ma è così che si faceva all'inizio.
Oggi fortunatamente non si fa più in questo modo e con il termine "churrasco" si indica una grigliata mista di carne, una filosofia del mangiare in compagnia. Si possono cucinare petti di pollo e di maiale, costolette di manzo e bue.
Altra caratteristica del churrasco è la marinatura che ammorbidisce e insaporisce la carne tagliata a pezzettoni e il retrogusto leggermente affumicato dato dalla cottura che avviene sulla griglia ad una distanza di quasi mezzo metro dalla brace. La particolarità di questa preparazione è costituita dalla cottura diretta al calore della brace, con la carne posta però a una certa altezza. Le carni vengono grigliate direttamente sulla grelha, oppure preparate su uno "spiedone" a sezione piatta o a V. Durante la cottura il grasso, sciogliendosi, fornisce il sapore caratteristico.
E la picanha cos'è? La picanha è il taglio di manzo corrispondente alla punta di sottofesa. Si cuoce sullo spiedone ed è tagliata in tre o quattro grosse fette, ripiegate con il grasso verso l'esterno. Per cucinarla alla perfezione occorre rivoltarla spesso e regolarmente, in modo da evitare che il grasso coli in quantità eccessiva. La preparazione viene affettata solo nella sua parte esterna e servita, mentre la parte rimanente sullo spiedo viene rimessa in cottura.
Il barbecue statunitense e il braai sudafricano sono molto simili e strettamente imparentati. Fin dagli albori della storia del bbq a stelle e strisce l'influenza degli schiavi è stata centrale ,perché erano in molti fra loro a portare dentro il cuore le lunghe braciate in Africa. Anche i ruoli da leader della griglia sono simili: in America c'è il pit master, in Sud Africa c'è il braainer, un ruolo sociale molto rispettato. A parte questo: i tagli e le carni impiegate sono diverse, dal manzo al pollo, dalle tradizionali boerewors (particolari tipi di salsicce) al kebab di montone.
Molto spesso si parla della griglia sudafricana con il termine "braaievleis" che deriva dalla combinazione delle parole afrikaans braai, che significa "grigliare", e vleis, che significa "carne". Questa grigliata rappresenta non solo il modo di cucinare, il dispositivo di cottura, ma anche il pasto stesso che si condivide con la famiglia o con gli amici.
La cottura della carne viene effettuata esclusivamente con legna e il rituale dell'accensione del fuoco: è un'attività esclusivamente maschile, ancora oggi, anche nelle città più al passo coi tempi. Il processo di cottura è molto lungo e i braainer raggiungono questo "livello" dopo anni e anni di osservazione. La pietanza tipica di questa griglia è una salsiccia a base di manzo, maiale e agnello, con diverse spezie locali. Non viene servita al piatto ma mangiata con il pane proprio come un hot dog. Si può grigliare comunque di tutto e ogni pezzo di carne viene attentamente marinato con la salsa monkeygland, una delle preparazioni più caratteristiche della cucina sudafricana: aglio, zenzero, salsa di soia, ketchup, senape e cipolla. Il chutney viene poi ricoperto sulla carne, sia come marinata il giorno prima del braai, sia per accompagnare la carne alla degustazione.
Il Mu kratha è un metodo di cottura diffusosi in tutto il Sud-est asiatico ma che è parte della cucina tipica thailandese. Con questa griglia si cucina solo ed esclusivamente il maiale, è simile al barbecue coreano. La carne affettata viene grigliata sulla cupola al centro, attorniata da una zuppa in cui cuociono verdure e altri ingredienti, come le polpette di pesce. La pentola si trova sopra un cumulo di carbone ardente che griglia e al contempo bolle il cibo. Gli ingredienti usati solitamente per questo tipo di cottura sono maiale sulla griglia, il pollo, montone, agnello, frutti di mare, verdure e funghi dal lato della bollitura. Il mu kratha thailandese è servito con nam chim, una salsa di accompagnamento popolare nel Paese.
Questa preparazione è diventata tipica anche della cultura hawker di Singapore e proprio nella Città-Stato si è evoluta. Secondo i thailandesi stessi questo piatto sarebbe infatti nato da una diaspora, quella dei coreani durante la guerra tra Nord e Sud. Stando a quanto scritto dalla critica gastronomica Tammika Songkaeo "i soldati coreani hanno trovato solo carne cruda lungo il loro cammino e l'hanno cucinata nei loro elmetti riscaldati. I thailandesi, vedendo quanto fossero buoni e popolari questi pezzi di carne, hanno fatto loro questo metodo di cottura". La grigliata thailandese ha avuto enorme successo all'inizio del III Millennio proprio grazie alla cultura hawker di Singapore: i ristoranti thailandesi, comprendendo il potenziale della propria cucina, sono passati in breve tempo da locali a buffet, con un prezzo irrisorio e un'attenzione all'igiene a dir poco discutibile, a dei veri e propri ristoranti tematici, in cui la carne è selezionata e l'attenzione per ogni dettaglio è altissima.
