video suggerito
video suggerito
6 Marzo 2025 11:00

La tradizione del bollito misto alla piemontese: il “gran” piatto dei signori dalle origini contadine

Una specialità gastronomica ricca e sostanziosa che rappresenta un vero e proprio banchetto con delle regole da rispettare e un numero ricorrente (il sette) tra i tagli di vitello protagonisti, gli ammennicoli, le salse e le verdure di accompagnamento.

A cura di Federica Palladini
45
Immagine

Spesso le regioni italiane sono caratterizzate da piatti tradizionali molto simili tra loro, perché condividono le stesse origini o hanno un passato di dominazioni comuni che hanno favorito il medesimo background culturale e sociale. Il bollito è una pietanza diffusa in tutto il Nord Italia, da portare in tavola quando le temperature si abbassano: si trova in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna, ma è il Piemonte che ne tramanda la versione più eccellente, con una storia che unisce due anime, quella nobile e quella popolare. Il bollito misto alla piemontese appassionava il re sabaudo Vittorio Emanuele II e allo stesso tempo era un simbolo di festa nelle campagne. La sua preparazione (e presentazione, tra salse e verdure di accompagnamento) è un’arte che si lega indissolubilmente al territorio, in particolare quello di Langhe, Roero e Monferrato, tra le province di Cuneo, Asti e Alessandria: a Guarene, dal 1984 si è costituita la Confraternita del Bollito e della Pera Madernassa per preservarne l’autenticità, mentre in quel di Carrù, ogni dicembre, va in scena da cinque secoli la Fiera del Bue Grasso, ovvero la pregiata razza bovina piemontese dal manto bianco – in cui si inserisce la fassona – da cui si ricavano i diversi tagli di carne protagonisti di questa specialità. Andiamo alla sua scoperta.

Le origini del gran bollito misto piemontese

Abbiamo già capito che il bollito misto in Piemonte è una vera e propria istituzione gastronomica, che unisce l’alto e il basso: si tratta di un piatto sontuoso e conviviale (tipo il fritto misto alla piemontese), che conquistava i banchetti regali così come le tavolate più rustiche, tanto che le famiglie ne tramandano la propria versione. Per la sua abbondanza, ma anche per il suo valore, prende il nome di gran bollito misto alla piemontese: le sue origini si possono rintracciare indietro nel tempo, tra i mercati del bestiame dal quale derivano la famosa fiera accennata in precedenza, al cui aggiungere quella di Moncalvo, che nel 2024 ha celebrato la sua 386esima edizione, e la più recente manifestazione a Nizza Monferrato, le tre “patrie” del Bue Grasso. La ricetta appare per la prima volta nella seconda metà dell'800 tra le pagine del volume Cucina borghese. Semplice ed economica di Giovanni Vialardi, che la riporta con l’altisonante nome di “bollito storico risorgimentale piemontese”, non tanto in riferimento alla sua messa a punto, ma probabilmente perché si narrava fosse stata molto apprezzata sia dal Re Vittorio Emanuele II (1820-1878), che la gustava a Moncalvo tra una battuta di caccia e l’altra, sia da Camillo Benso, conte di Cavour (1810-1861), due tra le personalità più importanti del Risorgimento italiano.

Bollito misto piemontese: gli ingredienti e come si prepara

Se da un lato la sua fama si era consolidata a livello aristocratico, dall’altro il bollito misto ha radici profonde nella cucina popolare, dove nessuna parte degli animali al momento della macellazione andava sprecata. Ed è per questo che in pentola ci finivano tradizionalmente sette – un numero che ricorrerà anche in seguito – tagli principali del vitello, anteriori e posteriori, quali scaramella, punta di petto, fiocco di punta, cappello del prete, noce, tenerone (reale) e culatta (scamone), e sette ammennicoli di diversa natura, tra frattaglie e tagli più piccoli di polpa di gallina, testina, lingua, lonza, coda, cotechino e zampino. Il mix consiste in un equilibrio di elementi magri e grassi, più delicati o più decisi nel sapore, creando un appetitoso gioco di consistenze e gusto. Un bollito per essere chiamato tale prevede la cottura della carne in acqua calda bollente (e non immersa in acqua fredda, altrimenti tecnicamente si parla di lesso), aromatizzata con carote, sedano, cipolla, alloro e chiodi di garofano, così da profumare il brodo. Ogni taglio andrebbe cotto separatamente, in quanto le tempistiche sono differenti: in genere il tempo totale è di 3 ore, 3 ore e mezza. Nelle versioni attuali qualcosa è cambiato, perché è difficile riprodurre una preparazione così opulenta: si usano meno tagli e frattaglie, oppure si cambiano, perché per esempio noce e scamone sono di prima scelta e meno frequentemente adesso rientrano nel bollito misto, facendo posto al geretto (la parte alta della gamba con cui si fa anche l’ossobuco), il fesone (dalla spalla) e il brut e bun (brutto e buono, tipico della macelleria piemontese, che si ricava dal collo).

