Candido, dalla schiuma densa e corposa e dal sapore leggermente salato, il latte munto dalla femmina del cammello è un’alternativa buona e benefica rispetto ad altre tipologie di latte animale. E non solo: può essere considerato un vero e proprio “latte del futuro”.
Siamo abituati da sempre a consumare soprattutto latte vaccino, ma esistono tanti altri tipi di latte che oggi diventano sempre più diffusi: di capra, di bufala e di pecora, per esempio, o ancora di asina, per non parlare di tutte le varianti vegetali di bevanda simile al latte.
Ma ne esistono anche varianti più rare, munte da animali tipici solo di una specifica parte di mondo e quindi molto meno diffusi in commercio. È il caso del latte di yak, tipico del Tiber, e della tipologia di cui ti parliamo oggi, il latte di cammella. Si tratta di un particolare tipo di latte prodotto nelle comunità di pastori nomadi dell’Africa e dell’Asia e che viene munto dalla femmina del cammello. Oggi è ancora molto raro ma siamo sicuri che si troverà sempre più spesso. Anche perché potrebbe davvero essere il “latte del futuro”.
Il latte di cammella è il prodotto che viene munto dalla femmina del cammello, ed è un latte davvero leggendario non solo come alimento, ma anche nella cura della pelle. Secondo la leggenda, infatti, fu la regina Cleopatra a scoprire i benefici di questo ingrediente, usato per mantenere la sua pelle bella e giovane, tanto che tutt’oggi è un ingrediente molto richiesto nel campo della cosmesi.
Al di là delle storie e della bellezza, il latte di cammella viene consumato come alimento dalle popolazioni nomadi dell’Africa e dell’Asia (soprattutto Somalia e Arabia Saudita, ma non solo) poiché è un prodotto molto nutriente. All’aspetto si presenta denso, corposo, con un colore più bianco rispetto al latte di mucca e con un sapore aromatico, tendente al salato.
Tradizionalmente non si trasforma e si beve fresco, ma capita anche che i nomadi lo usino per produrre formaggi freschi e stagionati, ed è l’alimento base delle tribù nomadi del deserto nonostante la produzione media giornaliera non è molto elevata: si parla di 5 litri a cammello. Nomadi, beduini e anche altre popolazioni dell’India e del Medio Oriente lo usano anche come medicinale e spesso lo considerato una cura per ogni male per via della sua ricchezza di nutrienti.
Negli ultimi tempi il latte di cammella si sta diffondendo anche in Occidente come alimento, e il merito è tutto della sua composizione che lo rende un prodotto molto prezioso. Il latte di cammella, infatti, è ricchissimo di grassi, proteine e vitamine, in particolare contiene il triplo di vitamina C rispetto al latte vaccino. Inoltre ha moltissimo ferro ma è povero di lattosio, motivo che lo rende perfetto anche per chi ha problemi di digeribilità o di intolleranza. Proprio per queste sue caratteristiche il latte di cammella è benefico da tanti punti di vista, tra cui lo stimolo del sistema immunitario, come antinfiammatorio e gastroprotettore.
Non solo: una delle utilità maggiori del latte di cammella è il contributo alla riduzione del colesterolo ematico. Per questo, e per la presenza di una proteina simile all’insulina, può essere molto indicato per la prevenzione e il trattamento del diabete.
La questione della reperibilità è l’unica pecca del latte di cammella. Come abbiamo accennato, infatti, l’animale non produce latte in grande quantità e non esiste nemmeno una quantità così grande di esemplari da permettere una produzione più ampia. Il che vuol dire che il latte è estremamente raro e anche molto costoso. Attualmente il prezzo di mercato si aggira attorno ai 15 euro per mezzo litro e le confezioni non superano mai i 500 ml. In base al tipo di lavorazione, poi, il costo sale vertiginosamente: mezzo litro di latte di cammella pastorizzato arriva anche a costare 100 euro.
Oggi esistono pochissime piattaforme che vendono il latte di cammella, alcuni orientali e alcuni americani, ma rimane comunque un prodotto difficile da reperire. Leggermente più comune la sua versione in polvere, il cui prezzo medio si aggira attorno ai 35 euro per 200 grammi. Siamo pronti però a scommettere che questo trend andrà a cambiare nel prossimo futuro e ora ti spieghiamo perché.
Probabilmente sei a conoscenza di come gli allevamenti intensivi siano problematici a più livelli, non solo per il trattamento che spesso viene riservato agli animali ma anche a livello ambientale: crescere animali da latte consuma tante risorse, prime fra tutti l’acqua, e richiede anche un certo tipo di ambiente naturale.
Proprio per questo il cammello, o meglio la cammella, potrebbe essere l’animale del futuro, soprattutto in un mondo che va sempre più surriscaldandosi e che avrà problemi sempre maggiori con l’acqua. I cammelli sono abituati a sopravvivere in aree desertiche e ad abituarsi a climi estremi, tanto che si trovano sia nei roventi Sahel e Maghreb fino alla ben più rigida Mongolia, e sono animali estremamente resistenti, che possono rimanere fino a 21 giorni senza bere acqua ma producendo latte comunque nutrendosi di foraggi molto economici.
Eppure, nonostante le condizioni ambientali e climatiche complesse, il cammello riesce a produrre lo stesso un alimento energico, ricco e benefico. E non è tutto: abituato agli spazi aperti, il cammello non ha bisogno di stalle a temperatura regolata, basta un allevamento estensivo. Abituati a percorrere fino a 20 km al giorno, andranno in giro a brucare rovi, cardi e ortiche nei terreni per poi tornare da soli alla stalla di sera (è un animale molto intelligente) e solo allora consumerà la sua dose di acqua.
Per tutti questi motivi il cammello può davvero essere l’animale chiave del futuro, capace di darci cibo sostanzioso anche nelle condizioni più estreme. Non è un caso che siano nati, negli ultimi anni, i primi allevamenti di cammelli in Occidente, in particolare in alcune aree d’Europa e del Nord America. La FAO ha stimato che tra il 2009 e il 2019 la produzione globale di latte di cammella sia aumentata dell’8% e, secondo le sue previsioni, è un dato che è destinato a crescere esponenzialmente.