Di tutta la lista questa è l'unica preparazione più famosa all'estero che in patria. Il barbecue coreano è come un rituale di gruppo in cui tutti grigliano sottili fette di carne direttamente al proprio tavolo, un po' come succede con la fonduta in Svizzera. Ha un aspetto e un sapore molto delicato ed è accompagnato da tanti contorni. Si chiama gogi-gui, o gogihui, ed è stata introdotta in Corea durante la dinastia Goguryeo tra il 37 a.C. e 668 d.C. Nel corso del successivo regno di Goryeo, quando il buddhismo diviene un’ideologia di Stato e la sua accettazione porta a un’ampia diffusione della cucina vegetariana, il barbecue perde consensi. Torna in voga dopo una serie di invasioni dei Mongoli, popolo amante della carne, nel XIII secolo, e con l’inizio della dinastia Joseon, nel XIV secolo. Attualmente non solo il barbecue è presente in molti ristoranti in Corea, ma si è affermato come trend anche in altri paesi del mondo, tra cui l’Italia.
Le carni più utilizzate per il gogihui sono quelle di maiale e di manzo e in particolare il samgyeopsal (pancetta di maiale) e il galbi (costolette di manzo). Molto spesso i coreani utilizzano il bulgogi, un controfiletto di manzo che si cuoce molto velocemente. Tutte le carni vengono marinate in una soluzione di salsa di soia e olio di sesamo.
La carne ha sempre giocato un ruolo molto importante nella tradizione gastronomica mongola, come spesso accade per i popoli nomadi che occupano territori aspri e difficili da coltivare. Pensate ad esempio alla tartare: secondo la leggenda la preparazione originale appartiene al popolo nomade dei Tartari, originario dell'Asia centrale che, non avendo tempo per cucinare, poneva la carne essiccata sotto le selle dei propri cavalli per trovarla ammorbidita al momento del pasto, creando appunto la tartare. Una ricetta che è decisamente cambiata nel tempo.
Nei momenti di pausa tra un viaggio e l'altro i mongoli usavano dedicarsi all'esperienza del khorkhog, pasto tradizionale riservato agli ospiti di un certo riguardo, a base di carne di agnello o capra. Questa griglia prevede un pre-riscaldamento delle pietre che poi vengono messe in una pentola insieme alle carni scelte, tagliate in pezzi abbastanza piccoli da poter essere consumati con le mani, senza posate, in barba a ogni spirito di conservazione dei propri arti superiori che si bruciano. Una tradizione mongola molto affascinante riguarda proprio le pietre: gli ospiti devono conservare almeno uno dei sassi su cui è stata cotta la carne, in segno di buon auspicio, e usarlo a loro volta in una successiva grigliata.
La Cina è gigantesca e quindi le tradizioni sono tra le più disparate anche all'interno della stessa nazione. Per secoli è rimasta divisa internamente, poi suddivisa tra i vari Stati confinanti, spesso ha subito delle invasioni e queste cose segnano inevitabilmente la storia gastronomica di una nazione. Le tipologie di grigliate più "unitarie" di tutta la Cina sono il chuanr, originario della provincia dello Xinjiang, e il char siu, il più conosciuto al di fuori dei confini nazionali, proveniente dalla zona cantonese:
Ci sono due anime all'interno del barbecue australiano: la prima è quella più immediata, quella predominante, con pregi e difetti, ed è quella occidentalizzata e globalizzata; la seconda è quella arcaica, primordiale, legata ai primi aborigeni.
Per gli australiani il bbq rappresenta un vero e proprio stile di vita: in ogni stagione, e soprattutto d'estate, cucinare all'aperto e in compagnia è una delle attività più apprezzate della nazione. Non è un caso se alcuni dei migliori cuochi al mondo, specializzati in questo tipo di cottura, si siano stabilizzati proprio a Sydney (Lennox Hastie un esempio su tutti). Il barbecue è considerato una parte così centrale della vita australiana che anche il governo ne ha riconosciuto l’importanza: sull'isola ci sono aree allestite per il "barbie" in ogni campeggio, parco nazionale, area di sosta o spiaggia.
Un tipico barbecue australiano deve includere le snags, ovvero le salsicce, le cipolle, le costine di maiale, le cosce di pollo e le pannocchie. Tutto viene cucinato a fuoco lento e spesso lo si fa di notte, sotto i cieli stellati della nazione che si è fatta continente.