Supervisionato dai monaci della certosa e frutto di una ricetta segretissima, la Chartreuse è forte, invitante e misterioso. Proprio come la sua storia, antica e avvolta di misteri.
C'era una volta un monastero tra le montagne, abitato da un gruppo di monaci che, dal 1605, iniziarono a creare con le loro mani un difficilissimo liquore a base di 130 erbe diverse e che, ancora oggi, producono lo stesso liquore mantenendo la ricetta segreta.
No, non è una favola dei fratelli Grimm, ma la storia della Chartreuse, uno dei liquori più celebri del mondo, nominato da Frank Zappa in uno dei suoi brani (Fifty-Fifty, 1973) e drink preferito di Quentin Tarantino, ma anche dell'ultimo Zar di Russia Nicola II, che chiamò la Chartreuse gialla “Reine Des Liqueurs” (regina dei liquori). Potreste averlo visto giallo o verde, ma in entrambi in casi vi siete trovati di fronte a una vera rarità. Nonostante il suo grandissimo successo mondiale, infatti, – oggi viene usato per creare molto cocktail famosi – la Chartreuse viene prodotta in quantità ridotte nella distilleria a Voiron, sotto stretta supervisione dei monaci. E come è tradizione da 400 anni, la ricetta rimane occulta e segretissima, e viene tramandata di 3 monaci in 3 monaci solo alla scomparsa dei tenutari.
Non è facile ricostruire la storia della Chartreuse, perché è avvolta dal mistero proprio come il suo processo produttivo. Tutto nasce nella certosa Grande Chartreuse di Voiron, situata nelle prealpi della Chartreuse in Francia meridionale, dove dal 1084 i frati Certosini passano la loro esistenza in una vita semplice fatta di silenzio, lavoro e preghiera.
Tutto cambia 600 anni dopo, nel 1605, quando un altro gruppo di padri Certosini dell'abbazia di Vauvert a Parigi rinvennero un manoscritto misterioso, di cui tutt'oggi nessuno conosce l'origine. Conteneva una ricetta estremamente complessa, che secondo l'iscrizione avrebbe portato a realizzare un elisir di lunga vita. Il prezioso ritrovamento viene spedito alla Grande Chartreuse di Voiron, e i nostri frati lì iniziano a studiare un modo per ricreare quell'incredibile preparazione.
E non fu un lavoro facile: i Certosini impiegarono ben 159 anni a sviluppare una ricetta quasi perfetta da quel manoscritto, arrivando a ideare ben due varianti di liquore, quello verde originale e quello giallo. Dal 1840 le due ricette divennero definitive, e sono proprio quelle a essere tramandate tutt'oggi.
Nonostante la riuscita dell'impresa dei Certosini, la produzione della Chartreuse non ha avuto vita facile. Per un periodo, vista la complessità, il liquore fu prodotto a Grenoble (1764), poi venne restituita ai monaci del complesso di Voiron, mentre per in seguito alla cacciata dei Certosini dalla Francia nel 1903 venne spostata a Tarragona, in Spagna, dove rimase fino al 1929.
Solo a quel punto la Chartreuse torna a casa, in Francia: prima a Fourvoirie e poi di nuovo a Voiron, dove oggi la sua realizzazione è una vera missione per i Certosini, che gestiscono in prima persona la realizzazione nella nuova distilleria, la cantina di liquori col maggior sviluppo orizzontale al mondo (164 m).
Proprio come 400 anni fa, il liquore Chartreuse rimane appannaggio dei frati Certosini: eccetto qualche persona laica di un'associazione, sono loro a gestire tutta la produzione, dalla raccolta delle erbe fino all'invecchiamento. Sì perché questo è l'unico liquore che viene lasciato invecchiare, una delle caratteristiche che lo rendono più che unico,
La vera ricetta per intero, però, la conoscono solo tre monaci, e solo loro possono raccogliere e scegliere le circa 130 erbe e spezie che compongono il liquore, così come sono loro a metterne la quantità esatta di ognuna dentro a dei sacchi che solo a quel punto, dal monastero, vengono mandati alla distilleria per la lavorazione.
E se credete che l'immenso successo della Chartreuse abbia cambiato lo spirito dei Certosini, vi sbagliate di grosso. Nonostante l'altissima richiesta, le bottiglie prodotte si aggirano intorno a un milione e mezzo l'anno, molto meno della richiesta mondiale del liquore. Ai monaci va bene così, per loro non è un business ma una vera missione da portare avanti per il sostentamento del loro monastero tra le montagne.
Non è un liquore per tutti, la Chartreuse: ha un grado alcolico molto alto, dai 40 ° ai 69 ° e un sapore caratteristico forte, molto dolce ma con note pungenti e speziate, e che varia a secondo della temperatura di servizio.
I monaci ne hanno sviluppato due tipologie diverse: la Chartreuse Verde e la Chartreuse Gialla, entrambe realizzate con le stesse erbe ma in quantità diverse, in modo da rendere la prima più alcolica della seconda. Anche il sapore è differente, con la Verde che è più erbacea e la seconda più balsamica, quasi dolce. Entrambe sono ottenute da un invecchiamento che si attesta tra gli otto e i dieci anni, anche se ovviamente nessuno lo sa con precisione.
Esiste anche l'Elisir vegetale della Grande-Chartreuse, il primissimo liquore a essere nato e che viene prodotto senza essere invecchiato, soprattutto per uso interno al monastero. Ancora oggi, infatti, i Certosini lo utilizzano per scopi medicinali, soprattutto per sistemare il metabolismo.
Per via del suo sapore così particolare, la Chartreuse non è facile da abbinare in cucina: tra tutte le pietanze, si sposa bene in particolare ai dolci e alla frutta. Di solito si gusta freddo a fine pasto, oppure si usa come ingrediente per cocktail come Last Word, Chartreuse Swizzle e Bijou, ma solo nel quantitativo di pochissime gocce visto quanto è deciso il suo aroma.