Prodotto d'eccellenza della nostra gastronomia, a marchio Dop dal 2009 e richiesto a livello internazionale. La limitata quantità prodotta, però, porta alla contraffazione di un alimento famosissimo. Alla scoperta del "dark side" del pistacchio di Bronte.
Gelato al pistacchio di Bronte, panino con mozzarella, mortadella e pistacchio di Bronte a pezzetti, paccheri con granella di pistacchi di Bronte, spaghetti con trito di pistacchio di Bronte, crema spalmabile al pistacchio di Bronte. Un elenco, questo sopra citato, infinitamente ridotto di preparazioni con protagonista il celebre prodotto siciliano, proveniente dai campi del piccolo paesino alle pendici dell’Etna.
Ne usano chef, ne usano pasticceri, ne usano cuochi amatoriali, ne usano praticamente tutti coloro che vogliono dare alle proprie preparazioni quel tocco in più. Sia di gusto, sia di “spessore” prettamente nominale. “Sai, ho usato il pistacchio di Bronte”, e l’effetto wow è presto servito. In alcuni casi però solamente quello.
Se ci fermiamo a pensare in modo più approfondito però la domanda, considerata anche la ristretta area di produzione (circa 2000 ettari, per disciplinare compresi tra i 400 e i 900 metri) dello stesso pistacchio, viene quasi spontanea. Quanto pistacchio di Bronte c’è in giro? È sufficiente per soddisfare la domanda di mercato, nazionale e straniera? E, soprattutto, è tutto originale o c'è l'allarme contraffazione?
La risposta, ovviamente, è la seconda: e non è nemmeno difficile da cogliere considerando come la limitata quantità di pistacchio prodotta (tra l’altro ogni due anni, con 2100 tonnellate raccolte nel 2021) possa soddisfare la grande richiesta commerciale a livello interno e internazionale. Sì, perché mediamente il 30% della raccolta di pistacchio viene venduta all’estero.
Ed eccoli qui spuntare i furbetti di turno; quelli che spacciano del pistacchio "generico" come proveniente da Bronte. Il quale, tra l’altro, è anche tutelato dal marchio Dop dal 2009, con tanto di criteri sull'utilizzo in etichetta della denominazione.
Le cucine d'Italia, insomma, sembrano piene di questo oro verde proveniente dalle coltivazioni all’ombra dell’Etna. Ne hanno (apparentemente) a disposizione di pasticcerie, gelaterie, ristoranti e supermercati da Nord a Sud dello Stivale. Un quantitativo enorme, spropositato rispetto all’effettivo che esce dagli alberi di Bronte.
Anche grazie alla denominazione ormai la specifica “di Bronte” è diventata sinonimo di qualità eccelsa del prodotto, giustificando anche un prezzo maggiore rispetto alla media. Il problema nasce quando, fin troppo spesso, ve ne sono impropri richiami per spacciare come autentico un pistacchio che proprio di Bronte non è.
Come nasce questa discrepanza? Il pistacchio, pur di altra derivazione, lavorato (reso granella o polvere, per esempio) e confezionato nell’area del piccolo paesino siciliano, può arrivare ad assumere in etichetta la dicitura relativa al comune siciliano. Un richiamo solamente evocativo della Dop, pur non essendo tale, confondendo il cliente. La semplice dicitura “di Bronte” di fatto non è illegale, e qualsiasi prodotto lavorato e confezionato qui può essere riconosciuto in tal modo. Proprio perché a molte aziende fa economicamente comodo giocare sul nome di Bronte stesso. Di fatto uno specchietto per le allodole.
Per farla semplice: un pistacchio proveniente per esempio dall’Iran (tra i maggiori produttori a livello mondiale), sgusciato, lavorato e confezionato a Bronte, in etichetta può assumere la dicitura legata al comune siculo e viene messo in commercio con questo nome. Pur, ovviamente, non essendo l’originale prodotto a marchio Dop.
Lo stesso pistacchio iraniano, in fase di acquisto, senza il richiamo a Bronte probabilmente non verrebbe nemmeno considerato dal cliente finale. Nel caso in cui sulla confezione dovesse apparire il nome del paese siciliano, invece, l’ignaro acquirente comprerebbe quel prodotto, disposto anche a pagarlo di più rispetto alla media.
Come si fa, insomma, a difendersi dalle contraffazioni? Come poter riconoscere un prodotto autentico ed evitare i falsi? Per rispondere a queste e altre domande abbiamo coinvolto chi questo alimento lo protegge e rappresenta: il Consorzio dedicato. Il punto di partenza per essere consumatori critici è sempre legato all'etichetta: saperla leggere, per evitare spiacevoli quanto costose fregature.
Iniziamo dal presupposto di come circa l'80% della produzione di pistacchio in Italia è rappresentata da quello di Bronte. A livello mondiale appena l'1% della richiesta è "coperta" dal frutto verde siciliano. A giudicare da quello che si vede in giro però tutto il pistacchio pare essere di Bronte: il modo per smascherare il falso già a una prima analisi visiva però c'è. Forma e colore, come ci suggeriscono dal Consorzio dedicato, sono i primi indizi da analizzare: il frutto originale è affusolato, snello e si sviluppa in lunghezza, non ha mai la forma rotondeggiante.
La pellicina della buccia ha un colore che tende al violaceo, o meglio, al melanzana, con riflessi verde chiaro. Spaccato in due parti, il pistacchio mostrerà il tipico colore verde smeraldo alle volte acceso, altre volte più tenue, mai giallo tipico dei pistacchi di provenienza straniera. Ultimo ma non per importanza il gusto; tendente al dolce. Il sapore aromatico e l'alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi dei frutti sono difficilmente riscontrabili in altre aree di produzione. La componente aromatica inoltre è così spiccata e persistente da non necessitare salature.
L'etichetta, come raccomanda il Consorzio, è la vera spia di autenticità. Il prodotto originale ha riportato sulla confezione la dicitura "Pistacchio Verde di Bronte Dop"; qualsiasi altra variazione o gioco di parole è fuorviante e fuori disciplinare. In commercio si trovano molte formule generiche tipo Pistacchio Siciliano o Pistacchio di Bronte, ma per essere sicuri di acquistare l'originale è importante leggere le etichette e farlo bene.
Dati i numerosi tentativi di imitazione, in che modo il Consorzio agisce per salvaguardare l'autenticità del prodotto? Il Consorzio di tutela del Pistacchio Verde di Bronte Dop collabora con l'Ispettorato centrale repressione frodi nell’espletamento dell’attività di vigilanza, tutela e salvaguardia delle Dop, e grazie ai suoi agenti vigilatori effettua dei controlli nella fase di commercializzazione su tutto il territorio nazionale.
Il Pistacchio Verde di Bronte Dop è ricco di proteine e di grassi. Il seme di pistacchio, fra la frutta secca, garantisce il maggior apporto calorico: per ogni 100 grammi 683 calorie, a fronte delle 649 della noce, le 603 della mandorla, le 598 dell'arachide o le 655 della nocciola.
Contiene mediamente più del 20% di proteine, il 50/60% di olio (ad altissimo contenuto in acidi oleici: 68% di oleico, 17/19% di linoleico, 12% di palmitico), poi zuccheri, su tutti il glucosio, vitamine, in particolare il precursore della vitamina E, e sali minerali. È ricco di ferro, calcio, fosforo, potassio e di zinco. Buono anche l'apporto di magnesio che contribuisce al buonumore.