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4 Novembre 2020 15:00

Le cloud kitchen arrivano in Italia: cosa sono e perché possono aiutare i ristoratori

Le cloud kitchen sono cucine da affittare come co-working per avviare la propria impresa di ristorazione basata sul food delivery. In Italia le ha portate Kuiri, una startup milanese fondata da Paolo Colapietro. Kuiri offre un abitacolo fronte strada da 15 mq fornito di tutto, dalla canna fumaria alle postazioni di lavaggio. I vantaggi? Costi di avviamento irrisori per testare il mercato e cominciare a farsi un nome.

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Le cloud kitchen possono essere il futuro del food delivery. Cucine estemporanee, da affittare per far partire il proprio progetto di ristorazione a domicilio in breve tempo, con poche spese strutturali. Ne è convinto Paolo Colapietro, Ceo di Kuiri, una startup milanese che vuole proporsi come punto di partenza per tutti quelli che vogliono cominciare a lavorare nella ristorazione a domicilio. Il Covid-19 ha cambiato le carte in tavola per la ristorazione, ha velocizzato dei processi che all'estero sono ben avviati come le Dark Kitchen.

Asporto e consegna a domicilio sembrano essere i due format più sicuri al momento, quindi perché non provare con il co-working?

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Cos'è una cloud kitchen

Kuiri nasce per connettere le tante varietà gastronomiche, italiane e internazionali, e ridurre i costi grazie alla condivisione di spazi, energie e risorse. Kuiri, che in esperanto significa "cucinare", mette a disposizione degli spazi lavorativi da affittare per periodi più o meno lunghi. In pratica ci si può affittare uno spazio (i laboratori sono di circa 15 metri quadri), e cominciare a lavorare senza pensare a bollette, attrezzature, packaging.

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Le cucine messe a disposizione da Kuiri sono collocate nelle zone più strategiche di Milano, attrezzate con macchinari d'avanguardia ma, a differenza delle ghost kitchen, non prevedono alcuna insegna. Visto che servono per avviare un'attività di servizio a domicilio, è irrilevante personalizzare in maniera permanente l'abitacolo. In compenso gli spazi sono provvisti di una vetrina dedicata con totem digitale, una finestra per il pick-up e aree comuni all'interno di un edificio, che comprendono una zona per il lavaggio industriale, un deposito per lo stoccaggio del secco, uno spogliatoio per il personale, una zona rifiuti e un dehors.

A seconda delle proprie preferenze la cloud kitchen ha dei livelli di personalizzazione e si potrà inoltre beneficiare della pulizia delle zone comuni, dell’accesso disponibile 24 ore su 24, della video-sorveglianza, di un Kitchen Manager nonché di un servizio di assistenza costante e formazione per l’utilizzo del software gestionale e la conseguente indicizzazione dei propri brand sui migliori provider di food delivery presenti sul mercato.

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Tutti gli abitacoli hanno l'affaccio su strada, sia per essere più riconoscibili sia per facilitare il lavoro dei rider: soprattutto in periodo di Covid-19 ridurre i contatti umani al minimo è indispensabile, in questo modo la consegna del cibo avviene direttamente all'esterno, un po' come se fosse al drive in. Questa forma di consegna è stata utilissima durante il lockdown in Cina ad esempio, che ha attuato una forma di confinamento casalinga molto più stringente rispetto al mondo occidentale. Nei mesi più duri della pandemia i rider cinesi potevano prelevare il cibo solo in questo modo, proprio per non avere contatti con altri esseri umani. Non c'è in Cina il concetto di cloud kitchen, ma più o meno ha funzionato allo stesso modo la consegna a domicilio.

La cloud kitchen è una cosa incredibilmente contemporanea: il concetto è nato negli Stati Uniti ma è ancora in divenire. Grande interesse da parte dei colossi del delivery; proprio in questi giorni c'è stata una grande operazione finanziaria portata a termine da uno dei fondatori di Uber, Travis Kalanick. L'imprenditore è anche il fondatore di una startup di cloud kitchen più importanti d'America e ha comprato un vecchio stabilimento della Coca-Cola a San Francisco per 130 milioni di dollari. Un investimento del genere fa ben sperare per il futuro delle cloud kitchen, italiane o americane che siano.

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Quello che i piatti non dicono
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