Immagine

Le salse e i contorni: una tavola imbandita

Il bollito misto non è solo un piatto conviviale, ma anche corale. Oltre alla carne, infatti, ecco che appaiono accompagnamenti che rispettano la tradizione, da portare in tavola tutti insieme. Il bollito originale deve essere rigorosamente affiancato da sette contorni di verdure: zucchine, finocchi e cipolline ripassate al burro, patate, rape, carote e foglie di verza lessate. Anche in questo frangente sono ammesse variazioni sul tema che già comparivano in passato, per cui c’è spazio per il purè di patate, altri ortaggi cotti come spinaci, coste e funghi trifolati. Menzione d’onore la meritano, però, le salse, che si trasformano in una tavolozza di colori: se ne individuano cinque che non dovrebbero mai mancare. La più nota è senza dubbio la salsa verde, il bagnèt verd, a base di prezzemolo e acciuga; segue la salsa rossa, il bagnèt ross, con pomodori, peperoni e acciughe; poi ci sono una salsa con la senape e la cugnà, una mostarda d’uva tipica della regione; chiude la lista la salsa delle api, dove si mescolano miele, noci e senape. Oltre a questi “classiconi”, spuntano anche il cren, la popolare salsa di rafano e la mostarda di frutta.

Immagine

Come si gusta il bollito: il pasto degno di un banchetto

Quando compare nei menu dei ristoranti, il bollito misto alla piemontese lo fa da vera star. Entra in sala ancora caldo, in un carrello dedicato dove viene tagliato e servito al momento, completo di salse e verdure di contorno. Riprendendo i dettagli indicati dalla Confraternita, ci vuole anche una ciotola con del sale grosso da mettere sulla carne, un piattino di burro morbido con cui schiacciare le patate lesse e “ampolle di olio extra vergine per condire le patate, per allungare i bagnetti e le salse, ampolle di aceto di vino rosso per correggere e ritoccare i bagnetti e le salse”. Insomma, un banchetto lussuoso a cui aggiungere pane, grissini e il ricco pane di Carlo Alberto, altro sovrano di casa Savoia: si tratta di una pagnotta sostanziosa, voluta dal re per nutrire i soldati durante la Prima Guerra di Indipendenza (1848-1849), arricchita con noci e acciughe spezzettate. Alla fine si sorseggia una tazza di brodo, ovviamente quello del bollito. Il Piemonte, ricordiamo, è anche terra di grandi vini: quale abbinare nel nostro caso visto che siamo nella culla della viticoltura? Niente Barolo o Barbaresco, troppo “nobili” per un piatto che è sì aristocratico, ma che affonda nella cultura contadina: meglio un Barbera, rosso, intenso e capace di dare freschezza. In conclusione, una nota di folklore, una raccomandazione sul momento del pasto che sembra custodire tutta l’essenza del bollito misto alla piemontese: “il commensale si presenti ben vuoto, riposato e ben disposto, non faccia calcoli di tempo e men che meno di calorie. Utilizzi un coltello affilatissimo e due piatti, uno per le sole carni e uno per i bagnetti e contorni di verdura. Non si mischino i bagnetti, non si beva acqua specie in principio, si morda piccolo nel pane e grosso nella carne, è un mangiare da signori!”.

Immagine
Quello che i piatti non dicono
Segui i canali social di Cookist
api url views