Una scrittrice al TG2 fa una battuta infelice sul modo di bere del genere femminile. Seguono a ruota libera uno scienziato e un sommelier, che rincarano la dose di patriarcato profusa nel corso dello speciale del telegiornale Rai.
"Le donne bevono vino per darsi un tono", questa la frase pronunciata dalla scrittrice Antonella Boralevi nel corso del Tg 2 Post che sta scatenando un mare di polemiche sui social (a giusta ragione). La stimata autrice ci tiene poi a sottolineare che le donne non hanno bisogno "del bicchiere di vino per sapere di essere di valore" ma che è meglio bere solo una piccola dose "e soprattutto mai bere sole in casa". Tutto ciò è stato rincarato da Alessandro Scorsone, un famoso sommelier, che parla di "conquista" delle persone grazie al vino, e da Giorgio Calabrese, presidente del Comitato nazionale sicurezza alimentare, che dà una giustificazione medica alla cosa: "Le donne hanno un enzima in meno". A noi sembra solo paradossale questo modo di raccontare l'approccio all'alcol e la dicotomia tra uomini e donne perfino su questo argomento.
Da oltre 24 ore ci chiediamo che tono dovrebbero darsi le donne e per quale motivo dovrebbero farlo. Il rasoio di Occam ci ha dato la risposta: la soluzione più semplice è quella corretta. Tutto questo discorso si può ridurre a un'unica grande e significativa parola: è il patriarcato. Pensare che le donne usino il vino per darsi un tono "come un tempo si faceva con la sigaretta" e parlare di " straordinario mezzo per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle, ecco perché alle donne piace sempre quando viene servito un calice di vino" è puro e semplice patriarcato.
Spezziamo solo una lancia a favore di Calabrese perché è vero che le donne hanno un'enzima minore. Secondo il Ministero della Salute "l’organismo femminile presenta una massa corporea inferiore rispetto all’uomo, minor quantità di acqua corporea e meno efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol (carenza dell’enzima epatico alcol deidrogenasi). A pari quantità di bevande alcoliche, quindi, corrisponde un livello di alcolemia maggiore. Per questi motivi la donna impiega un tempo più limitato dell'uomo per diventare alcolista e sviluppa molto più rapidamente le complicanze epatiche, cardiovascolari e psichiatriche correlate all'abuso". A parte questo breve intermezzo scientifico non c'è alcun motivo per cui le donne non debbano bere da sole a casa (e gli uomini sì?) e per cui le donne userebbero un calice per darsi un tono.
La comunicazione enologica e il mondo del vino hanno bisogno di un urgente cambio di mentalità, se non generazionale. Le enologhe sono ancora pochissime e ai vertici delle aziende le donne sono in numero davvero esiguo. Numeri impietosi che testimoniano un andamento a due velocità: un mercato, quello dell'alcol, proiettato al futuro che si interroga sul proprio ruolo nel mondo cercando di abbattere ogni tipo di barriera e le aziende del vino che proprio non riescono a capire che i clienti vanno trattati tutti alla stessa maniera. Le cose cambieranno quando smetteremo di pensare ai "vini ruffiani" come "vini femminili", ai drink dolci come "cocktail per donne" e così via. È difficile per certe menti ottuse ma si può fare.