L'amatriciana (o matriciana), simbolo di romanità in tutto il mondo, è diventata Specialità Tradizionale Garantita. Il piatto, la cui storia è contesa tra Roma e Rieti, è tanto semplice quanto saporito: pomodoro, guanciale, pepe, peperoncino; solo pochi ingredienti per un piatto dal sapore inconfondibile.
L’Unione Europea ha inserito l’Amatriciana Tradizionale tra l Specialità Tradizionali Garantite, ovvero le Stg. La specialità laziale è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, quindi la ricetta verrà protetta dall’Europa.
L’Amatriciana è stata iscritta al Registro Europeo delle Denominazione d'origine e Indicazioni geografiche e Specialità tradizionali. La sigla STG vuole proteggere i prodotti e i piatti allo stesso modo di DOP e IGP senza avere il vincolo del luogo ma quella della storia. Le Specialità Tradizionali Garantite sono infatti i prodotti agricoli e alimentari che hanno una produzione specifica e tradizionale (di almeno 20 anni). Non è detto che debbano essere prodotti solamente in una zona.
Nel caso specifico, per “Amatriciana Tradizionale” si intende però quella fatta "secondo il metodo di produzione e la ricetta secolare del comprensorio di Amatrice".
L’Amatriciana tradizionale ha pochi ingredienti ma di grande qualità che l’hanno resa uno dei piatti più famosi e apprezzati della cucina italiana. La ricetta originale non prevede l’uso di aglio, cipolla o pancetta, ma solo ingredienti della tradizione reatina.
Il guanciale di Amatrice, il pecorino romano DOP grattugiato, la passata di pomodoro, pepe e peperoncino. La Coldiretti ha seguito tutto l’iter per il riconoscimento STG del piatto e ha sottolineato come la storia dell’amatriciana sia legata “agli ingredienti e al metodo specifico di preparazione utilizzato tradizionalmente nel comprensorio dei Monti della Laga da dove trae origine. Da qui l'importanza di garantire l'utilizzo di ingredienti 100% Made in Italy, dal grano per la pasta al pomodoro, dal pecorino al guanciale”.
La paternità dell’Amatriciana è contesa tra Rieti e Roma. Il nome farebbe pendere la bilancia verso la città di Amatrice, in Provincia di Rieti. La ricetta sarebbe arrivata nella capitale grazie al peregrinare dei pastori sulla via della transumanza ma la prima testimonianza scritta del sugo risale al manuale di cucina “L’Apicio Moderno”, scritto nel 1790 dal cuoco romano Francesco Leonardi.
Tra l’800 e l’inizio del ‘900 la pietanza raggiunge l’apice della popolarità a Roma grazie agli stretti contatti tra i pastori e la Città Eterna. L’Amatriciana è figlia stessa di un’altra ricetta, quella della Gricia, a sua volta originaria della vicina Grisciano, una frazione del vicino comune di Accumoli.
Per i romani fa testo la ricetta di Leonardi: il nome non deriverebbe dalla città reatina bensì dall’arcaico uso del nome “matrice” (ed è qui che entra in gioco il nome “matriciana” e non amatriciana), che significava “madre”.
Romana o reatina, l’Amatriciana è un piatto simbolo dell’Italia del mondo e rappresenta la romanità agli occhi del grande pubblico. Il più grande rappresentante artistico, con Alberto Sordi e Anna Magnani, della Città Eterna al cinema è stato sicuramente Aldo Fabrizi. Attore incredibile, vero intellettuale che oltre al cinema si è dedicato al teatro e alla poesia, proprio all’amatriciana ha dedicato una bellissima composizione:
Li bucatini a’ la matricina è ‘r piatto da me preferito”.
E come dimenticare Alberto Sordi nella scena di ‘Un Tassinaro a New York’, quando, arrivato negli USA con la moglie, viene fermato alla dogana per alcuni ‘strani’ ingredienti nella valigia.
E la moglie, in un inglese maccheronico, riesce a farsi capire perfettamente dal doganiere: “It is not salame. This is to make amatriciana salsa”